Tanti applausi e lacrime per l’ultimo saluto al Maresciallo con la montagna nel cuore
“Grazie, Marco. Grazie da parte della Guardia di finanza e da parte di tutti i colleghi che hanno avuto la fortuna di conoscerti in servizio”. Lo scrosciante applauso della collegiata di Sant’Orso interrompe il comandante generale della Guardia di finanza, il generale di Corpo d’Armata Giuseppe Zafarana, ad Aosta nel pomeriggio di oggi, mercoledì 22 gennaio, per l’ultimo saluto al maresciallo Marco Musichini, morto in un addestramento di scialpinismo sul Monte Rosso di Vertosan. Parte dai colleghi del Soccorso Alpino, una “ristretta cerchia di uomini meravigliosi” che circonda il feretro del 43enne scomparso, ma vi si aggiungono immediatamente gli altri commilitoni, le autorità e tutti i presenti in una chiesa stipata all’inverosimile.
Negli anni alla stazione del Soccorso Alpino di Entrèves – ha ricordato il massimo ufficiale delle “Fiamme Gialle” – “tantissime sono le imprese di soccorso, sempre condotte in condizioni ambientali ostili” che hanno visto protagonista lo scomparso e “tantissime le persone cui ha salvato la vita”. Al riguardo, Zafarana ha sottolineato le missioni del marzo 2012, sul Col Rognon, a 3.400 metri”, in aiuto di “un alpinista caduto in un crepaccio”, e dell’agosto 2018, per intervenire sulla valanga staccatasi dal Col di Chamolé, conclusasi con il soccorso di tre scialpinisti.
Era appassionato di montagna da sempre, il militare che amici e colleghi chiamavano “Music” (anglicizzando il suo cognome), e fu proprio quel sentimento a spingerlo verso la specialità del Corpo, dopo l’esperienza in altri reparti. Delfino Viglione, che dirige il Sagf ai piedi del Monte Bianco, si sovviene nitidamente di quel momento: “è arrivato una decina di anni fa, ad Entrèves: ‘vorrei provare questa esperienza del Soccorso Alpino. Mi piace. Voi fate un lavoro che vi rende forti, sotto l’aspetto umano è molto sentito, date la vostra vita, il vostro servizio per gli altri’. Io gli dissi: ‘se te la senti, dovrai affrontare questo sacrificio con la tua famiglia, ti dovrà accompagnare’”. Musichini, è continuato il racconto, riuscì, perché “aveva una famiglia meravigliosa. C’era condivisione di quello che faceva, di quello che andava a fare”.
Famiglia che era nei primi banchi della chiesa, stretta attorno alla moglie Chiara e alla madre del Maresciallo. Una parente, a nome di cugini, fratelli e amici, ha sottolineato le tre “parole che più ti hanno rappresentato nella tua breve vita: amore, altruismo e coraggio”. Non sono mancati i ricordi affettuosi, come “i tuoi ‘fidate, too dico io’”, con l’accento laziale ritenuto da tanti strano in un uomo che aveva scelto le vette (evocati dal collega Laurent Perruchon, in preda alle lacrime e sorretto dal comandante del Gruppo Aosta, il tenente colonnello Francesco Caracciolo) e “la tua amata Lazio” che “guardavi in piedi, davanti alla tv” (altra passione dello scomparso, su cui si è soffermata una sorella della moglie).
Nell’omelia, dopo la prima lettera ai Corinzi dalla Bibbia (quella in cui un versetto recita “Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge”), il vescovo della Diocesi di Aosta Franco Lovignana ha parlato di “una morte paradossale, che l’ha colto proprio mentre si esercitava per poter intervenire in modo efficace per salvare” altri. Un lutto che, per il generale Zafarana, nel banco davanti a quello del comandante regionale Raffaele Ditroia, “sveglia il dolore, mai placato, per la recente perdita del brigadiere capo Roberto Ferraris, altro soccorritore del nostro Servizio Alpino” scomparso in un incidente nella Valtournenche, lo scorso dicembre.
Eppure, nonostante lo sconforto dilaniante, “se vi guardate attorno vedete i ragazzi del Soccorso Alpino che accompagnano Marco come se fossero un colonnato, lo circondano”, è stata l’osservazione del Cappellano militare delle “Fiamme gialle” (all’altare assieme al Vescovo ed altri sacerdoti), rivolta a coloro che, stretti nelle giacche a vento gialle e grigie del Sagf, “hanno fatto un giuramento: disposti a morire. Per il loro prossimo”. Ecco perché “siamo in tanti qui stasera, perché uno di questi ragazzi è rimasto dentro quel giuramento”. Prima che il feretro lasciasse la chiesa, al microfono si è avvicinata la figlia di Musichini, Melissa: “non immaginavo che tante persone volessero bene a mio papà. Così tanto bene da piangerlo in questo modo”.
La ragazza, adolescente, ha quindi rassicurato tutti: “voglio che i miei parenti sappiano che sono vicina a tutti loro e che non si devono preoccupare per me. Sono più preoccupata io per loro. Mio papà diceva sempre che io ero molto forte. Non piangevo mai, per niente. Quando succedeva qualcosa ero sempre l’unica che non piangeva. Era orgoglioso di me”. Quindi, le parole più alte e belle che una figlia possa pronunciare, parlando di chi le ha dato la vita: “lo ringrazio per avermi cresciuto in questo modo, lo ricorderò per sempre come l’unico uomo che potrei amare in questo modo”. Frasi salutate da un applauso, l’ennesimo germoglio della professionalità e del bene seminati in quantità da Musichini nei suoi 43 anni di vita.