La nomina del Presidente Finaosta non era una gara: i perché delle assoluzioni

30 Maggio 2019

La nomina del presidente del Consiglio di amministrazione di Finaosta, nell’agosto 2015, poteva ritenersi “un ‘bando o altro atto equipollente’, rilevante ai fini dell’applicazione” del reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente? È arrivando a concludere “no” che il Gup Luca Fadda ha assolto “perché il fatto non sussiste”, nel processo chiusosi lo scorso 13 maggio, l’ex presidente della Regione Augusto Rollandin, il già assessore alle finanze Ego Perron e l’allora presidente della finanziaria regionale Massimo Lévêque. Lo si apprende dalle motivazioni del verdetto, depositate negli scorsi giorni.

Richiamando i principi enunciati da una sentenza della Cassazione depositata nel 2016, relativa ad un caso simile (“non vi è gara in difetto di forme procedimentali, nel senso che, pur in presenza di un interpello non sia stabilito alcun meccanismo selettivo di competizione e di concorrenza tra gli offerenti”), il magistrato osserva che il sistema previsto dalla legge regionale sulle nomine (la n. 11 del 1997) “è privo di precisi criteri di selezione e sostanzialmente rimesso alla valutazione fiduciaria dell’organo competente”, nella fattispecie la Giunta regionale.

Tant’è che “il provvedimento dirigenziale con cui è stato dato avviso pubblico delle cariche in scadenza in Finaosta s.p.a. nulla dice in ordine ai criteri di selezione”, stabilendo requisiti “necessari, ma non sufficienti per poter essere nominati” al vertice della finanziaria regionale. Oltretutto, “in presenza di più candidati” che rispondano ai profili, “nulla di specifico” viene affermato nell’avviso “in ordine alle modalità di scelta del candidato, per cui il sistema di nomina resta cristallizzato nelle disposizioni” della legge regionale di riferimento.

E il Gup Fadda, letta la normativa, annota come essa “evidenzia il carattere assolutamente discrezionale della nomina”. Deduce quindi che “la legge regionale, sotto la parvenza di un procedimento amministrativo, abbia inteso confermare la più assoluta discrezionalità (ai limiti dell’arbitrio) degli organi deputati alle nomine”, non rinunciando ad appuntare che l’intero meccanismo “pare privilegiare non la meritocrazia”, bensì “la ‘fedeltà alla linea’” (il solo requisito indicato per il presidente, il vicepresidente, l’amministratore delegato di società è il possesso di diploma di laurea, ovvero una esperienza almeno quinquennale nel settore).

“Dovendosi prescindere da qualsivoglia considerazione etica o politica – scrive il Gup – non sembra revocabile in dubbio che la fattispecie in esame si ponga, allora, assolutamente al di fuori della nozione di ‘gara’ delineata dalla Suprema Corte nel proprio indirizzo giurisprudenziale consolidato”. Per questo motivo, il reato contestato non poteva essere applicato alle circostanze. Secondo la Procura, Rollandin e Perron, in forza delle cariche pubbliche rivestite, avevano rivelato preventivamente a Lévêque i contenuti del bando di nomina.

Inoltre, stando alle indagini (alcune intercettazioni telefoniche non erano state ammesse, perché effettuate in altro procedimento) i due politici avevano rassicurato il manager (rimasto in carica sino al 2018( tanto sul fatto che sarebbe stato scelto per la carica, quanto sull’entità degli emolumenti a lui destinati (facendoli “lievitare” rispetto a quanto indicato sull’avviso, perché secondo le indagini il professionista aveva indicato una cifra per richiedere la nomina). Quella procedura, però, non era una gara e gli imputati sono stati assolti. Ricevute le motivazioni, la Procura (del fascicolo è titolare il pm Luca Ceccanti) sta valutando se proporre appello.

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