Nove presidenti della Regione in dieci anni. Otto negli ultimi sei: la mappa dell’instabilità in Consiglio Valle
I nostalgici del Totocalcio sognavano di fare “13”. Noi valdostani, per il momento, ci fermiamo al numero nove. Nove come i presidenti di Regione negli ultimi dieci anni, ovvero dal 2013 ad oggi, contando l’insediamento – fresco fresco – di Renzo Testolin e l’interregno, appena conclusosi, di Luigi Bertschy.
Dopo le dimissioni di Erik Lavevaz sul finire di gennaio, il conto degli inquilini al secondo piano di piazza Deffeyes, nelle ultime tre Legislature – una delle quali men che dimezzata – sale ancora. Il dato è inquietante, sì, ma addirittura peggiore di quanto possa apparire. Dal momento che – a far di conto – i capi dell’Esecutivo, dopo il primo “cambio al vertice” del 2017, sono stati otto in sei anni. Ad oggi.
Nella raffica di presidenti della Giunta, infatti, il più longevo resta Augusto Rollandin, l’unico a governare con continuità dal 2013 al 2015 prima – con un 18 a 17 diventato negli anni a seguire una consuetudine – e poi, con l’allargamento in sequenza a Pd e Uvp, fino al marzo del 2017. L’anno del “ribaltone”.
A seguire c’è proprio Lavévaz, entrato in carica il 21 ottobre 2020, dopo le regionali, che ha tenuto la poltrona – non propriamente salda, anzi – fino ad oggi, ovvero per due anni e tre mesi.
Poco più di un anno quasi esatto – dal 10 dicembre 2018 al 16 dicembre 2019 – è durata invece la presidenza di Antonio Fosson. Tra i più duraturi anche il suo successore diretto Renzo Testolin, diventato presidente dopo le dimissioni di Fosson stesso a causa del suo coinvolgimento nell’inchiesta Egomnia, ora archiviata. Per lui – complice anche lo slittamento delle elezioni causa Covid-19 – dieci mesi netti di presidenza, fino proprio al 21 ottobre 2020.
Poco più di otto mesi è invece durata la guida di Laurent Viérin, “controribaltonista” del governo Marquis e che ha “traghettato” la Regione dall’ottobre 2017 alle elezioni del 20 maggio 2018, restando in carica fino al 27 giugno.
Attorno alla presidenza dell’ex Uvp – subito e prima e subito dopo – chiudono la classifica i due governi più brevi di questo travagliato decennio. Da un lato i sette mesi, dal 10 marzo all’11 ottobre 2017, di Pierluigi Marquis, con il famoso “ribaltone” che rovesciò il governo Rollandin. Dall’altro i quasi sei mesi di presidenza di Nicoletta Spelgatti e dell’Amministrazione – come si diceva all’epoca – “a trazione leghista”, in carica dal 27 giugno al 10 dicembre 2018. Chiude il conto Luigi Bertschy, “reggente” solamente per 37 giorni, ovvero dalle dimissioni di Lavevaz del 24 gennaio scorso e proprio fino all’elezione di Testolin del 2 marzo.
Il punto a novembre 2022: “Ribaltoni”, inchieste, sospensioni il “valzer” di presidenti e consiglieri regionali
Chiusa con l’archiviazione l’inchiesta Egomnia in Consiglio Valle si era aperto un ennesimo scenario altro. Quello di un nuovo governo regionale guidato da Renzo Testolin – già presidente della Giunta fino alle elezioni del 2020 – e coinvolto anch’egli, all’epoca, dalle indagini.
Un nuovo governo regionale (rimasto poi fuori dall’aula) che rappresenta anche un unicum nella storia politica valdostana – che faceva il paio con la fine della passata Legislatura, la prima a chiudere anzitempo –: le dimissioni di un presidente della Regione. Dimissioni non dovute a “ribaltoni” assortiti, né a cambi di maggioranza o di equilibri politici.
Il che portava dritto all’altro unicum tutto valdostano. Dalle elezioni del 2013 i presidenti di Regione sono stati sette in nove anni: Augusto Rollandin, Pierluigi Marquis, Laurent Viérin, Nicoletta Spelgatti, Antonio Fosson, Renzo Testolin, Erik Lavévaz. Tutti o quasi segnati anche da dieci anni di equilibrio precario. Dieci anni di Consigli regionali con una maggioranza, risicata, a 18.
Se l’instabilità politica – il 18 a 17 resiste tutt’oggi –, è un dato ormai oggettivo, il valzer dei consiglieri regionali è stato figlio delle inchieste giudiziarie. Un effetto domino che – negli anni – ha cambiato molto la geografia del Consiglio Valle tra dimissioni, sospensioni (effetto della Legge 190 del novembre 2012, la cosiddetta “Severino”) e – di conseguenza – l’ingresso dei supplenti.
