Concordato del Casinò, gli “scogli” che il Commissario vede all’orizzonte
Oltre al monito sull’approvazione del bilancio, quali sono gli “scogli” sui quali il concordato intrapreso dal Casinò potrebbe infrangersi e naufragare? Al riguardo, il commissario giudiziale nominato dal Tribunale, il commercialista Ivano Pagliero, gioca “a carte scoperte” nelle 136 pagine della sua relazione depositata ieri, giovedì 23 maggio. Il documento – che parla in primis ai creditori dell’azienda, i prossimi a poter decretare, o meno, il successo della procedura con il voto nell’assemblea fissata per il 9 luglio – ne individua esplicitamente quattro.
Premesso che “il piano concordatario (ed il piano industriale che lo rende fattibile) presentato” dall’azienda sia “connotato da aspetti imprenditoriali previsionali di sicuro interesse per i creditori, per i soci e per il territorio in generale”, il Commissario ricorda che la sua realizzazione “si prospetta tecnicamente complessa”. L’intera operazione si regge infatti “sulla possibilità di realizzare, nel periodo 2019-2023, i flussi attivi attesi e previsti”. Al tempo stesso, però, è anche “il punto forte del piano”, perché l’attuazione deriva “dalla prosecuzione dell’attività”.
A chi interessano gli immobili “no core”?
Su tale scenario impattano tuttavia “delle peculiari problematiche, ad oggi non completamente risolte”. In prima battuta, la totale mancanza – al momento – di offerte di acquisto (o almeno manifestazioni di interesse) per gli immobili “no core”, quelli che il Consiglio Valle ha autorizzato a mettere sul mercato lo scorso 7 marzo (perché non indispensabili all’attività, vedi Hotel du Parc e Casa del Sole, tra gli altri). La circostanza “rende pressoché impossibile effettuare delle previsioni di vendita attendibili sia sul prezzo che sui tempi di realizzo”.
Non si può infatti escludere che la prospettiva delle cessioni non esondi la “deadline” per mettere in campo le previsioni del concordato, fissata al 2023. Un dato che si riverbera anche sulle valutazioni stesse dei beni. Ipotizzando un primo tentativo di asta deserto, o comunque un bando che vedrebbe l’offerta minima inefficace (perché inferiore del 25% del prezzo base), il Commissario ritiene “ragionevole” attuare una rettifica del ricavo atteso dall’operazione: dai 3.206.430 euro inseriti nei documenti depositati in Tribunale a 2.404.823 euro. Un “ribasso”, sulle stime iniziali, da 1,2 milioni di euro. E il concordato, in fondo, è come una coperta: tirandola da una parte, ci si scopre dall’altra.
L’azzardo, che azzardo
Non va poi dimenticato che parliamo di un Casinò e, quindi, di un’attività basata sul gioco d’azzardo, con relative previsioni d’andamento possibili solo sul piano statistico. Proprio da questo aspetto deriva un’“altra possibile criticità” su cui Pagliero vuole la piena consapevolezza dei creditori, anche perché già richiamata dalla società di revisione KPMG nella sua relazione alla bozza di bilancio al 31 dicembre scorso.
In sostanza, anche se l’analisi del piano industriale proposto porta a concludere per la sua ragionevolezza, “permane l’alea connessa alle condizioni generali dell’economia e della tipologia di attività prestata”, considerato anche che l’intervallo su cui è “spalmata” la realizzazione della procedura è esteso, di cinque anni.
Le Spade di Damocle
Impossibile poi, per il Commissario, tacere le “incertezze su talune vicende della società che seppur affrontate in importanti pareri legali non possono ancora dirsi totalmente risolte”. Su tutte, la controversia, ancora aperta dinanzi alla Commissione europea, sulla natura di “aiuti di Stato” dei finanziamenti regionali al Casinò. Viene poi il procedimento penale (per cui è già certo il grado d’appello) contro ex amministratori e sindaci dell’azienda (ed alcuni politici) per falso in bilancio e truffa.
La seconda vicenda, in particolare, per l’aspetto di responsabilità amministrativa addebitato dalla Procura alla Casa da gioco, potrebbe anche far scattare la confisca di beni, con conseguenze dilanianti per la “Casinò de la Vallée”. Peraltro, non appare inverosimile sostenere che le motivazioni alla condanna, da parte del Tribunale di Aosta, dell’ex au Luca Frigerio, depositate ieri, complichino, per gli imputati già assolti in altro procedimento, il panorama del giudizio di secondo grado.
Ad opinione di Pagliero, entrambe le partite costituiscono comunque vere e proprie Spade di Damocle, “il cui impatto negativo – al momento di portata e sussistenza non preventivabili –“ potrebbe “essere tale da rendere problematica la prosecuzione dell’attività”. Rischierebbero cioè, restando alla metafora d’obbligo a Saint-Vincent, di far saltare il banco.
Come finisce Finaosta?
Infine, tra gli “scogli” su cui la motonave “Concordato” potrebbe schiantarsi si annovera il debito da oltre 48 milioni del Casinò nei confronti di Finaosta per finanziamenti del passato. Le difficoltà non riguardano la sua “postergazione”, tale da renderlo insoddisfacibile nell’ambito della procedura concorsuale. Essa risulta pacifica sia ai sensi del Codice civile, sia per ammissione del diretto creditore stesso.
Il punto è mettere nero su bianco se la finanziaria regionale (partecipata integralmente dalla Regione, stesso socio al 99.9% del Casinò) debba dire addio, o meno, a quei soldi, anche in un futuro non prossimo (e pure per un profilo di possibili responsabilità). In proposito, il Commissario giudiziale “auspica” che la Regione “voglia fare chiarezza, entro la data dell’adunanza dei creditori, manifestando la propria adesione convenzionale al principio della esdebitazione”.
Non implica necessariamente la restituzione materiale di (tutti) i 48 milioni (sono possibili anche operazioni legate al patrimonio netto positivo della società), ma presuppone non lasciare la questione affidata all’inerzia. Ed è l’aspettativa che Pagliero mostra di nutrire, soprattutto rispetto alla Regione, in ognuna delle 136 pagine della sua relazione. Per questo, la segnalazione degli “scogli” ai creditori non ricorda solo l’assoluzione ad un dovere di trasparenza, ma anche una “mappa” tale da rendere palese, ripercorrendola qualora l’esito finale del Concordato non fosse quello in cui i suoi attori confidano, chi sia davvero il capitan Schettino finito in secca.