Sentenza Rollandin: la corruzione tra l’ex Presidente, Accornero e Cuomo
Una “svendita dei pubblici poteri” di Augusto Rollandin, all’epoca presidente della Giunta, che così come Gabriele Accornero, al tempo consigliere delegato del Forte di Bard, “ha messo a disposizione la propria funzione in favore” dell’imprenditore alimentare Gerardo Cuomo, “già a partire dall’anno 2013 e per tutti gli anni successivi fino al 2017, in tal modo garantendo al privato corruttore i suoi desiderata”.
È la raffigurazione che – nella visione del Gup Paolo De Paola, ricavata dalle motivazioni alla sentenza pronunciata lo scorso 28 marzo, depositate nelle scorse ore – concretizza la condanna dei tre per concorso in corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio. Secondo il giudice, “Rollandin ha certamente violato il dovere di imparzialità, trasparenza e correttezza impostogli” dalla Costituzione e si è “asservito agli interessi personali del Cuomo”
Questi ultimi, stando alle indagini, erano rappresentati dall’ampliamento della sede del “Caseificio Valdostano”, subentrando nell’uso del capannone (della “Autoporto Spa”) già occupato da “Deval”, e dalla successiva unificazione dei relativi contratti di locazione. Per gli inquirenti, le utilità ricevute in cambio da Rollandin includono, in prima battuta, il comizio tenuto nella sede dell’azienda di Pollein prima delle regionali del 2013, cui parteciparono, nella ricostruzione di Carabinieri e Procura, 20-25 dipendenti e al termine del quale Cuomo invitò i presenti a votare il candidato unionista.
Il vantaggio, per il Presidente della giunta uscente, “è evidente”, scrive De Paola, anche “al di là del numero esiguo di soggetti partecipanti alla riunione”, rappresentato dall’aver potuto tenere un incontro elettorale “in un ambito così ristretto e con soggetti preselezionati”, che “altrimenti gli sarebbe stato impossibile raggiungere”. Un vantaggio protrattosi alle elezioni amministrative del 2015, quando Cuomo si sarebbe nuovamente adoperato al fine di procacciare voti per candidati legati a Rollandin.
Su tali circostanze il titolare del “Caseificio”, dinanzi al pm Luca Ceccanti, titolare del fascicolo, ha spiegato: “Faccio presente che in questa regione se uno ti avvicina lo fa perché ha il suo interesse e ovviamente è sempre una questione di tornaconto reciproco”. Dichiarazione che il Gup considera “dirimente in ordine alla prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, dell’accordo illecito tra Rollandin ed il Cuomo e del cosiddetto ‘pactum sceleris’ che caratterizza la corruzione”.
Sempre rispondendo al pm, l’imprenditore disse: “Voglio essere sincero: è evidente che se io sono entrato nei locali Deval sicuramente è stato perché c’è stato un intervento di Rollandin o di qualcun altro. Per me questo è un fatto evidente”. Parole per cui – si legge in sentenza – “senza l’intervento (indebito) del Rollandin”, Cuomo non avrebbe conseguito i suoi obiettivi di espansione aziendale e di “razionalizzazione” dei canoni a lui praticati.
Il Gup conclude quindi che “l’accordo criminoso è stato concluso già all’epoca dell’organizzazione del comizio elettorale” (l’“affaire Deval” inizia proprio nel 2013, ndr.) e che non solo è provata “la dazione di ‘altra utilità’ in favore del pubblico ufficiale”, ma anche che “il compimento degli atti contrari ai doveri d’ufficio è stato la causa” di tale condotta. In sostanza, Rollandin, a seguito dell’“aiuto” ricevuto alle regionali, “ripaga per ‘tornaconto reciproco’ Cuomo”.
Quanto all’altra utilità di tipo patrimoniale che l’ex Presidente della Regione avrebbe ricevuto (il pagamento di due gomme della sua auto), per De Paola si tratta di un beneficio che s’inserisce “in un sistema ormai consolidato negli anni in cui il Cuomo è sempre rimasto a completa disposizione del pubblico ufficiale, anche per le questioni più ordinarie’”. A processo, Rollandin ha prodotto due polizze per cui sarebbe stato assicurato quale presidente del Forte di Bard, a copertura dei danni sui veicoli dei membri dell’associazione nello svolgimento di attività lavorativa, ma “non ha dimostrato che il Cuomo non è intervenuto per una sollecita sostituzione degli pneumatici in suo favore”.
Nemmeno, il politico “ha dimostrato di aver pagato lui, o l’assicurazione citata, la sostituzione degli pneumatici”, circostanza peraltro “esclusa categoricamente dai titolari” della ditta ove è avvenuto l’intervento. Per il Gup, tale “aiuto” va a “corroborare ulteriormente il quadro di utilità” per “sdebitarsi” della “messa a disposizione della propria funzione con il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio che lo stesso aveva compiuto (o che avrebbe ancora dovuto compiere) in favore dell’imprenditore privato”.
Definendo l’attività svolta da Gabriele Accornero quale “reiterato supporto (concretizzato nella creazione di un canale di collegamento con il potere politico ed in particolare con il Rollandin a favore del Cuomo)”, la sentenza sottolinea che nei fatti contestati “non è ravvisabile neppure una regolarità formale dei comportamenti illeciti posti in essere” e bolla l’accaduto come fonte di “grave pregiudizio per l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione” pubblica. In una parola sola, corruzione.