Incidente sul Rutor: aeromobili diretti verso atterraggio su ghiacciaio
“Vi è motivo di ritenere che” Philippe Michel, il pilota francese agli arresti domiciliari a seguito dell’incidente aereo sul ghiacciaio del Rutor dello scorso 25 gennaio, “abbia evitato di ottemperare a tutti gli obblighi di comunicazione previsti” (in particolare, l’inoltro di un piano di volo e il segnalarsi tramite la radio di bordo), volendo “nascondere alle autorità competenti la presenza del velivolo da lui condotto nella zona”, a circa due chilometri all’interno dello spazio aereo italiano, in cui si è scontrato con un elicottero utilizzato dalla società “GMH” per il servizio di eliski.
È la valutazione dei giudici della Sezione del Riesame del Tribunale di Torino, cui il difensore del 64enne di Mennecy (località a sud di Parigi) si era rivolto chiedendo la revoca dell’istanza del Gip di Aosta, che aveva convalidato il fermo disposto all’indomani della tragedia dalla Procura (l’inchiesta è aperta per disastro aereo colposo aggravato e omicidio colposo plurimo aggravato), stabilendo inoltre la custodia cautelare del pilota in carcere (attuata, all’epoca, con il presidio in ospedale dell’uomo, unico superstite dei tragici fatti, assieme ad un passeggero dell’Eurocopter AS350B, mentre altri sette coinvolti sono morti).
Gravi indizi di colpevolezza
Una richiesta che, discussa in udienza il 12 febbraio scorso, ha trovato solo un parziale accoglimento, rappresentato dalla sostituzione del provvedimento scelto dal magistrato aostano con gli arresti domiciliari, da affrontare inizialmente in ospedale e, dopo le dimissioni per il miglioramento delle condizioni di salute, in un alloggio affittato nel frattempo in Valle. Per il Tribunale piemontese, infatti, “misure coercitive non detentive appaiono del tutto insufficienti” a garantire le esigenze cautelari, in relazione non solo al ritenere sussistenti “gravi indizi di colpevolezza, pur in uno stato ancora iniziale delle indagini”, ma anche i pericoli di fuga e di recidivanza specifica.
“Leggendo” la vicenda, sulla base degli elementi sinora disponibili, il Riesame definisce Michel “soggetto che nessun legame risulta avere con l’Italia, che nel nostro Paese si è ritrovato per una tragica fatalità, e che ha la prospettiva, rimanendovi, di affrontare un lungo processo e scontare al suo esito una pesante sanzione”. Dal comportamento tenuto dal pilota “emerge poi una propensione al dispregio nei confronti di regole stabilite per la sicurezza collettiva”, nonché “al mancato rispetto delle normative in tema, nonostante la lunga esperienza”.
Differenze chiare tra i due aeromobili
Nelle diciotto pagine dell’ordinanza con cui motivano la loro decisione, i giudici del Tribunale di Torino sottolineano che “la mancata presentazione” del piano di volo “costituisce una importante negligenza, non solo in rapporto alla propria sicurezza ma anche a quella degli altri soggetti”. Dopodiché, l’indagato (non solo pilota dell’aereo, ma anche istruttore dei due allievi a bordo con lui, entrambi periti) “non ha neanche comunicato lo sconfinamento in territorio italiano, come pure avrebbe dovuto fare, in una situazione in cui il confine è peraltro ben marcato dalla barriera alpina”.
Considerazioni che portano a ritenere “chiara” la differenza nelle condizioni dei due mezzi. L’elicottero “svolgeva un’attività autorizzata e comunicata” (ai Carabinieri di La Thuile risultano essere state regolarmente trasmesse, dalla “Gmh”, l’apertura e la chiusura di elisuperfici occasionali per l’elicottero coinvolto), mentre “l’aereo aveva intrapreso un viaggio non comunicato, forse con l’intenzione di compiere un atterraggio non consentito, e non aveva segnalato la sua presenza” nello spazio aereo di competenza del controllo del volo di Milano.
