Vallée Santé scettico sul Piano regionale per la salute: “Belle parole, pochi fatti”

18 Novembre 2021

Qualche punto di contatto, alcuni temi interessanti sul tavolo, ma anche tante – forse troppe – incognite. Soprattutto, un “compitino” ben fatto di cui si aspetta l’applicazione concreta.

Il Comitato Vallée Santé – che all’ampliamento e restauro del “Parini” opponeva la costruzione di un ospedale ex novo fuori città – ha analizzato il Piano regionale per la salute e il benessere sociale, fresco di presentazione, sollevando non poche perplessità.

“Ci sono punti di contatto con il nostro progetto Salute 2030 – ha spiegato Enzo Blessent -, anche loro ora guardano molto più al territorio. Ma negli ultimi 10/15 anni ci sono stati diversi tagli a livello nazionale, ma noi non abbiamo fatto nulla per gestire in modo diverso”.

Blessent parte dei numeri: “In Italia, negli ultimi 15 anni i posti letto sono tagliati dell’1% mentre qui del 7%, perdendone 45. Pensate a quanto potevano essere utili durante fase pandemica. In Valle i medici sono scesi del 12% e in Italia dell’1,5. Abbiamo perso circa 54 medici negli scorsi 15 anni oltre a quelli che stanno andando via adesso”.

Non cambia per gli infermieri: “A livello italiano il taglio è dell’1,7%, in Valle del 3, perdendo circa 30 infermieri. Inserito in questa logica Piano sanitario locale dovrebbe essere uno spunto per non scaricare sempre le responsabilità sul nazionale”.

Categoria, quella degli infermieri, sulla quale si sofferma Nives Paroli, caposala in pensione e in Usl per 40 anni: “Il Piano regionale è interessante. Si dice che le Case di comunità, le ex Case della salute che non abbiamo mai avuto, possono essere coordinate da un responsabile che può essere un medico o un’infermiera. Bene anche che la legge nazionale preveda siano 8 ogni 50mila abitanti e che il Piano ne preveda 25. Non è però chiara come avverrà la formazione di queste persone. Mi sono chiesta come si penserà di informare tutto il personale che lavora riguardo questa nuova organizzazione”.

Dal “Parini” parte invece Massimo Pitassi: “L’ospedale – spiega – dovrebbe essere il punto di arrivo finale del progetto. Una volta approvato il Piano non sappiamo se i 511 posti letto, alcuni dei quali in convezione con il privato, saranno davvero necessari. Ribadiamo la nostra posizione contraria sulle ristrutturazioni e gli ampliamenti che creeranno molti disagi, troppi investimenti e troppi anni di lavori complessivi. In cinque anni e con una spesa notevolmente inferiore potremmo avere un ospedale nuovochiavi in mano’”.

Francesco Lucat punta invece sul ruolo fondamentale del “pubblico”: “Il totale delle Case che debbono fare assistenza è di 45 unità con 1143 posti. Nonostante ci siano 15 istituti privati e 30 pubblici, la percentuale dei posti letto privati è del 45,61%, frutto di una cattiva distribuzione sul territorio. Ci si affida sempre di più ai privati per i servizi pubblici. Per noi non va bene, le cose devono cambiare totalmente”.

Fortemente critica la posizione di Patrizia Pradelli: “Sul Piano si usano tante belle parole, ma i fatti sono pochi, non vediamo elementi concreti, non c’è un’architettura chiara -spiega -. Tante frasi fatte che si possono trovare su internet, sui Piani di altre regioni. Sul welfare si richiamano provvedimenti più o meno vecchi, senza dire come applicarli, con quali mezzi, con quale personale. E senza organizzazione si parla di solo di contenitori vuoti”.

Paolo Pierini, ex primario, concede qualche apertura: “Il Piano sembra abbastanza ben fatto, con molte cose condivisibili per quanto riguarda il territorio e  sul fatto che al centro di tutto debba esserci il paziente”.

Con dei “però” che si concentrano invece sul discorso – annoso – dell’attrattività della sanità valdostana. Ma non solo: “Non ci sono dei tempi in questo Piano. La mia paura è che questa riorganizzazione la vedranno i nostri nipoti. Non vedo un progetto intermedio, a breve termine. Non vedo il problema del personale. Facciamo le strutture ma manca il personale e manca dappertutto, non solo in Valle. Ed il personale viene se guadagna quanto dalle altri parti, mentre in certe specialità, per tanti motivi, non c’è possibilità di fare neanche un’attività intramoenia come in altre realtà”.

Poi, ci sono i problemi del “qui e ora”, e tocca nuovamente a Blessent metterli sul tavolo: “L’Assessore ha fatto una battaglia per ottenere fondi maggiori in Bilancio ma ha dovuto accettare quanto gli è stato dato. C’è una chiara sottostima. Viviamo però un aumento delle liste d’attesa, una scarsa attenzione che permane sul territorio e molte criticità legate alla gestione della pandemia che continuiamo a non risolvere. Ed il Pnrr era l’occasione per battere i pugni sul tavolo e chiedere di più, anche per le strutture sul territorio”.

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