Si è chiusa l’età augustea
La cosa più ovvia – anche perché è vera – è che si tratta della fine di un’epoca. Questo ha segnato, lo scorso 22 gennaio, la notizia delle dimissioni di Augusto Rollandin da consigliere regionale dovute a problemi di salute.
Così come segna la fine di cinquant’anni di politica valdostana nei quali Rollandin – presidente della Regione al 1984 al 1988, dal 1988 al 1990, dal 2008 al 2013 e dal 2013 al 2017 – è stato amato, odiato, temuto, rispettato. Ma soprattutto votato.
Sin dall’inizio, da quel 1975 quando solo ventiseienne è stato eletto sindaco di Brusson, suo paese natale. Incarico mantenuto fino alle Elezioni regionali del 25 luglio 1978, l’anno del suo primo ingresso in Consiglio regionale.
Qui, dopo che i veti incrociati nella prima settimana post-elettorale tra democristiani e comunisti fanno saltare il banco, il presidente della Giunta (riconfermato) Mario Andrione decide di puntare su un giovane veterinario di Brusson, affidandogli l’allora Assessorato alla Sanità ed assistenza sociale che guiderà fino a fine Legislatura, al 1983.
Il presidente
Nel mezzo – era il 1981 – Rollandin era assessore quando si definisce la legge sul riparto fiscale, che prevede che i nove decimi delle tasse partano per Roma e tornino tra le montagne. Ma la data chiave è il 4 gennaio 1984. Quarant’anni fa (più o meno) esatti.
Le Regionali del 21 luglio 1983 consacrano nuovamente Andrione al vertice della Regione e alla guida della quattordicesima Giunta, composta – poco più di un mese dopo le elezioni – da tre assessorati in quota Union Valdôtaine: Renato Faval all’Istruzione, Ettore Marcoz alla Sanità e assistenza sociale e Rollandin che si sposta all’Agricoltura e foreste.
Dietro l’angolo c’è però una “tempesta giudiziaria”. La Procura di Torino dispone la perquisizione al Casinò di Saint-Vincent da parte delle forze dell’ordine. Travolto dall’inchiesta e con un mandato di cattura pendente, Andrione lascia la Valle.
La crisi politica viene disinnescata direttamente in Consiglio, per volontà di tutte i partiti di maggioranza. Dopo la Commissione speciale sulla Casa da gioco, presieduta dall’allora consigliere democristiano Valerio Beneforti, Augusto Rollandin viene nominato per la prima volta presidente della Giunta. Un Esecutivo “a termine”, con sei mesi di orizzonte, nel quale mantiene ad interim l’Assessorato all’Agricoltura e foreste.
Nello storico del Consiglio Valle, si leggono le parole di un Rollandin presidente, riportate sulle colonne del Messager Valdôtain: “La caractéristique principale de notre action était l’incertitude liée à l’affaire du Casinò. Nous avons cherché à y remédier en ne fixant pas l’attention sur le scandale, en essayant de trouver des débouchés à l’impasse économique, aux exigences des jeunes en quête d’emploi. Nous nous sommes efforcés de travailler, mais dans un état psychologique où le calme ne trouvait pas de place; il a fallu du temps pour que nous puissons recommencer à raisonner les grands themes”.
Col senno di poi, un clinic di comunicazione rollandiniana: concreto, metodico, con spazi limitati alle valutazioni di contorno.
I sei mesi saranno effettivamente tali. La Giunta si dimette in blocco il 18 luglio 1984 e cambia. Se la prima era composta da Giuseppe Borbey (Turismo, urbanistica e beni culturali), Guido Chabod (Lavori pubblici), Renato Faval (Pubblica istruzione), Ettore Marcoz (Sanità e assistenza sociale), Maurizio Martin (Finanze), Angelo Pollicini (Industria, commercio, artigianato e trasporti); quella che chiuderà nell’1988 l’ottava Legislatura vedrà diverse conferme – Borbey (che si dimetterà nell’86), Faval e Martin agli stessi assessorati –, mentre si aggiungono una serie di new entries: Augusto Fosson (Lavori pubblici, che poi prenderà l’interim al Turismo), Joseph–César Perrin (Agricoltura, foreste ed ambiente naturale), Ugo Voyat (Sanità e assistenza sociale), Ilario Lanivi (Industria, commercio, artigianato e trasporti). La costante resta una: le président.
Nell’88, dopo le elezioni, poco cambia. Augusto Rollandin porta a casa 12.614 preferenze personali. Di fatto, quasi la metà dei voti dell’Union Valdôtaine, che sono complessivamente 26.960. Anzi, facendo di conto, quasi un valdostano su sei ha votato per lui.
