Egomnia, la Dda: le regionali 2018 condizionate dalla ‘ndrangheta, ma niente prova dello scambio

02 Novembre 2022

“Che sostegno elettorale, promesso, accettato ed effettivamente assicurato” dalla “locale” di ‘ndrangheta di Aosta, “vi sia stato anche in occasione delle elezioni del 2018”, per il rinnovo del Consiglio Valle, “appare obiettivamente riscontrato dagli esiti dell’indagine”. Lo scrive la Dda di Torino nella richiesta di archiviazione dell’inchiesta “Egomnia”, chiusa nel marzo 2021 e che vedeva tra gli otto indagati i politici valdostani Luca Bianchi, Stefano Borrello, Antonio Fosson, Renzo Testolin e Laurent Viérin, tutti in lista (ed eletti) nella tornata di quattro anni fa.

Tale valutazione, però, è insufficiente “ai fini della dimostrazione della sussistenza dell’ipotesi di reato” di scambio elettorale politico-mafioso, mossa a tutti i coinvolti nell’indagine: voti contro utilità da riconoscere una volta eletti. Occorre dimostrare infatti – continua il ragionamento della Procura distrettuale – “che chi di quel sostegno abbia fruito fosse a conoscenza del ruolo e della veste di chi lo prometteva”, leggi “ovvero, dell’appartenenza del promittente all’organizzazione criminale” calabrese.

Di ciò, agli occhi della Dda di Torino (il fascicolo era affidato al pm Valerio Longi), “vi è una considerevole prova logica, rappresentata dall’assoluta sproporzione tra il ‘peso elettorale’ riconosciuto dai candidati a soggetti non qualificati né politicamente, né professionalmente, né socialmente, ma ai quali pure il candidato di turno dimostra di riconoscere una capacità di convogliare voti”. Ciò, però, non basta ancora a suffragare la fondatezza dell’ipotesi di reato formulata, annota ancora l’ufficio inquirente.

Occorre, infatti, che “il sostegno elettorale abbia una controprestazione, pattuita, in termini di denaro, di utilità, o anche solo di disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione” criminale. E’ ovvio che, in casi del genere, “ben difficilmente si troverà la formalizzazione scritta dell’accordo”. Piuttosto, “le utilità procurate, individuate successivamente alla competizione elettorale, e normalmente in costanza di carica, costituiscono il tipico esempio di indice sintomatico dell’esistenza dell’accordo”.

Ed è su questo elemento che, a giudizio del titolare del fascicolo (avviato assieme al pm Stefano Castellani), “Egomnia” non avrebbe retto in sede di giudizio. Perché carente della “prova logica dell’esistenza” dell’intesa tra la “locale” e gli indagati, “non essendo evidentemente sufficiente la prova del sostegno elettorale da parte di persone appartenenti alla ‘ndrangheta decise ad orientare il consenso elettorale, forti della propria riconosciuta appartenenza”.

La richiesta di archiviazione, accolta dal Gip del Tribunale di Torino con l’archiviazione del fascicolo (senza nemmeno convocare udienza), lascia anche intravedere la ragione cui la Procura distrettuale riconduce la mancata individuazione della “contropartita”. Il 23 gennaio 2019, quindi pochi mesi dopo le elezioni regionali, scattano gli arresti di “Geenna”, l’inchiesta sull’esistenza di una “locale” di ‘ndrangheta ad Aosta, da cui “Egomnia” è nata, divenendo procedimento separato.

Ebbene, l’esecuzione delle misure cautelari per chi era indiziato di far parte della cellula ‘ndranghetista aostana ha impedito a costoro “di perpetuare quei contatti ampiamente emersi nel corso delle indagini svolte” dai Carabinieri del Reparto operativo in “Egomnia”. “Non vi era stato, dunque, – conclude il pm Longi –  materialmente il tempo” dopo il voto “perché si manifestassero e potessero essere apprezzati quei comportamenti sintomatici, in termini di utilità procurate o di disponibilità manifestata, di un accordo preesistente alla competizione elettorale, con i candidati sostenuti ed eletti, così assurti a cariche elettive in seno alla Regione Valle d’Aosta”. L’accusa, indimostrabile, è così caduta per tutti.

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