L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, che passa per… la Valle d’Aosta
L’allarme suona a titoli di coda avanzati, al comparire della menzione “Location manager Aosta”, accompagnata da un nome impegnato da tempo nella logistica cinematografica, quello di Sergio Ferrero. Eppure, ti ripeti, non c’è traccia della Valle nei 117 minuti de “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”, il film di Sydney Sibilia, disponibile da tre giorni su Netflix, sul tentativo di affermare quale micronazione una piattaforma costruita ed aperta al pubblico nel 1968 al largo di Rimini dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa.
Narrativamente è così, l’eclettico professionista emiliano (all’epoca 43enne, anche se nella pellicola è ritratto decisamente più giovane, ma è solo una delle tante licenze poetiche che costellano l’opera) bussò a varie porte per il riconoscimento della “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose”, ma non a quella della “Petite patrie”, preferendole Nazioni Unite e Consiglio d’Europa. Ed è in quel momento che la mente torna alla sequenza iniziale, quella in cui François Cluzet, nei panni del Presidente del “Conseil”, raggiunge in auto la sede dell’istituzione di Strasburgo.
Saranno anche case in stile alsaziano a comparire a bordo strada, ma quella staccionata in legno, quegli alberi e quell’enorme spazio innevato, sull’altro lato della carreggiata, hanno effettivamente un che di familiare. Anche lo spiazzo in cui l’ingegner Rosa ha lasciato la sua vettura autocostruita evoca il déjà vu, complice un campanile dalla fisionomia ben distinta. Ed in effetti è così: più di una delle recensioni apparse in queste ore conferma le riprese essersi tenute anche in Valle d’Aosta. A Cogne, aggiungiamo noi dopo una rapida indagine, tra l’ingresso al paese che costeggia il prato di Sant’Orso e il parcheggio dei camper.
Valle d’Aosta, un set perfetto per il cinema
Non è la prima volta che la nostra regione fa da set cinematografico, per film in cui compare sotto altre spoglie (con la computer graphics, talvolta, a rendere maggiormente sostenuto il “maquillage”). Il precedente più illustre è il sontuoso “Avengers: Age Of Ultron” (2015), in cui Aosta e altre location della Valle contribuiscono alla rappresentazione di Sokovia (paese immaginario dell’Europa dell’est), ma va ricordato anche il remake di “Point Break” uscito nello stesso anno, con le nevi della Valgrisenche e l’Aiguille de la Grande Sassière a far da sfondo alle scene di snowboard, o ancora “Kingsman: Il cerchio d’oro“, uscito nel 2017, con tante immagini girate l’anno precedente ai piedi del Monte Bianco
Volendo andare più indietro nel tempo, tra i tanti film girati in parte in Valle, impossibile non citare “Fracchia contro Dracula” (1985), con gli esterni della dimora in Transilvania del Conte Vlad (che l’immobiliarista impersonato da Paolo Villaggio tenterà di vendere all’immancabile Filini) girati al Castello di Fénis. Occasioni che hanno generato ricadute positive per la Valle, sia a livello di indotto, nel periodo delle riprese (le troupe cinematografiche presentano una molteplicità di figure e numeri importanti), sia promozionali, perché il cinema scolpisce immagini nella mente delle persone, che spesso amano ritrovarle dal vivo, tanto è elevato il loro potere evocativo
Un po’ di storia…
E se, filmicamente come accadde nella realtà, il sogno libertario (per quanto non scevro da aspetti commerciali) dell’Isola delle Rose vive prevalentemente nell’Adriatico, a 500 metri dalle acque territoriali italiane (location ricostruita in una enorme piscina ad uso cinematografico a Malta), fu proprio il Consiglio d’Europa a dare una chance a quell’utopia, dinanzi alla disputa tra il muscolare Governo italiano presieduto da Giovanni Leone e l’ingegnere bolognese che proclamò l’indipendenza della piattaforma, dotandola di una bandiera, di una moneta (il Mills, per quanto mai battuta), di un inno (un brano dall’Olandese Volante di Wagner) e di una serie di francobolli (oggi quotatissimi).
Fatto che, nello spettatore, fa lasciare alle scene nell’innevata Strasburgo un sapore ancora più dolce, in netta contrapposizione al finale, ampiamente romanzato rispetto al reale svolgersi dei fatti, in cui l’“Andrea Doria” della Marina spara colpi di cannone preventivi in direzione dell’isola (opzione scartata nella realtà proprio per la presenza di persone sul manufatto), che verrà poi abbattuta con cariche esplosive (ma ci vollero ben due applicazioni e la demolizione non fu totale, perché ciò che restava della costruzione si inabissò solo a seguito di una mareggiata, tanto era robusta l’opera di Rosa). Anche per questo, scoprire della presenza della Valle a film uscito sorprende rispetto agli annunci non mancati per altre produzioni, ma tant’è. Una volta di più, è bello essere in opere destinate a far discutere.