Crimine organizzato, per la Forestale “nessun elemento” in merito

31 Ottobre 2019

Continuano le audizioni della prima Commissione del Consiglio regionale per acquisire elementi sul fenomeno del crimine organizzato in Valle. Se Guardia di finanza e Carabinieri avevano messo in luce le attenzioni e le attività investigative (su tutte, “Geenna” ed “Altanum”) che hanno condotto a contestare la presenza di infiltrazioni in loco, così come la Procura aveva evidenziato l’esigenza di una reazione culturale diversa al fenomeno, molto meno problematica appare la situazione vista dall’“osservatorio” del Corpo forestale della Valle d’Aosta.

Il comandante Luca Dovigo, sentito all’inizio del pomeriggio di oggi, giovedì 31 ottobre, è in carica da circa quattro mesi (l’ha nominato la Giunta presieduta da Antonio Fosson, ndr.) ed ha esordito ricordando ai commissari gli ambiti di attività dei forestali potenzialmente correlati al tema della criminalità organizzata, vale a dire l’attività venatoria (con l’uso delle armi da fuoco), l’antincendio boschivo, alcuni aspetti urbanistici (per attività rurali) e la tutela ambientale rispetto al conferimento dei rifiuti.

Si tratta di campi sui quali “l’attenzione è sicuramente sempre molto elevata, anche perché adesso è una richiesta proprio da parte della collettività”. Sui rifiuti, il compito è “fare in modo che i materiali conferiti siano adeguati rispetto a quello che le discariche possono accettare”, ma dall’attività degli ultimi mesi “non ho evidenza” di possibili interessi delle consorterie mafiose. Quanto agli incendi, “abbiamo dei numeri talmente piccoli” che il fenomeno “ci vede totalmente estranei ad altre dinamiche che possiamo ritrovare a livello nazionale”.

Le audizioni sono quindi continuate con la referente dell’associazione “Libera Valle d’Aosta”, Donatella Corti, che al termine della riunione ha spiegato di aver “puntato soprattutto sul lavoro culturale”, perché “la mafia è un fenomeno umano (citazione del magistrato Giovanni Falcone, ndr.) e riguarda il nostro modo di pensare a noi stessi e il nostro rapporto con l’essere onesti”.

Da questa considerazione, l’importanza di contribuire alla costruzione di una società solidale, diversa da quella “mafiosa, in cui ciascuno tende a guardare dall’altra parte”, perché “l’atteggiamento omertoso quello è”. Libera, invece, è per “l’interessarsi, lo studiare questo fenomeno”, giacché “ci sono fior di sociologi” che lo hanno fatto e “hanno visto come, per esempio, la ‘ndrangheta si sia insediata in altri territori”. Quindi, “vale la pena di studiarlo”.

Tra gli esempi concreti citati da Corti (oltre all’annunciata volontà dell’associazione di costituirsi parte civile nel processo che scaturirà dall’inchiesta “Geenna” della Dda di Torino, vista “la serie di elementi molto importanti che non potevano essere trascurati”), l’indizione al Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa di un master su antimafia e anticorruzione, iniziativa che, secondo Libera, potrebbe essere replicata anche in Valle.

In fondo, la lettura di alcuni fenomeni e la creazione di attivismo civico – è stato il ragionamento della referente valdostana della realtà presieduta da Don Ciotti – presuppone l’esistenza di persone esperte. Se la mafia dà le risposte di cui le persone hanno bisogno (e che, in realtà, dovrebbero giungere dalle istituzioni), bisogna imparare a capire non in modo superficiale. Ed in questo, anche i “mafiosi loro malgrado”, cioè i familiari dei boss, possono rivelarsi dei testimoni preziosi.

La referente di Libera Donatella Corti.
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