Le prime conclusioni dell’ANSV
L’ordinanza del Riesame riprende poi la nota preliminare degli ispettori dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo, che, nell’ambito dell’inchiesta tecnica avviata sull’accaduto, hanno compiuto anche un sopralluogo nell’area dell’incidente, dal bilancio più pesante degli ultimi diciott’anni di aviazione in Valle. Tale documento, risalente al 31 gennaio scorso, conclude che “la collisione in volo sembra essere avvenuta tra l’aeroplano ad una quota superiore rispetto a quella dell’elicottero” e che “il primo contatto” pare aver interessato “la parte inferiore del lato destro dell’aeroplano e il rotore principale dell’elicottero”.
Dopo lo scontro in aria – si legge ancora – “l’aeroplano si sarebbe disarticolato in volo in almeno quattro elementi, il motore, le semiali, il tettuccio della cabina di pilotaggio, il trave di coda”, tutti “ritrovati al suolo a una certa distanza gli uni dagli altri”. La distribuzione dei rottami pare coerente con una collisione avvenuta “con entrambi i velivoli aventi una prua orientata sostanzialmente verso sud”. Questa indicazione, per gli ispettori, è “tale da lasciar supporre che entrambi stessero volando verso le aree atterrabili del ghiacciaio del Ruitor”.
Testimonianze di evoluzioni “atipiche”
Nell’ordinanza del Riesame compaiono anche due testimonianze raccolte dagli inquirenti. La prima è di un turista che, presentatosi spontaneamente ai Carabinieri di La Thuile, ha riferito di essersi trovato, nel giorno dello scontro, al rifugio Ideal nel comprensorio di Megève (altiporto dal quale, alle 14.15, era decollato lo Jodel D140-F di Michel), dove ha visto “verso le 15.10/15.30”, due “passaggi a bassissima quota di un aereo da turismo bianco con linee rosse e forse decorazioni blu”.
“Il velivolo – si legge – è sbucato dal basso quasi all’altezza del terrazzo del rifugio in mezzo alla valle e ha volato quasi rasente al suolo a poche decine di metri”. Una situazione che al testimone “è parsa atipica e pericolosa per la presenza di numerosi impianti di risalita, l’affollamento e la densità di turisti”. A queste parole si affiancano quelle di una guida valdostana, dedita ad accompagnare gruppi di turisti in attività di eliski, secondo cui c’è stata un’“escalation notevole della presenza di aerei sui ghiacciai della zona compreso il Ruitor negli ultimi cinque anni”.
“Gli aerei – ha detto il testimone – atterrano sulle superfici innevate per sostare qualche minuto e ridecollare, il che avviene anche diverse volte nell’arco di alcune ore consecutive. Tutte le volte che i piloti degli elicotteri cercano il contatto radio con gli aerei non ricevono risposta”. Il mancato riscontro alle chiamate via radio è stato segnalato agli inquirenti anche da altri professionisti della montagna sentiti nell’inchiesta.
Indagato perché sopravvissuto?
Argomento ingeneroso
Dagli atti del Riesame si evince infine che, oltre alla macchina dei soccorsi (l’allarme alla Centrale Unica del Soccorso è arrivato alle 16), sono volati in zona due altri elicotteri della “Gmh”, con a bordo delle guide. L’azienda era preoccupata dall’assenza di traffico radio del suo aeromobile, che appariva inoltre fermo, da troppo tempo, nello stesso punto sul dispositivo Gps. Una volta sul luogo, individuati i relitti, i tecnici si sono dedicati ai superstiti.
Pertanto, agli occhi dei giudici, il “fatto che la posizione dell’elicottero fosse nota agli operatori della GMH ha consentito di intervenire abbastanza rapidamente”, ma “se fosse dipeso invece dalla condotta di Michel ciò non sarebbe stato possibile, tanto che nessun allarme risulta essere partito dall’aeroclub di Megève”. È quindi “non accettabile e in certo modo ingeneroso l’argomento della difesa, per cui” il francese “si trova oggi ad essere indagato in quanto sopravvissuto al disastro”.
Per quanto appurato sinora, secondo i magistrati torinesi, il 64enne (che ha dichiarato, nell’interrogatorio al pm Carlo Introvigne, che coordina l’inchiesta affidata al Sagf della Guardia di finanza di Entrèves, di essere non solo istruttore di volo a Megève, ma anche pilota di linea dell’Air France dal 1983, circostanza comune a uno dei due “allievi” che erano a bordo con lui, mentre l’altro era pilota privato) ha infatti “tenuto dei comportamenti che avrebbero ritardato significativamente i soccorsi” dai quali è stato salvato.