2017/18, i fondi dei gruppi consiliari e l’affaire Casinò
Dopo quattro anni complessi, con protagonisti assoluti dell’aula i “franchi tiratori”, spesso anonimi, il 14 febbraio 2017 la Corte d’appello di Torino condanna, tra molti ex, i consiglieri in carica Albert Chatrian e Patrizia Morelli (allora in Alpe), Marco Viérin (Stella alpina), Leonardo La Torre (Uv, ma i fatti contestati risalgono ai tempi in Fédération autonomiste), Raimondo Donzel e Carmela Fontana (allora entrambi nel Pd). La questione riguardava l’utilizzo dei fondi destinati ai gruppi consiliari tra il 2008 ed il 2013. Dopo l’intervento della Corte di cassazione, sul finire del marzo 2018, il processo torna a Torino – siamo a febbraio 2020 – rideterminando le pene inflitte.
Gli ultimi quattro consiglieri, per effetto della “Severino”, sono costretti a lasciare l’aula. Al loro posto – qui siamo nel marzo 2017 – i primi esclusi, rispettivamente: Paolo Contoz, Carlo Norbiato, Orfeo Cout – che resterà consigliere per soli due giorni, prima della prematura scomparsa – sostituito poi da Paolo Crétier e Andrea Padovani.
Nel novembre dello stesso anno, Ego Perron – all’epoca assessore regionale alle Finanze –, viene condannato a tre anni di carcere per via dell’indagine Bccv. A seguito, rassegna immediatamente le dimissioni dalla carica, mentre poco meno di un mese dopo arriverà il decreto di sospensione per via della “Severino”. Il processo vedrà, in Cassazione, l’assoluzione di Perron che allora, per l’applicazione della legge, verrà sostituito da Davide Perrin.
Nel frattempo, scoppia anche la “grana Casinò”, con la Corte dei conti – in sentenza d’appello – a condannare a 18 politici valdostani (in carica ed ex) a rifondere 16 milioni di euro per un danno erariale legato ai finanziamenti erogati da piazza Deffeyes alla Casa da gioco. Siamo ormai nel luglio 2021 quando sei consiglieri regionali attualmente in carica (Rollandin, Baccega, Testolin, Marguerettaz, Marquis e Restano) rischiano lo scranno. Con tempi stretti per versare i soldi – siamo a fine settembre 2021 – gli eletti rischiano così di decadere mentre si agita lo “spettro” della lite pendente.
Nel caso, si preparano altri avvicendamenti in aula, con la pattuglia di primi esclusi delle elezioni 2020: Gian Carlo Stevenin e Giovanni Domenico Aloisi (Pour l’Autonomie), Cristina Machet e Diego Bovard (Uv), Luisa Trione (Alliance – Stella alpina) e Jean-Claude Daudry (VdA Unie).
Avvicendamenti che, però, non ci saranno mai. Da un lato per il pagamento, avvenuto, da parte dei consiglieri condannati, dall’altro per l’intervento della Corte costituzionale che annulla la sentenza d’appello della magistratura contabile giudicando la ricapitalizzazione da 60 milioni del Casinò “esercizio di una funzione riconducibile a valutazioni di ordine eminentemente politico-strategico inerenti all’autonomia decisionale dell’organo politico della Regione Valle d’Aosta”. Ergo, un atto politico.
2019, le tre inchieste che hanno cambiato il Consiglio
Dopo l’era dei “ribaltoni” e dei “controribaltoni” – che hanno coinvolto i presidenti Rollandin, Marquis e Viérin, seguiti poi da Spelgatti – il 23 gennaio 2019, in piena notte, scatta il blitz con i 16 arresti dell’inchiesta Geenna (qui ricostruita nella sua interezza, compresa la “coda” di Egomnia). Tra loro c’è il consigliere regionale Marco Sorbara – che verrà poi assolto in appello –, sostituito dall’ex sindaco di Quart Giovanni Barocco, primo escluso alle Regionali 2018.
A fine marzo, il 28, Augusto Rollandin, all’epoca ancora nel Mouvement, viene condannato per corruzione a quattro anni e sei mesi. Il proscioglimento per l’ex presidente di Regione arriverà solo nel settembre 2021, ma intanto cala anche in questo caso la “mannaia” della “Severino”. Al suo posto – siamo al 7 maggio 2019 – entra in aula il medico Flavio Peinetti.
