Lavoratori atipici all’Usl: costi in ascesa malgrado i richiami della Corte dei Conti
Se Digos e Procura stanno setacciando la documentazione prelevata ieri in ospedale sulle somministrazioni di personale interinale, alla ricerca di eventuali anomalie nelle assunzioni effettuate dalle due agenzie che forniscono una folta pattuglia di lavoratori all’azienda sanitaria (per l’anno in corso, quasi 250), la magistratura contabile ha nel mirino tale voce del bilancio dell’Usl da anni. Lo si ricava scorrendo, anno dopo anno, le relazioni sul Servizio sanitario della Regione effettuate dalla Sezione di controllo della Corte dei conti.
Alla spesa per il personale è dedicato un capitolo specifico del documento, in cui viene analizzato se il suo totale rispetti i parametri di contenimento fissati dalle normative di settore. Il tema dei lavoratori atipici viene sviscerato approfonditamente riguardo all’esercizio 2016 (la relazione della Corte viene approvata di norma un anno e mezzo dopo la chiusura, quindi nel 2018). Quell’anno, le manovre di “spending review” intraprese a livello nazionale erano confluite in Valle, dove la Regione ha potestà integrativa in fatto di sanità, in una deliberazione della Giunta e in una legge regionale.
2016, la contrazione degli atipici inizia…
Due atti adottati per consentire “all’Usl di assumere personale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e stabilizzando i contratti precari per la copertura di posti vacanti”. In sostanza, l’intervento regionale aveva previsto “nei casi e con le condizioni precisate” lo “sblocco delle assunzioni e del turnover del personale” e il “blocco della stipula di nuovi contratti di lavoro atipici, compresi quelli di somministrazione di lavoro”.
Una “cura” che aveva dato dei frutti, perché analizzando la situazione la Sezione aveva osservato come, “in conseguenza delle assunzioni effettuate”, il costo del personale non dipendente si fosse ridotto di 828mila euro per l’area sanitaria (passando da 3,53 milioni del 2015 a 2,7 milioni nel 2016) e di 625mila euro per l’area non sanitaria (passando da 4,84 milioni del 2015 a 4,22 milioni dell’esercizio successivo). In tutto, una compressione di 1,45 milioni.
…ma nel 2017 si arresta
Qualcosa, però, non va secondo le aspettative e, facendo le pulci all’esercizio 2017, i magistrati contabili tornano a sottolineare in rosso la situazione. “Nonostante la possibilità di nuove assunzioni, si registra un aumento dei contratti atipici”, si legge nella relazione approvata nel 2019. Il costo del personale non dipendente “evidenzia un incremento di 1,09 milioni (passando da 8,59 milioni del 2016 a 9,67 milioni del 2017)”.
E’ tuttavia disomogenea la distribuzione del costo. Se, sull’esercizio precedente, la spesa nell’area sanitaria cala di 282mila euro (da 2,7 milioni del 2016 a 2,42 milioni), è in quella amministrativa che si registra il “botto”, con un incremento di 600mila euro (da 4,22 milioni dell’esercizio precedente a 4,82 milioni del 2017). A completare il quadro concorre anche un aumento dell’esborso per personale dirigente medico veterinario in regime di libera professione, pari a 811mila euro. Dati per cui la Sezione, “nel richiamare quanto già stigmatizzato nelle precedenti relazioni, auspica un intervento risolutivo con riguardo alla gestione del personale”.
…e poi la spesa riparte
Negli esercizi successivi, il tema non è più oggetto di rilievi specifici, se non annotando – per l’annualità 2018 – che, attraverso due deliberazioni, la Giunta regionale aveva stabilito che l’azienda dovesse “proseguire il processo di riduzione dei contratti di lavoro atipici” e “di riorganizzazione aziendale dell’area ospedaliera” ed “effettuare le procedure selettive per la copertura dei posti vacanti”.
Tuttavia, dall’analisi economica della Corte dei conti la direzione intrapresa sembra un’altra. Si ricava infatti che la spesa per il personale non dipendente ha continuato a lievitare: per il 2018 di 355.463 euro (raggiungendo quota 10,02 milioni) e per il 2019 di 383mila euro (tagliando il traguardo dei 10,41 milioni). Non è tutto, perché dalla tabella della gestione risorse umane allegata al bilancio d’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019 si apprende anche un altro dato.
Negli obiettivi originari dell’esercizio, la voce dei costi per il personale non dipendente era prevista in 6,64 milioni. Pertanto, il dato effettivo ha “sforato” la stima di 3,76 milioni di euro (e, di converso, quello sul personale dipendente si è contratto di 1,9 milioni, giacché alla previsione di 125,15 milioni ha fatto fronte un esborso di “soli” 123,25 milioni).
Il 7,7% dei costi del personale
Nell’ultimo bilancio del sistema sanitario preso in esame dalla Corte (la relazione sul 2020 non è ancora stata approvata, anche se il documento contabile c’è già e denota un utile di 4 milioni) il totale dei costi del personale ammontava a 133,66 milioni. La quota dei “non dipendenti” (su cui i “somministrati” impattano massicciamente) pesava quindi per il 7,7%. Una percentuale nemmeno a due cifre, ma a fronte della sua ascesa costante (ed è difficile supporre un trend in diminuzione, visto l’irrompere in scena della pandemia Covid-19 un anno fa) e del numero di lavoratori “atipici” che da essa derivano, non stupisce che l’esame sull’utilizzo di quei fondi impegni oggi – anche a seguito dei “rumors” su una “parentopoli” nelle assunzioni – la Procura della Repubblica, spostando il controllo dal piano contabile a quello di eventuali illeciti.