Elezioni europee, per gli autonomisti “tutto sbagliato, tutto da rifare”?

29 Marzo 2019

Chiamatela desistenza o paura di partecipare, perché consapevoli di perdere. Il risultato non cambia. Come già accaduto nel 2014, il 26 maggio prossimo potrebbe non esserci in corsa per un seggio al Parlamento europeo un candidato espressione del fronte autonomista.
Il Partito democratico ieri sera ha messo sul tavolo le due opzioni di un listino apparentato e di un candidato autonomista nella lista Pd. In cambio ha chiesto, come era ovvio che fosse, l’alleanza per i prossimi appuntamenti elettorali, le comunali del 2020 e le politiche o regionali, in caso di fine anticipata della legislatura.

La proposta ha forse spiazzato chi fra i movimenti autonomisti a parole professa la necessità di essere della partita, ma con i fatti preferisce stare in panchina. E così, quando mancano poche settimane al deposito delle candidature, la costruzione degli alibi ha inizio.
“I paletti del Pd sono inaccettabili” o ancora “Il Pd è troppo a sinistra”. Peccato che anche la proposta della destra, arrivata a fine gennaio con la visita in Valle d’Aosta del presidente del Parlamento europeo e vice presidente di Forza Italia Antonio Tajani, non andasse bene. E anche la strada di andare da soli era già stata esclusa da tempo.

Se le europee dovevano essere, come aveva auspicato il segretario della Stella Alpina Carlo Marzi, intervenendo nell’ottobre scorso al Congresso dell’Uv, il palcoscenico per la re-union delle forze autonomiste, si può dire che “il meglio deve ancora arrivare”.

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