La prima caduta, il “ribaltone” del ‘90 e le accuse del ‘92
Il 6 giugno 1990, mentre Rollandin è a Barcellona per sostenere la candidatura della Valle d’Aosta alle Olimpiadi invernali del 1998, il suo governo cade. L’accordo sottobanco serve per “far fuori” l’Union. È il “ribaltone”, bellezza – e Rollandin ne vivrà un altro, ma nel 2017 –, che porterà il Leone rampante in opposizione e al potere la Giunta guidata dal democristiano Gianni Bondaz.
Dopo neanche due anni l’“Imperatore” uscito dalla porta rientra dalla finestra. La vittoria alle Politiche dell’aprile 1992 conferma a Roma il ticket Dujany-Caveri (scelto da Rollandin stesso, poi votato dal Comité fédéral Uv), e l’Union al centro del villaggio (elettorale). Voto che si riflette in piazza Deffeyes: il “controribaltone” porterà alla presidenza Ilario Lanivi (dissociatosi dalla coalizione “ribaltonista” degli Autonomisti democratici progressisti) e Rollandin nuovamente in Giunta. A lui spetta l’Assessorato all’Agricoltura, forestazione e risorse naturali.
Incarico che manterrà per poco. Nel dicembre dello stesso anno si dimette per le accuse di abuso d’ufficio e turbativa d’asta che pendono su di lui.
I primi guai giudiziari
Accuse che lo disarcionano ma non lo fermano. Alle Elezioni del 1993, su 35 consiglieri 21 sono volti nuovi. Non quello di Rollandin, ancora campione regionale di preferenze con 5.573 voti, che rientra così in Consiglio Valle.
Resterà però fuori dalla Giunta guidata da Dino Viérin, ma sarà comunque costretto a dimettersi da consigliere nel dicembre 1994 dopo la sentenza definitiva della Cassazione. Il verdetto non è leggero: condanna definitiva a 16 mesi di reclusione con interdizione dai pubblici uffici e 2 milioni di lire di multa.
Condanna – e polemiche assortite nel suo stesso partito – che non lo fermano. Alle Regionali del 1998 si candida e svetta ancora tra le preferenze. Saranno 8.797. Eletto, la Corte d’Appello la vede diversamente e Rollandin decade immediatamente. Il ripiego è la presidenza dell’Union Valdôtaine nello stesso anno, in cui sconfiggerà l’avversario (ed ex presidente del Consiglio) François Stévénin per 290 voti a 208.
Da presidente a senatore
Alle Politiche del 13 maggio 2001 Rollandin prende il 49,31 per cento delle preferenze e diventa senatore. Ci riproverà nel 2006, fermandosi però al 31,98 per cento dei voti. A palazzo Madama andrà Carlo Perrin. Anche qui, la pausa dalla politica lo porta nel 2007, per un anno, alla presidenza di Cva.
Il più votato di sempre
Ottenuta la riabilitazione e cancellata l’interdizione dai pubblici uffici, le Elezioni regionali del 2008 sono quelle del ritorno in auge di Rollandin. E che ritorno. L’Union piazza – da sola – 17 eletti in Consiglio Valle, con 32.681 voti ed il 44,39 per cento. Di queste, da solo, l’“Imperatore” viene incoronato con 13,907 preferenze personali – il record dal 1949, peraltro suo anno di nascita – e soprattutto “affossa” il presidente della Regione uscente, tornato da Bruxelles, Luciano Caveri che ne fa segnare 2.782. Dietro Rollandin, il secondo più votato è Pino Isabellon. Le sue preferenze – per rendere l’idea – sono 5.161.
Il risultato è scontato: presidente della Giunta, questa volta per tutta la Legislatura.
Cinque anni dopo, nel 2013, dopo i voti calano, ma neanche molto (saranno alla fine 10.872), soprattutto tenuto conto di un “nuovo” avversario: l’agguerrita Union Valdôtaine Progressiste piena zeppa di “ex”. Fuoriusciti, per la gran parte, proprio per frizioni con il “metodo” decisionista rollandiniano e capitanati dal quasi deputato – per una manciata di voti – Laurent Viérin.
Rollandin torna presidente per l’ultima volta, e da qui partirà una storia recente già raccontata molte volte: il fragilissimo 18 a 17, i “franchi tiratori”, gli allargamenti di maggioranza (al Pd prima e alla stessa Uvp poi) fino ad un nuovo “ribaltone” che porta al secondo piano di piazza Deffeyes Pierluigi Marquis, allora in Stella Alpina.
