“È un impegno civile”: parola di medico che verrà vaccinato contro il Covid
“È un impegno civile, quasi”. Non usa mezzi termini la dottoressa Monica Meucci, medico rianimatore al “Parini” che sarà vaccinata per prima contro il nuovo Coronavirus in Valle d’Aosta in occasione del “Vaccine Day” europeo del prossimo 27 dicembre (assieme ad altri 20 colleghi tra medici, inferimieri ed Oss), per spiegare i motivi che l’hanno condotta a scegliere convintamente di ricevere il farmaco in grado di segnare una svolta nella pandemia abbattutasi sul mondo dalla fine del 2019.
“Le motivazioni sono tante, – spiega Meucci, a cui è giunta la conferma della somministrazione la settimana scorsa, dopo la disponibilità data in passato – a partire dal salvaguardare me e chi mi sta vicino, come mia madre e mio figlio. Il vaccino è uno dei modi per contenere la diffusione del virus e sono convinta che quando qualcuno vive in una società non deve pensare solo a sé stesso, ma anche agli altri. Altrimenti, tanto vale andare a fare l’eremita da qualche parte…”.
I numeri delle adesioni alla campagna vaccinale (che dopo la somministrazione, di carattere sostanzialmente simbolico, di questo mese, riprenderanno su più vasta scala da metà gennaio 2021) però, non sembrano indicare un granitico radicamento di questa convinzione. “Timori ce ne sono. – sottolinea la dottoressa – È forse un po’ presto perché scompaiano. Mio figlio stesso, che ha 10 anni, mi ha chiesto se non sarebbe meglio aspettare ancora un po’ a farlo. E se ne ha lui, dall’approccio estremamente pratico alla vita, si possono capire quelli di altri, per quanto ‘no vax’ e negazionisti esistano. Penso che serva ancora informazione”.
Le non banali modalità di preparazione delle vaccinazioni hanno fatto registrare, nelle ultime ore, anche possibili criticità sull’iter di somministrazione del farmaco sviluppato dalla Pfizer (la procedura di scongelamento, dopo la conservazione nei freezer arrivati in queste ore al presidio ospedaliero del capoluogo deve essere seguita da manipolazioni e diluizioni delle fiale, ndr). Questo aspetto, però, non è tra quelli che, secondo la dottoressa, si ripercuoteranno negativamente sullo sviluppo della campagna. “Non è l’unico farmaco con preparazione complessa”, osserva.
La variabile cruciale per la riuscita dell’intera operazione è (e resta) il livello di adesione alla campagna vaccinale . “Adesso siamo agli albori – aggiunge Meucci, che è anche stata coordinatore regionale per la donazione di organi e tessuti – Spero che (la somministrazione del 27, ndr.) possa servire da esempio ed auspico un’alta adesione. Non sono una virologa, né un’infettivologa, ma un rianimatore e ho visto gli effetti devastanti che questa malattia può avere, non solo sui pazienti a livello fisico, ma anche sulle loro famiglie. Per questo spero che si raggiunga un’elevata adesione”. Una speranza, non è difficile immaginarlo, condivisa anche da tante persone che non indossano un camice e che da quasi dodici mesi vivono un incubo collettivo.