Sicuramente non è il tema principale del dibattitto politico. Non ha prodotto (finora) riflessioni, convegni o progettualità, a parte quelle di pochi addetti ai lavori. Eppure la riforma del Terzo Settore, che è diventata operativa questa estate, è una grande opportunità per la Valle d’Aosta.
Complessivamente, i decreti attuativi della legge 106/2016 innovano, con 161 articoli, i fondamentali del mondo del volontariato, delle associazioni di promozione sociale, delle cooperative e delle imprese sociali di tutto il paese e rimettono in moto un settore fondamentale della nostra società. Si tratta, a mio avviso, della più riuscita delle riforme di questo Parlamento sia per il lungo lavoro di concertazione e di elaborazione svolto dal Governo con i mondi di riferimento sia per il fatto che raccoglie e sistematizza un cambiamento che, nei fatti e nell’esperienza quotidiana di migliaia di soggetti, era già presente.
Va riconosciuto il merito del sottosegretario Luigi Bobba che ne ha coordinato la stesura e perseguito con tenacia l’approvazione. Ora si tratta, anche sul piano regionale, di renderla operativa soprattutto su due obiettivi: accompagnare gli ETL (“enti di terzo settore” secondo la nuova formulazione) nelle trasformazioni che si renderanno necessarie per aumentare qualità ed efficacia delle loro azioni verso l’interesse generale della comunità anche con un investimento straordinario in formazione e assistenza organizzativa; “informare” e “formare” l’amministrazione pubblica per cambiare l’approccio verso questo mondo troppo spesso visto come una opportunità di outsourcing e di risparmio economico anziché come un partner.
La riforma disegna, infatti, nuove forme di relazione tra PA e Terzo Settore introducendo e affinando meglio i principi di co-programmazione, co-progettazione e convenzionamento che, se dispiegati a dovere, possono estendere, riducendo gli sprechi, il nostro modello di welfare rispondendo ad un numero maggiore di bisogni sociali. In Valle d’Aosta Il Censimento ISTAT 2011 ha rilevato che il numero degli enti non profit è pari 1.319 unità e comprende cooperative sociali, fondazioni, associazioni sportive, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, associazioni culturali, oratori, istituzioni formative con un esercito di 18.700 volontari (1.475 ogni 10.000 abitanti). Occupa più di 2700 addetti producendo (stima prudenziale) il 4,5% del PIL della nostra regione senza contare il risparmio di risorse che produce e la coesione sociale capillare che riesce a mettere in campo che, nelle realtà di montagna come la nostra, è un fattore competitivo decisivo. Con questi numeri e con la domanda crescente di servizi alla persona e di iniziative sul piano sanitario, sociale e culturale anche le prospettive di creazione di nuova, e stabile, occupazione sono notevoli. Il Terzo settore può essere davvero una risposta concreta alla crisi e un argine alla disgregazione sociale ma occorre una visione e un investimento politico serio. Come ho detto all’inizio non è il tema principale del dibattitto pubblico (…ma qual è?). Non pretendo che lo diventi ma sprecare questa occasione sarebbe davvero colpevole.
Fabio Protasoni