Legge per la riapertura, la Lega esulta. Per Adu è “inutile e pericolosa”
Due visioni opposte e inconciliabili. Il giorno prima l’entrata in vigore della legge – pubblicata questa mattina sul bollettino ufficiale – che consente alla Valle d’Aosta di adattare le misure nazionali di contrasto al Coronavirus alla realtà locale, il provvedimento continua a dividere.
Dopo aver rischiato di spaccare la maggioranza in Consiglio Valle – cosa effettivamente avvenuta, vista l’approvazione con il supporto della Lega e l’astensione del Progetto civico progressista – la legge fa emergere posizioni diametralmente opposte.
Da un lato la Lega Vallé d’Aoste, che quel provvedimento aveva depositato a fine ottobre, trovando la condivisione – sebbene emendato – prima in Commissione e poi in aula esulta ed “esprime soddisfazione per l’avvenuta pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Valle d’Aosta della legge ‘Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione Autonoma Valle d’Aosta in relazione allo stato di emergenza’”.
“Con questa legge – prosegue il Carroccio –, a partire dal giorno della sua entrata in vigore, ovvero domani, le attività commerciali al dettaglio, i servizi alla persona, i servizi di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande, attività artistiche, culturali compresi musei, biblioteche e centri giovanili, strutture ricettive e le attività turistiche, impianti a fune ad uso turistico o ricreativo, attività produttive e industriali, artigianali e commerciali ubicate ed esercitate sull’intero territorio regionale potranno svolgere regolare attività”.
Un’apertura che – dice sempre la Lega – “non richiede infatti delibere attuative o ordinanze regionali, in quanto la legge è già di per sé automaticamente vigente dal giorno successivo alla sua pubblicazione. L’unica prescrizione che tali attività dovranno rispettare, per garantire una apertura in sicurezza, saranno quelle previste all’articolo 2 comma 10, ovvero la possibilità di garantire il distanziamento, l’ingresso scaglionato ed il rispetto dei protocolli di sicurezza vigenti”.
“Grazie a questa legge – chiude la nota – la Valle d’Aosta riprende la propria centralità, riparte e torna a vivere e lavorare, e riafferma ancora una volta il valore indiscutibile della nostra Autonomia”.
Adu: “Una legge inutile e pericolosa”
L’altro lato della medaglia è Adu VdA, che in un comunicato praticamente contemporaneo a quello leghista spiega che “nella giornata della pubblicazione della cosiddetta legge regionale anti DPCM” ribadisce che “la valutazione del provvedimento non può che essere negativa”.
“Sul piano della tecnica legislativa, si tratta di un testo oggettivamente confuso – prosegue la nota –, con diversi errori evidenti, alcuni ricopiati direttamente dalla legge Altoatesina, rispetto alla quale, però, sono state stralciate parti fondamentali. Tenuto conto delle disponibilità finanziarie della Regione Autonoma, dei buoni rapporti che la stessa intrattiene con diversi giuristi di chiara fama, del fatto che si tratta di una copiatura di una legge precedente, già esaminata dalla dottrina, e della probabile reazione dello Stato centrale, ci si sarebbe aspettato uno sforzo intellettuale maggiore nella redazione del provvedimento”.
Il problema, per Adu, è però un altro: “Sul piano dei contenuti, la norma risulta avere una scarsa utilità, salvo esporre la Regione, e i suoi amministratori, a responsabilità significative sul piano penale, civile e contabile, in caso di una recrudescenza dei contagi per l’elusione della normativa statuale. Da notare, in proposito, che la scelta dello strumento legislativo, rispetto a quello forse più consono dell’ordinanza, ha come conseguenza una responsabilità in solido dei consiglieri votanti, anziché del singolo Presidente”.
“Sicuramente – chiude Adu –, è uno degli episodi più importanti del conflitto che da secoli oppone potere centrale e potere locale valdostano e ha avuto, almeno sul breve periodo, una ricaduta positiva, per l’attore periferico, sul piano dell’immaginario identitario. La scelta di privilegiare il profitto, anziché la salute pubblica segna però una cesura importante rispetto ad una tradizione autonomista che, almeno in teoria, ha come scopo dichiarato una maggiore efficacia rispetto alla tutela dei diritti tra cui, primo fra tutti, il diritto alla salute e alla vita, dei membri della comunità valdostana”.