Di percezione e ignoranza
Fa freddo.
Sono giorni di freddo intenso, temperature talmente basse che al mattino si fatica ad aprire la porta della macchina, si rischia di scivolare sull’asfalto.
Fa freddo.
Questa sera ho dovuto accendere il riscaldamento in casa, avevo inavvertitamente lasciato le finestre aperte prima di uscire e ora son qui che scrivo con la felpa addosso e il rumore della caldaia accesa ad accompagnare le canzoni di un disco che si chiama Alaska. L’ho messo su apposta, un po’ per coerenza e un po’ per malinconia.
Fa freddo.
Non nevicherà, di questo ne sono certo. I numeri sono troppo bassi perché avvenga il passaggio, non è questo il momento, non siamo ancora pronti. Di sicuro sarebbe romantico e anche un po’ atipico, ma la neve, al contrario dell’uomo, non è vanitosa, non ha bisogno di apparire a luglio, all’improvviso.
Fa freddo.
Proprio ora che volevo avere la piccola presunzione di potervi platonicamente rinfrescare con queste fotografie dello scorso inverno, scattate in montagna con una Konica degli anni ’70, 1968 per la precisione. Scattate in compagnia e in solitudine, in salita e sulla cima, scattate per ricordo e senza ricerca di pulizia. Fotografie anarchiche, sporche e disobbedienti.
Fa freddo.
Ma voi non lo sentite? Non ho ancora perso il senno, almeno non in questo momento, so bene che la percezione della temperatura è cosa piuttosto soggettiva e negli ultimi giorni ho fatto di tutto per avere un po’ di calore intorno, sono uscito e ho visto piccole isole tropicali dove l’accoglienza è di casa e nessuno viene perso per strada, quindi forse mi sbaglio, forse la sento solo io questa puzza di aria condizionata che mi circonda. Sono giorni di freddo intenso, lo sapevo, lo avevo letto ma non ero pronto e in fondo una piccola speranza che le previsioni fossero sbagliate ce l’avevo, non perché volessi fare qualcosa in particolare ma quell’aria lì io la odio, suona male e fa male.
Fa freddo.
E’ tutto vero. Proprio oggi hanno ritrovato un barbone in fin di vita, a Verona, pestato e bruciato vivo. Lo hanno trovato riverso a terra, sui binari. Non aveva colpe e sono quasi certo che anche lui sentiva freddo, un freddo cane e sicuramente non era, non è, il solo. Ogni giorno leggo di gente che scappa da paesi più o meno lontani perché pensa che qui le temperature siano più alte, più miti, che la vita sia migliore. Poverini, si illudono di poter star meglio e invece incorrono nella sfortuna del clima. Sarebbe bello poterglielo dire, di rimanere lì, che la speranza e la forza di volontà non bastano per realizzare il loro desiderio, che la libertà è roba per pochi e spesso ha a che fare con il colore della pelle e il luogo di nascita, che le coperte e il riscaldamento sono un’esclusiva nostra e che qui c’è qualcuno così presuntuoso che il clima pensa di governarlo, volgarmente, navigando nell’ignoranza sua e degli altri, di quelli che hanno troppo caldo, puntando il dito contro lo schermo di un telefono mentre si ingozza di pane e Nutella, come un bambino viziato qualunque.