Suicida in carcere la donna accusata di violenza sessuale sul padrone di casa
Si è tolta la vita oggi, giovedì 23 maggio, nella propria cella del padiglione femminile del carcere di Torino la 64enne di Caltanissetta accusata – in concorso con il marito – di violenza sessuale nei confronti del padrone di casa. La coppia era stata arrestata, ed incarcerata, alla fine dello scorso marzo. Il legale di entrambi, l’avvocato Massimiliano Bellini, aveva impugnato in più sedi la custodia cautelare in cella, ricevendo sempre dinieghi all’istanza.
“La tragica notizia di un detenuto suicida in attesa di giudizio – dichiara l’avvocato Bellini – mette in luce l’ingiustizia e la disumanità della custodia cautelare preventiva. Privare una persona della libertà senza una condanna definitiva non solo mina la presunzione di innocenza, ma può anche infliggere sofferenze psicologiche insopportabili. È un monito doloroso sull’importanza di riformare il sistema giudiziario per garantire che i diritti umani siano sempre rispettati e che la custodia cautelare sia usata solo come ultima risorsa. Avevamo per ben tre volte chiesto al gip di Aosta – continua il legale – la revoca della misura cautelare in carcere. Gli indagati sono due persone anziane e incensurate”.
“Per me c’è solo profondo dolore – continua l’avvocato Bellini – ma al contempo tanta rabbia. Occorre solo prendere coscienza che nelle carte processuali c’è la vita di ogni uomo. La carcerazione preventiva spesso si trasforma in una grave ingiustizia che la Giustizia con la G maiuscola non può tollerare”. Il legale ribadisce quindi la richiesta di scarcerazione del marito della donna deceduta, con la misura degli arresti domiciliari a Caltanissetta, lontano dalla Valle e dalla persona individuata come offesa dalle indagini.
Sull’accaduto intervengono anche due sindacati della Polizia penitenziaria. L’Osapp, per voce del segretario generale Leo Beneduci, ricorda che si tratta della trentaseiesima morte in carcere per suicidio dall’inizio dell’anno e ritiene “inconcepibile che responsabili politici quali il ministro della giustizia Carlo Nordio ed il sottosegretario delegato Andrea Delmastro non si rendano conto del significato e delle cause che stanno provocando una vera e propria strage nelle carceri italiane”.
Il Sappe, altra organizzazione sindacale, tramite il segretario generale Donato Capece afferma: “siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”. “Si continua a parlare se ci sono azioni da intraprendere per poter evitare tale gesto estremo. – evidenzia Capece – Il suicidio è sicuramente un evento imprevedibile, pertanto se una persona decide di suicidarsi prima o poi troverà il modo di farlo. Il problema è preventivo, non successivo. Con il passaggio della sanità penitenziaria alle Regioni, la situazione è purtroppo estremamente peggiorata. La carenza di operatori sanitari, psicologi e psichiatri è il punto cruciale della questione. A nostro avviso servono concorsi regionali e assunzioni di personale sanitario da destinare esclusivamente alle carceri piemontesi”.
La coppia, secondo quanto emerso dalle indagini dei Carabinieri, si era trasferita in Valle per motivi di lavoro nel giugno 2023, stabilendosi nella casa affittata dal 65enne. Poco tempo dopo, sarebbe però iniziato il supplizio nei suoi confronti, costringendolo – nell’impostazione dell’accusa – a raggiungerli per subire atti sessuali, con vessazioni di vario genere e la minaccia di diffondere i video degli stessi. Un ricatto che, per l’accusa, era finalizzato a occupare l’appartamento senza pagare. La tesi degli arrestati, sostenuta sin dall’interrogatorio di garanzia, è che non ci sia stata nessuna costrizione, perché si è trattato di rapporti liberi e consenzienti.
Il racconto dei concitati momenti di oggi, nel penitenziario piemontese, è di Vicente Santilli, segretario per il Piemonte del Sappe. “La giornata di oggi alla Casa Circondariale di Torino è iniziata nel peggiore dei modi. Alle 07.30 circa, una detenuta ristretta al padiglione femminile è stata trovata priva di vita dal personale di Polizia Penitenziaria. Pare che la donna si sia appartata nel bagno della propria cella approfittando della momentanea assenza della sua compagna di detenzione e si sia soffocata con un sacchetto di plastica posto sulla testa e legato attorno al collo con un laccio”.
“A nulla sono valsi i soccorsi scattati immediatamente e proseguiti poi fino all’arrivo dell’unità del 118 che non ha potuto far altro se non constatare il decesso. Come da prassi in questi casi – conclude Santilli – sono in corso le attività d’indagine per ricostruire gli ultimi momenti di vita, ma parrebbe non siano stati rinvenuti messaggi o biglietti utili a comprendere le cause dell’insano gesto”.