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Assoluzioni Finaosta, le reazioni degli imputati e dei legali

Ego Perron: “Un pezzo alla volta le cose mi sembra si sistemino”. Massimo Lévêque: “Finiscono due anni di incubo”. L’avvocato Grosso, difensore di Augusto Rollandin: “Non esisteva il reato, né in fatto, né in diritto”.
Cronaca

Il primo ad uscire dall’aula, poco dopo la sentenza di assoluzione pronunciata dal Gup Luca Fadda attorno alle 13 di oggi, lunedì 13 maggio, è l’ex assessore alle finanze Ego Perron. “Un pezzo alla volta le cose mi sembra si sistemino” sospira, con al fianco l’avvocato Corinne Margueret. “E’ chiaro che questo, pur nella felicità, – aggiunge – non ripaga delle difficoltà che abbiamo sopportato in questi anni per fatti che, un giudice ha detto, non esistevano”.

La sentenza positiva odierna, per il politico dell’Union Valdôtaine, non cancella però il cammino che ha condotto prima all’incriminazione quindi e al processo, perché se “oggi non possiamo che rallegrarci”, questa vicenda, “come le altre, ha pesato e non poco da un punto di vista professionale e personale”. Il riferimento dell’ex amministratore regionale, che tiene comunque a ringraziare “gli avvocati per il lavoro fatto” nel caso Finaosta, è all’udienza in Corte d’Appello, da poco iniziata, sul trasferimento della filiale di Fénis della BCCV.

Fu proprio la condanna di primo grado in quel procedimento, l’11 novembre 2017, a costargli il seggio in Consiglio Valle, per effetto della “Legge Severino”. Guardando al “secondo round”, Perron spera “che le argomentazioni che abbiamo proposto vengano valutate in modo obiettivo e sereno da parte di un collegio giudicante, su una vicenda che non si è conclusa, a nostro modo di vedere. Non esiste nessuna prova del fatto che ci sia stato un accordo, come mosso dalla Procura”. Dopodiché, “con un po’ di ottimismo confidiamo che le cose vadano a buon fine”.

Presidente di Finaosta dall’agosto 2015 allo stesso mese del 2018, a seguito della nomina contestata dal pm Luca Ceccanti, dopo la sentenza Massimo Lévêque, difeso dall’avvocato Maria Rita Bagalà, si sente “soddisfatto, un po’ più leggero”, perché “finiscono due anni di incubo per essere dovuto finire qua senza avere fatto niente, anzi avendo subito semmai dei danni personali e familiari”. Al riguardo, non pensa di esercitare alcuna forma di rivalsa, giacché “ci sono dei danni che non sono rimborsabili”, ma quelli “spero che siano superati con la sentenza”.

In mattinata, prima che il Gup Fadda si ritirasse in Camera di Consiglio, il manager aveva effettuato alcune dichiarazioni spontanee, durate una decina di minuti. Ai cronisti ha spiegato di aver “ripercorso quello che, dal mio punto di vista, è successo. Quindi, nulla di losco, di strano e di concordato, anzi. Ho ripercorso tutto e credo che sia stato chiaro come si sono svolti i fatti”. Anche per l’avvocato Carlo Federico Grosso, difensore del terzo imputato, l’ex presidente della Giunta Augusto Rollandin (che non è tornato in aula per la sentenza), “il giudice ha colto perfettamente la situazione”.

“Questo processo non poteva che finire così. Non c’era proprio assolutamente nulla. – dichiara, prima di infilarsi nelle scale del palazzo di giustizia, con il collega Andrea Balducci, altro componente del team difensivo dell’‘Imperatore’ della politica valdostana – Quel tipo di gara non era gara, non era bando. Mai e poi mai si sarebbe potuto parlare di turbativa d’asta in un caso di questo tipo. Non esisteva il reato, né in fatto, né in diritto. E quindi la sentenza non poteva che essere assolutoria, con formula piena”.

Il tema del non trovarsi di fronte ad un bando di gara, ma ad un “avviso di scadenza” della nomina (rientrante nella discrezionalità, secondo la legislazione regionale in materia, della Giunta), e quindi dinanzi all’impossibilità che si configurasse il reato di “turbamento della libertà del procedimento di scelta del contraente”, era stato pesantemente sollevato dai difensori dei tre imputati nelle loro arringhe, nella mattinata in cui il pm aveva chiesto 2 anni di carcere ognuno per il manager e i due politici.

Il Gup Fadda si è riservato il deposito delle motivazioni della sentenza entro trenta giorni, ma la formula assolutoria cui ha fatto ricorso sembra lasciar intravedere che proprio quella tesi sia stata accolta. Le indagini sulla nomina del presidente del Consiglio di Amministrazioni della finanziaria regionale erano scaturite, poco dopo il procedimento stesso, da alcune conversazioni telefoniche intercettate dai Carabinieri del Reparto operativo, che stavano indagando appunto sui fatti legati allo spostamento della sede della Banca di Credito cooperativo. Nate in un altro procedimento, quelle telefonate non erano quindi state ammesse al fascicolo processuale chiusosi oggi, con l’asssoluzione dei coinvolti.

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