Operazione Geenna, dalle indagini al procedimento: al via l’udienza preliminare
Dopo il clamore degli arresti dei Carabinieri del Reparto Operativo (lo scorso 23 gennaio), le migliaia di pagine di materiale probatorio raccolte dalla Dda di Torino nelle indagini chiuse in agosto e la richiesta di rinvio a giudizio, alle 10 di domani, giovedì 12 dicembre, si alzerà il sipario, con l’inizio dell’udienza preliminare, sul procedimento penale scaturito dall’“Operazione Geenna”, la prima in cui gli inquirenti siano giunti a sostenere l’esistenza di una “locale” di ‘ndrangheta attiva ad Aosta.
Il passaggio è sostanzialmente procedurale e domani, in particolare, il Gup del Tribunale raccoglierà, per poi decidere sulla loro ammissione, le richieste di costituzione di parte civile. Sono annunciate, sin dagli scorsi giorni, quelle dei comuni di Saint-Pierre ed Aosta (in cui erano eletti tre degli arrestati), della Regione (in qualità di “ente esponenziale” della comunità valdostana, danneggiata nell’immagine dalle condotte oggetto dell’inchiesta) e dell’associazione Libera (che ritiene la costituzione un’“azione di civiltà fondamentale per riprendersi la dignità violata”).
I difensori dei diciannove imputati (erano venti, ma uno è morto per malattia in carcere, in ottobre), relativi a due filoni investigativi (alle infiltrazioni di ‘ndrangheta in Valle si è affiancata l’attività del Ros su un traffico internazionale di stupefacenti che passava per il Piemonte) avranno quindi spazio per eventuali eccezioni preliminari. L’ultimo tema dell’udienza sarà poi la scelta di eventuali riti alternativi (come l’abbreviato, o il patteggiamento). Per questo passo, tuttavia, ogni imputato ha a disposizione fino alla fine della fase preliminare: da qui al 22 gennaio sono state calendarizzate altre otto udienze.
Secondo gli inquirenti, ad aver promosso, fatto parte e gestito la “locale” aostana sono stati, con ruoli diversi, Marco Fabrizio Di Donato (50 anni), Roberto Alex Di Donato (42), Alessandro Giachino (40), Francesco Mammoliti (48), Bruno Nirta (61), Nicola Prettico (39) ed Antonio Raso (51). Sono tutti stati arrestati nel blitz di gennaio, che aveva portato alla luce l’inchiesta, ed ancora rinchiusi in vari carceri italiani. La contestazione mossa dai pm Valerio Longi e Stefano Castellani è, per ognuno, di associazione di stampo mafioso.
Del “concorso esterno” nel sodalizio (da cui avrebbero incassato “sostegno elettorale”, in cambio di “fedeltà” nell’esercizio del loro mandato) sono accusati, invece, due politici: il consigliere regionale (ora sospeso), già assessore alle Politiche sociali del Comune di Aosta, Marco Sorbara (51) e l’ex assessore con delega alla Programmazione, Finanze e Patrimonio di Saint-Pierre (nel frattempo dimessasi dall’incarico) Monica Carcea (44). Sono gli unici due arrestati per il filone “valdostano” delle indagini che, nel frattempo, hanno lasciato il carcere, ottenendo entrambi i “domiciliari”.
In relazione alla parte d’indagini sul “terreno d’incontro” tra la pubblica amministrazione e il crimine organizzato, Antonio Raso e Marco Fabrizio Di Donato sono imputati anche di tentato scambio politico-mafioso. Avrebbero promesso a Sorbara e Carcea di “procurare voti alle elezioni comunali” in cui si erano candidati nel 2015, in cambio della promessa di “ottenere informazioni coperte dal segreto d’ufficio o quantomeno riservate”, relative alle decisioni ed all’attività delle Giunte dei due enti locali.
C’è poi, nel filone valdostano, un’accusa di favoreggiamento, mossa a tre persone, a piede libero. Si tratta di Giacomo Albanini (58enne, di Novara), Roberto Bonarelli (64enne, Aosta) e Giancarlo Leone (56enne Torinese). Per gli inquirenti, avrebbero aiutato Raso “ad eludere le investigazioni” dei Carabinieri nei suoi confronti, riferendogli “che nei suoi confronti erano state attivate intercettazioni telefoniche” ed ambientali, nella pizzeria “La Rotonda”.
Completano l’orizzonte del procedimento alcune contestazioni legate ad episodi estorsivi e violenti. Marco Fabrizio Di Donato deve rispondere di estorsione, mentre Salvatore Filice (52), anch’egli in libertà, risulta imputato per concorso in tentata estorsione e violazione delle norme sulle armi. Quello che inizierà domani sarà il cammino destinato a portare ad un pronunciamento processuale sulla sussistenza, o meno, delle ipotesi degli inquirenti. Una meta attesa da molti imputati, ma anche dalla società di una Valle che, per la prima volta, ha dovuto fare i conti con una parola pronunciata dagli inquirenti a viso aperto: ‘ndrangheta.