Dopo aver rigettato, lo scorso 9 giugno, la richiesta di decreto monocratico cautelare, il Tribunale Amministrativo Regionale, con ordinanze dell’altro ieri, ha negato anche la richiesta di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti di interdizione antimafia emessi dal questore Pietro Ostuni all’indirizzo delle società edili "I.C.F. Srl" e "A.G.F. Srl", entrambe con sede ad Aosta.
Le due ditte, assistite dall’avvocato Andrea Giunti, avevano depositato altrettanti ricorsi, impugnando sia la mancata iscrizione nella "white list" (cioé l’elenco dei "fornitori, prestatori di servizi ed esecutori dei lavori non soggetto a tentativi di infiltrazione mafiosa", titolati ad operare nei confronti della Pubblica Amministrazione), sia le interdittive del Questore, frutto della condivisione informativa in sede di Gruppo interforze antimafia. L’opposizione riguardava, inoltre, la comunicazione in cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione dava conto dell’inserimento nel casellario dell’annotazione interdittiva a carico delle aziende valdostane.
Secondo i giudici amministrativi, "il tentativo di infiltrazione mafiosa può essere desunto da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali, unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata". Nel novero di tali elementi, si legge nell’ordinanza, "va ricondotto certamente quello commesso nel 2001 dal dipendente della ricorrente, come è emerso dalle indagini effettuate successivamente alla richiesta di iscrizione nella withe list".
Il riferimento è alla condanna riportata nel 2004 (e poi confermata in appello) da un socio dell’"A.G.F." che, seppur non in qualità di imprenditore, avrebbe portato in pubblico una quantità di candelotti di dinamite, violando così una legge del 1967 sulla cessione di materiale esplodente. La stessa persona, stando poi a quanto emerso dall’istruttoria condotta dal Gruppo interforze (che include Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Direzione Distrettuale Antimafia e Ispettorato del lavoro), avrebbe intrattenuto contatti con alcuni malavitosi dell’area del Canavese.
Elementi tali da spingere i magistrati del TAR a scrivere che "quanto al danno grave e irreparabile in capo alla parte ricorrente, nella comparazione degli interessi non può che essere data prevalenza all’esigenza, di rilievo pubblicistico, di evitare il pericolo di gravi infiltrazioni della criminalità organizzata nelle attività economiche". Le domande di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati sono state pertanto respinte. Le interdittive antimafia in vigore in Valle d’Aosta erano, e restano, quattro.