Anche per il Gip la colata della val Ferret era imprevedibile, procedimento archiviato
Il procedimento penale sulla colata detritica del 6 agosto 2018 in Val Ferret, che aveva fatto due vittime e diversi feriti, viene archiviato. Lo ha disposto il Gip del Tribunale di Aosta, Giuseppe Colazingari, con un’ordinanza di ieri, giovedì 22 aprile. A finire indagato era stato l’allora sindaco di Courmayeur Stefano Miserocchi, per le ipotesi di disastro colposo (in relazione ai reati di frana e attentato alla sicurezza dei trasporti), di omicidio colposo e lesioni personali colpose. Alla conclusione di non esercitare l’azione penale nei suoi confronti era giunta la stessa Procura di Aosta, ma alla richiesta di archiviazione si erano opposti, tramite i loro legali, i figli di Vincenzo Mattioli (71 anni) e Barbara Gulizia (69), entrambi di Milano e rimasti uccisi quella sera.
Lo scorso 25 novembre, l’istanza di Emanuela e Simone Mattioli è stata discussa in Tribunale. Le vittime viaggiavano su una vettura investita dal “debris flow” che, in quel tardo pomeriggio d’estate, si era originato “dai torrenti Margueraz e Pont”, finendo sulla “strada comunale che attraversa la valle”. La determinazione conclusiva della Procura era che la perizia svolta durante le indagini con incidente probatorio avesse “definitivamente esteriorizzato non solo l’orginie pacificamente naturale dell’evento”, ma anche l’impossibilità di prevederlo ed una magnitudo “eccezionale”, tale da condurre a escludere responsabilità penali di terzi.
Anche per il Gip – si legge nell’ordinanza di archiviazione – il “tema nodale” della vicenda restava “nello stabilire se l’evento fosse o meno croncretamente ipotizzabile, se cioè fosse o meno ragionevolmente prevedibile che la Val Ferret venisse interessata da imponenti movimenti detitrici in occasione di intense precipitazioni” e, ancora, “se fosse possibile prefigurarsi, con tratti di adeguata concretezza, l’effetto distruttivo che da queste ultime sarebbe promanato per le persone e per le cose lì presenti”. Da lì, il giudice, richiamata anche della giurisprudenza di Cassazione su un caso similare, sviluppa il ragionamento che lo porta a concludere in modo sovrapponibile agli inquirenti.
A causare il fenomeno atmosferico, secondo quanto appurato, erano state appunto le forti precipitazioni del giorno dei fatti, oltretutto in un lasso temporale estremamente breve. Il fatto che il rischio di piogge fosse indicato nei bollettini meteo era uno degli elementi su cui i familiari delle vittime hanno puntato, ma agli occhi del Gip “la circostanza che si vertesse in una situazione di ordinaria criticità con la possibilità di temporali in zona non previamente identificabile ed in assenza di forzanti meteo e da preesistenti condizioni di imbibimento del suolo rendeva l’evento non prevedibile”.
Neppure, per il giudice, appare rilevante un altro argomento di opposizione, rappresentato dal fatto che la zona, in passato, fosse stata interessata da fenomeni similari, posto che “come accertato dal perito” del Tribunale “essi si sono verificati diverso tempo addietro”. “Ci sono state – scrive il gip Colazingari – due colate detritiche che hanno interessato i torrenti Margueraz e Pont negli anni 1986 e 1987 ed un’ulteriore colata che ha però interessato il solo torrente Pont verificatasi nel 1997”, cioè tra 21 e 32 anni prima dei fatti. Oltretutto, sempre la perizia geologica restituisce “che l’evento ha avuto una magnitudo mai documentata storicamente” e che le cause della colata detritica di tre anni fa “comprendono almeno due anomalie nei fattori innescanti”.
Nel complesso, “a fronte di tali risultanze il solo fatto che la zona in esame sia classificata ad elevato rischio (altro tema di resistenza all’ipotesi di archiviazione, ndr.) non è sufficiente a ritenere la prevedibilità dell’evento, per cui l’accusa non potrebbe essere sostenuta in dibattimento con ragionevoli possibilità di successo”. Alla luce dell’archiviazione del procedimento, il difensore di Miserocchi, l’avvocato Corrado Bellora di Aosta, esprime la “più ampia soddisfazione per il pieno proscioglimento del mio assistito, che riconosce la piena correttezza del suo operato e accoglie le tesi difensive da me sostenute sin dall’inizio dell’indagine”.