In quattro a processo per i prestiti a tassi usurai: chiesti dall’accusa quasi 20 anni di condanne

Il procedimento nasce dalla denuncia di un ex doganiere di Aosta. Alla sbarra, Antonino Verduccio (66 anni), Loris De Antoni (58), Ezio Capello (64) e Remo Voyat, dipendente del Casinò de la Vallée. I fatti, dalla fine del 2013.
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Cronaca

Sfiorano i vent’anni di carcere, e superano i quarantamila euro di multa, le condanne chieste nel pomeriggio di oggi, mercoledì 18 ottobre, dal pubblico ministero Luca Ceccanti nelle ultime battute di un processo relativo a fatti di usura. Al termine della sua requisitoria, il sostituto procuratore ha richiesto al collegio – composto dai magistrati Massimo Scuffi, Anna Bonfilio e Marco Tornatore – di infliggere: 6 anni e 8 mesi, assieme a 15mila euro di multa, ad Antonino Verduccio (66 anni, di Taurianova); 5 anni e 4 mesi, e 12 mila euro, a Loris De Antoni (58, Aosta); 4 anni e 6 mesi, e 9mila euro, a Ezio Capello (64, anch’egli del capoluogo regionale); 3 anni e 8mila euro al dipendente del Casinò di Saint-Vincent Remo Voyat, già finanziere. 

A denunciare i quattro, rivolgendosi alla Guardia di finanza, è stato un ex doganiere aostano. Nella scorsa udienza ha ricostruito la vicenda, spiegando che le sue difficoltà sono iniziate quando “a fine 2013 non ho più ricevuto il contributo per la badante per i miei genitori”, necessario a pagare i 1.600 euro di stipendio dell’assistente. L’uomo, “per evitare di ricoverarli in una struttura”, ha provato a superare l’impasse con la sola pensione, ma dopo alcuni mesi “non arrivavano soldi e io ero senza”. Ha quindi detto di essersi rivolto a Capello, “che era a conoscenza della mia situazione”, per sapere se “conosceva qualcuno che potesse farmi un prestito”.

La risposta, a detta della vittima, costituitasi parte civile nel processo, è positiva, ma l’avvertimento è chiaro: i “tassi sono ‘pesanti’”. “Mi disse che c’era una persona, Verduccio, – ha aggiunto l’ex doganiere – che poteva darmi 2.000 euro. Gli diedi un assegno non datato da 2.600 euro e all'inizio di ogni mese avrei dovuto consegnarne 600. Dopo quattro-cinque mesi, per ogni giorno di ritardo dovevo versare 50 euro in più. Complessivamente, ho versato circa 11 mila euro”.

Le difficoltà di rientro si acuiscono e, a quel punto, prosegue il racconto, più o meno nello stesso periodo “ho iniziato con De Antoni, un assegno da 2.000 euro per 1.700 in contanti”. La situazione, però, si aggrava ulteriormente e “l’ultima persona che mi aveva indicato Capello era un certo Remo, che lavorava al Casinò. Il cognome lo scoprii dopo, perché andavamo sotto casa sua, a Fénis. Ci saremo stati sette-otto volte. Lo scambio era un assegno da 1.500-1.600 euro, postdatato di un mese, per 1.200 euro in contanti”. 

Alla fine, ha detto l’uomo in aula “prendevo dagli uni, per pagare gli altri. Sono andato avanti fino a dicembre 2015, poi mi sono rivolto alla Guardia di finanza. Non ho più potuto pagare, le cose sono peggiorate ancora”. L’ex doganiere ha quindi aggiunto: “avevo timore di ritorsioni ed ho pagato queste persone e non i debiti in banca. La finanziaria non ti viene sotto casa. Verduccio era un tipo sanguigno, gli altri non li conoscevo”.

Deponendo in aula, il sottufficiale delle Fiamme gialle che ha seguito il caso ha sottolineato che per tutti quei prestiti, il tasso d’interesse calcolato supera la soglia (19%) prevista dalla legge come usura, giacché si arriva fino al 294%. Il militare ha anche precisato che “dalle indagini tecniche e dagli accertamenti bancari non è emerso nulla. Durante la perquisizione domiciliare che lo ha riguardato, Voyat ci ha consegnato volontariamente degli appunti e degli assegni, catalogabili però come prestiti personali”.

Secondo il pm Ceccanti, Capello ha fatto “sostanzialmente da intermediario” tra l’ex doganiere (“in difficoltà, magari dovute anche al gioco”) e i tre con "disponibilità finanziarie”, due dei quali (De Antoni e Verduccio) “hanno precedenti per usura”. Per il rappresentante dell’accusa, il “meccanismo usuraio” di cui è rimasto vittima l’aostano poi rivoltosi ai finanzieri, può essere schematizzato in: “io ti do l'assegno, che ha solo funzione di garanzia, ma gli interessi te li pago in contanti, per non lasciare tracce”. 

Il Pubblico ministero ha quindi giudicato “francamente sconcertanti” le dichiarazioni rese da Remo Voyat, che in udienza aveva detto trattarsi di “assegni scoperti di clienti dati in garanzia”. Inoltre,  ha proseguito il Sostituto, “Capello dice che aiuta” l’ex doganiere, prestandogli del denaro, ma “poi essendo in difficoltà, chiede in prestito dei soldi ai suoi amici”. Una versione, è stata la conclusione perentoria del Pm, a cui “non crederebbe neppure un infante”.

Per la difesa di Remo Voyat, sostenuta dall’avvocato Francesco Pesce, “le indagini si basano solo sulle dichiarazioni" del querelante, "che si è costituito parte civile e ha chiesto 50 mila euro”. Delle parole, ha detto ancora il legale, "prive di riscontri. Il mio assistito si è fidato di un amico. E' vietato prestare soldi a un amico in difficoltà?”.

L’udienza di oggi è terminata con la requisitoria del pm e le arringhe degli avvocati di parte civile e della difesa di Voyat. Il processo riprenderà il 29 novembre, data in cui sono attese le conclusioni da parte dei legali degli altri imputati e, quindi, la sentenza.

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