Sul finire dell’anno, il 12 dicembre, durante l’udienza preliminare di Geenna, a Torino, viene resa nota l’esistenza di un’altra indagine, chiamata Egomnia. Nel giro di pochi giorni si scopre che, durante l’estate, una serie di avvisi di garanzia erano stati notificati ad Antonio Fosson (Pnv, allora presidente della Regione), agli assessori Stefano Borrello (Stella alpina) e Laurent Viérin (Uvp) ed al consigliere – e già assessore – a Luca Bianchi (Uv), che risultano indagati.
Due giorni dopo, il 14, i componenti della Giunta si dimettono, mentre Bianchi lascia le cariche di presidente della V Commissione e di capogruppo dell’Union. Tempo altri due giorni ed il 16 dicembre arrivano le dimissioni, anche da consiglieri regionali, di Viérin e Fosson (via lettera), seguiti da Bianchi e Borrello, che ha voluto essere in aula a spiegare la sua decisione.
Atto che, il 20 dicembre, cambia nuovamente gli equilibri di piazza Deffeyes. Da un lato, infatti, il vicepresidente della Regione Renzo Testolin diventa il nuovo vertice della Giunta regionale – ad interim –, dall’altro i consiglieri dimissionari vengono sostituiti – con delle surroghe, per alcuni di loro, con “brivido” – da Carlo Marzi (Stella alpina, per Fosson), Alessia Favre (Uvp, per Viérin), Luisa Trione (Stella alpina, per Borrello) ed Erik Lavévaz (all’epoca presidente Uv, entrato al posto di Bianchi dopo la rinuncia del primo escluso Domenico Avati), protagonista oggi di questa inedita “staffetta” al vertice proprio con Testolin.
2020, ancora una sostituzione
Le elezioni regionali del 20 e 21 settembre 2020 portano gli ultimi scossoni, in ordine di tempo, tra le fila dei consiglieri regionali. Augusto Rollandin, dopo la rottura con l’Union – suo storico partito – fonda Pour l’Autonomie e decide di candidarsi. Su di lui pende ancora la sospensione (fino a novembre) in seguito alla condanna del marzo 2019, ma – dopo la “lista degli impresentabili” del presidente della Commissione antimafia Morra – il suo legale spiega come sia “presentabile, eleggibile e candidabile”.
Rollandin si candida e risulta il primo eletto di Pour l’Autonomie, ma a causa della “Severino” stessa (conclusi quindi i 18 mesi di sospensione previsti dalla norma) rientrerà in Consiglio Valle solo il 18 novembre. Per i primi lavori in aula della nuova Legislatura l’ex “Imperatore” sospeso era sostituito dal collega di partito Gian Carlo Stevenin, consigliere regionale solamente dal 20 ottobre al 6 novembre 2020.
2023 la strana “staffetta” Testolin-Lavévaz e l’ultimo cambio al vertice
Calato il sipario su Egomnia, tutto sembrava cambiare di nuovo, e in fretta. Alla ricerca di un equilibrio politico i cui ricordi, ormai, si perdono nel tempo. Alla fine, però, la famosa – o forse “fumosa” – staffetta Lavévaz-Testolin è caduta nel vuoto, con il consigliere Uv a chiamarsi inaspettatamente fuori. Il cerino – anzi il “rompicapo” di una crisi politica autoindotta – era quindi tornato in capo a Lavévaz. Enigma che non è riuscito a risolvere. E a dirlo, intervistato da noi, è stato il diretto interessato, con parole inequivocabili: “Ci ho riflettuto a lungo, una riflessione che avevo già fatto nel mese di novembre quando vedevo che avevo davanti un vicolo cieco, dal quale non riuscivo a uscire in nessun modo, per portare a termine quanto mi era stato chiesto dal mio movimento: completare la Giunta, restando a 18“.
Ora i movimenti politici restano alla finestra. In base alla legge regionale la ricostituzione di un governo e di una maggioranza dovrà avvenire nei prossimi 60 giorni. Oppure, finite le alchimie in Consiglio Valle, si tornerà alle urne. Che riparta il dialogo con il centrodestra – cercando intanto di capire cosa ne pensa la base unionista, che viste le turbolenze interne ha rinviato il Conseil Fédéral in programma ieri -, o che si tenti l’impresa (forse disperata) di ricucire una maggioranza in macerie la speranza è una sola. Che l’ennesimo cambiamento non sia – soprattutto in questo momento storico, nella “tenaglia” tra una guerra alle porte dell’Europa, la lunga coda di una pandemia ed una crisi energetica senza precedenti – un “cambiare per cambiare” o addirittura perché nulla cambi. Perché un cambio di passo, una politica che si vuole con la “P” maiuscola, è quello che chiedono, o dovrebbero chiedere davvero, oggi i valdostani. Altrimenti, fuori dai “giochi di palazzo” e funambolismi politici che elezioni siano. Anche se nessuno a palazzo le vuole, e nonostante la legge elettorale attuale.