Per Sandro Pepellin e Velio Dal Dosso un abbraccio sterminato
Le strade di accesso alla Chiesa di Sant’Orso sono chiuse con le transenne, nei prati a ridosso della strada regionale servono i parcheggiatori per indirizzare le centinaia di auto in cerca di un posto. Qualche decina di metri a piedi, e la lunga coda di persone venute a dare l’ultimo saluto a Sandro Pepellin e Velio Dal Dosso è già visibile sulla strada che porta alla chiesa. In silenzio, composta, si avvicina per poter toccare le bare dei due uomini morti martedì scorso, 24 agosto, in un incidente sul lavoro.
Non è solo Jovençan a stringersi attorno alle famiglie dell’ex sindaco e del suo dipendente, che lavorava con lui da tantissimi anni, ma una folla enorme, che poco prima delle 14.30 deve fermarsi ad ascoltare la messa in filodiffusione, fuori dalla chiesa. Ad officiare, don Michele Ottin, che ha il difficile compito di trovare un perché, e soprattutto diffonderlo alle centinaia di amici di Pepellin e Dal Dosso.
E lo ripete a più riprese: “Ho il cuore in gola. Siamo piccoli, poveri, incapaci. Le nostre parole non hanno molto da dire”, esordisce. “Solo il Signore può avere parole di vita. Deve consolarci il cammino che abbiamo fatto, le cose belle che abbiamo potuto fare e dire “grazie”. Soffriamo proprio perché si è rotta la possibilità umana di condividere”.
Neanche il memento mori di Blaise Pascal serve ad accettare o, almeno, ad essere pronti a fronteggiare due vite interrotte troppo presto: “L’unica certezza che abbiamo è la morte, eppure ogni volta che essa giunge è sempre inaspettata. Siamo piccoli”, ripete don Michele Ottin, “basta un piccolo incidente, una piccola distrazione, e consegniamo il nostro cammino”.
La professione dei due uomini – Pepellin era titolare di un’impresa edile, Dal Dosso suo operaio di fiducia – torna spesso, nelle parole del parroco, sotto forma di metafora: “Come impresa, hanno costruito tante cose belle, tante case belle. Come esseri umani costruiamo sempre sul provvisorio, la vera costruzione è quella che il Signore prepara per noi, un’abitazione eterna”.
Le sue parole sono rotte dalle lacrime quando ricorda che questo è il momento di “riconsegnare al Signore colui che abbiamo ricevuto perché lo riempia di quella gioia che ha cercato in vita. È un lavoro duro, di dolore, siamo stati privati di qualcuno che ha valore, ma è anche l’unica cosa che può darci consolazione”.