Nuovo Dpcm, la protesta silenziosa delle scuole di danza e delle palestre scende in piazza
Ieri gli esercenti, nel silenzio di piazza Chanoux, oggi le scuole di danza e le palestre. Un piccolo “esercito” silenzioso, anch’esso a raccolta per dire “no” ad un Dpcm che ha chiuso le loro porte e le loro attività. Tutù colorati, immobili sui sampietrini, e cartelli in mano: #Vivodidanza, #Vivodisport, accompagnati solo dalla musica. Di fronte a loro delle scarpette da ballo, chiuse in una gabbia.
“L’ultimo Dpcm ci ha imposto la chiusura – ha spiegato al microfono Katia Guidi, in rappresentanza del gruppo spontaneo VDAnza –, nonostante abbiamo rispettato tutte le misure di sicurezza, perché per noi è fondamentale il benessere. Una chiusura forzata e senza preavviso, un’altra frustrazione. Già durante il primo lockdown non abbiamo ricevuto un euro, e abbiamo canoni e spese da pagare, insegnanti che restano a casa come succede al mondo dello spettacolo, al teatro, ai cinema, ai fonici, alla musica. E questo vuol dire che in Italia la cultura è morta”.
Una ferita ancora aperta, la chiusura forzata in primavera, che riecheggia anche nelle parole di Andrea Vuillermoz, personal trainer e titolare della palestra Bien-Être en Mouvement di Aosta: “Durante il primo lockdown abbiamo avuto 75 giorni di chiusura senza aiuti. Abbiamo ricominciato a luglio, e in tutti i controlli ci hanno che non potevamo fare di più. Abbiamo speso migliaia di euro in prodotti per sanificare, per la sicurezza. Fare sport aiuta la salute, non lo si può togliere dalla mattina alla sera perché significa togliere la salute”.
Una protesta silenziosa che non significa una resa: “Non siamo noi gli untori – aggiunge Guidi –. Perché il Governo non ha pensato di mettere delle restrizioni sugli autobus, sui pullman, sulle metropolitane? Non c’è un senso logico. Ci siamo seduti qui per portare ai vostri occhi le nostre lacrime sperando di tornare presto a vedere, dietro le mascherine, i sorrisi dei nostri ragazzi”.