Processo per la coltellata al bar, la vittima: “ripetevo ‘così mi ammazzi’, lui non diceva niente”
E’ stata dedicata ai testimoni citati dall’accusa l’udienza di oggi, venerdì 14 ottobre, del processo nei confronti di Stefano Corgnier, il 42enne titolare del bar “Crazy Fox” di Aosta, accusato di tentato omicidio per l’accoltellamento di un conoscente all’interno del locale, nella serata del 30 marzo scorso. In particolare, è stato ascoltato in aula il ragazzo colpito, che ha offerto al Tribunale collegiale (i giudici Eugenio Gramola, Marco Tornatore e Maurizio D’Abrusco) la sua versione dei fatti, ripercorrendo anche i presupposti del gesto violento.
L’amicizia e poi l’amara scoperta
Siamo all’inizio di quest’anno. Il contesto è quello del locale in via Torre del Lebbroso, che “frequentavo quasi ogni giorno”. Da qui, “ho iniziato a creare un’amicizia con il proprietario”. Tra i tavoli del “Crazy Fox”, il giovane incontra anche una ragazza: una conoscenza che poi diventa un sentimento, “che prosegue tutt’ora”. Rispondendo alle domande del pm Luca Ceccanti, il testimone dice di aver saputo che tra” Corgnier e questa giovane “c’era amicizia, poi ho scoperto che avevano una relazione segreta”.
L’“aut-aut” dell’imputato
E’ il momento in cui, secondo il ragazzo, la situazione si fa più tesa, perché il titolare del bar “mi dice che dovevo smettere di frequentarla, se non in amicizia”. Dopo un allontanamento iniziale, perché “mi sono sentito preso un po’ in giro” sia da lei, sia da quello che fino ad allora aveva considerato un amico, la parte offesa e la ragazza si riavvicinano, “poi ci siamo uniti sempre di più e non abbiamo nascosto la nostra relazione”.
Il “battibecco” tra i due
Corgnier – ricorda il testimone – “all’inizio era tranquillo” e io gli “ho detto che se aveva dei problemi, doveva parlarne con lei: mi ritenevo libero”. La testimonianza continua però ripercorrendo come l’imputato “aveva poi avuto atteggiamenti aggressivi”, come in una serata in cui “aspettava palesemente” la coppia davanti ad un altro locale del capoluogo. A fine marzo, dopo un aperitivo in compagnia al “Crazy Fox”, Corgnier – aggiunge il giovane testimone – “mi chiede di fermarmi alla chiusura per parlarmi” e “mi ripeteva che gli amici vengono prima, e poi le donne”.
Il giovane dice, in quel frangente, di essersi “un po’ alterato”, ribattendo che la ragazza “non era di sua proprietà, che non poteva dirmi cosa fare”. Un “battibecco” che si chiude (“gli ho detto che potevamo riparlarne quando eravamo più tranquilli”) e il giorno dopo il ragazzo dice di ricevere un messaggio dall’imputato “per chiedere se passavo, per chiudere questo discorso”. Si arriva così alla sera del 30 marzo.
La sera dei fatti
Dopo la chiusura del locale, alle 21, i due restano soli: “mi ha chiesto come stavo, gli ho detto che stavo bene e ho chiesto lo stesso. Mi ha risposto: ‘alla grande’”. Un’affermazione che insospettisce l’avventore, perché “avevamo litigato due giorni prima”. L’amico glielo fa notare e “lui ha iniziato a dire: ‘no, voglio metterci una pietra sopra’, ma non sembrava tranquillo”. Dopo una decina di minuti di conversazione, il giovane saluta, convinto di raggiungere alcuni amici altrove.
“Pensavo a un pizzicotto”
In quel frangente, “ho dato le spalle al bancone, per prendere il mio trinciato nella giacca”. Nemmeno “il tempo di mettere la mano in tasca e sento la sua mano sinistra sulla mia spalla e un forte bruciore sulla spalla destra”. All’inizio “pensavo a un pizzicotto. Poi mi sono girato, ho visto il sangue subito, ho capito che mi aveva accoltellato”. Il ragazzo ha ricordato che “ho iniziato a dirgli ‘No Ste, No Ste, così mi ammazzi’”.
Il giovane dice di essere “riuscito a girarmi e bloccargli entrambi i polsi”. Il contendente “non diceva niente, dava forza col braccio per cercare di colpirmi. Cercava di spingermi verso l’interno del bar. Quando ho visto che mi spingeva verso il bagno ho capito di dover far qualcosa”. La colluttazione va avanti, finché “sono corso subito alla pizzeria accanto al bar”. Là due donne lo aiutano e, dato l’allarme, sul luogo arrivano 118 e Carabinieri.
Il coltello spunta nel bagno dell’ospedale
Anche Corgnier, che ha delle ferite ad un avambraccio, viene portato in ospedale. Uno dei militari che ha preso parte al suo arresto ricorda come “in pronto soccorso, voleva andare in bagno”. Entrando subito dopo, ha aggiunto, “nella cassetta del water ho trovato il coltello”. Di tipo a serramanico, con la lama lunga una decina di centimetri, viene mostrato dal Carabiniere all’imputato: “mi ha detto ‘ho fatto una cazzata’”. Scattano così le procedure di arresto.
L’analisi delle lesioni
Sulle lesioni riportate dai due, in apertura di udienza il medico legale Serena Curti, cui era stata affidata una consulenza dal pubblico ministero in fase d’indagini, ha ribadito la compatibilità della ferita a livello latero-cervicale dell’aggredito (con la lama che ha mancato per 4 centimetri l’area di giugulare, carotide e nervo vago) con il fatto che sia stata inferta con il coltello sequestrato. Quella al dito di una mano appare “coerente con quanto” descritto, cioè il “tentativo complesso di estrarre l’arma dal proprio corpo” e di bloccare l’aggressore.
Anche per le ferite sull’avambraccio di Corgnier, “nulla contrasta con il fatto che provengano dall’arma sequestrata”, ma il medico le ha classificate come “lesioni di natura autoinferta”, perché “appaiono molto regolari e tutte parallele tra loro”, mentre quelle che si riscontrano nel caso di colluttazione “si trovano su parti del corpo alzate a difesa” e “hanno andamento eterogeneo: qui abbiamo caratteristiche opposte”.
La ragazza: “cercavo di fare da paciere”
Nell’udienza ha deposto anche la giovane finita al centro della contesa tra i due. Dopo aver ammesso la relazione con l’imputato ha detto di aver “sempre e comunque cercato di avvisare Stefano (Corgnier, ndr.), perché mi avvicinavo sempre più” all’altro ragazzo. “Subito sembrava aver accettato, capito la situazione. Un giorno al telefono mi ha detto – ha continuato la ragazza – che se avesse avuto la possibilità di fare del male” all’amico “lo avrebbe fatto”. “Io – ha concluso la giovane, cercavo di fare da paciere, ma non capivo”.
Sentenza attesa per il 21 dicembre
Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 21 dicembre. In quell’udienza verranno ascoltati i testimoni citati dalla parte civile (assistita dall’avvocato Corrado Bellora di Aosta) e quelli della difesa dell’imputato (il legale Matteo Iotti del foro di Reggio Emilia) e si terrà quindi la discussione tra le parti. Per quella data, salvo variazioni alla calendarizzazione, è quindi attesa la sentenza.