A partire dal 2015, in Valle va in scena la “guerra dei trail” con la Regione, in un angolo del ring, e VdA Trailers nell’altro. La battaglia, aspra, sul marchio del Tor des Géants si è presto trasformata – nel 2016 – in concorrenza spietata con la nascita del primo – e unico – 4K Endurance Trail, la gara organizzata dall’Amministrazione con il percorso opposto rispetto a quello del Tor. Lotta dura arrivata, dopo la querelle sul marchio, direttamente in tribunale. Con la decisione di farle entrambe.
E, per gli inquirenti – ne parleremo tra poco – anche il “contro Tor”, ma soprattutto le sue forniture, fa parte del “patto corruttivo” che vede Rollandin al centro di un’indagine che coinvolge l’imprenditore Gerardo Cuomo ed il già manager di Finaosta Gabriele Accornero, le cui condanne – si è dovuti arrivare però al novembre 2023 – sono state annullate in Cassazione.
L’ultimo atto
Alle Regionali 2018 Rollandin ci riprova e in fondo ci riesce: è di nuovo il più votato, nonostante – con 3.417 voti – abbia perso 7.455 preferenze personali rispetto a cinque prima. L’Union, però, finisce all’opposizione. La presidenza della Regione va a Nicoletta Spelgatti.
Poco prima che il Consiglio venga sciolto anticipatamente nel 2020 – per la prima volta nella storia – l’“Imperatore” deve abdicare. A fine marzo 2019 arriva una condanna in primo grado a quattro anni e sei mesi per corruzione. Verrà prosciolto nel settembre 2021. In automatico, a maggio, scatta però la sospensione dal Consiglio per via della Legge “Severino”.
Unionista da sempre, la sua lunga storia nel Mouvement finisce. Non è però l’addio alla scena politica. Nell’agosto 2020 fonda Pour l’Autonomie e si ricandida per il Consiglio Valle. Primo degli eletti del suo nuovo movimento – come quasi sempre – con 1.025 preferenze, deve ancora scontare una parte della sospensione.
Al suo posto entra il primo escluso, Gian Carlo Stevenin, che resterà consigliere solo dal 20 ottobre al 6 novembre 2020. Il 18 novembre Rollandin rientra in aula. La salute gliela farà lasciare il 22 gennaio 2023.
Nel mezzo, il tempo di un’altra “zampata”. La candidatura – era l’agosto 2022 – alle Elezioni politiche, in corsa per il Senato della Repubblica. Rollandin finirà al terzo posto, dietro l’eletta Spelgatti e a Patrik Vesan. L’Union non la prende benissimo. Anzi, parla esplicitamente di uno “sgambetto” fatto dell’ex.
La politica non è una scienza esatta, e men che meno matematica. Ma tra la candidata leghista e quello degli autonomisti “ballano” 227 voti. 18.509 lei, 18.282 lui. Rollandin ne ha presi 7.272. Poco o tanto, qualcosa ha eroso. Questo prima che Pour l’Autonomie entrasse in maggioranza, sostenendo il governo Testolin con, in Giunta, Marco Carrel.
L’uomo solo al comando
Oltre una certa mitologia – chi non ricorda la luce accesa fino a tarda notte nell’Ufficio di presidenza, a palazzo regionale, con l’idea (vera o finta) che il président fosse al lavoro ventiquattr’ore al giorno? – la figura dell’Augusto Rollandin politico è stata divisiva. E tante frantumazioni all’interno dell’Union Valdôtaine sono – e sono state – imputate alla sua presenza. O, come si è detto spesso, al suo “decisionismo”. Che questo sia vero, verosimile, o che in qualche misura abbia fatto comodo, è andata così.
Rollandin non mai ha creato un erede politico. Lo si dice spesso, così come si dice che non ne abbia mai voluti creare. È probabilmente vero. Un altro conto è e sarà la sua eredità politica. Ancora tutta da capire, sebbene la politica contemporanea corra. E lo fa, spesso, senza radici, senza tempo, senza pazienza. Senza, quasi mai, imparare.
Ora però – un ragionamento simile era stato fatto in occasione della sua sospensione per effetto della “Severino” –, mancherà anche la scusa per le innumerevoli divisioni nel mondo autonomista. Che sta cercando, non senza difficoltà, di riunirsi. E Rollandin, peraltro, si era già chiamato fuori.
Ed oggi, mentre la maggioranza in Consiglio Valle si destabilizza da sola per l’elezione dei membri del Corecom e riscopre i “franchi tiratori”, ci si volta e in aula il “nemico” di tanti non c’è più. Ma, del resto, “la cosa peggiore per i potenti è che non possono fidarsi degli amici”.