Sarà una perizia psichiatrica ad accertare se Carmine Amato, il pensionato 67enne arrestato per l’incendio che lo scorso 12 maggio aveva distrutto quattro auto nel parcheggio del ristorante “La Pinsa” a Teppe di Quart, è capace, attualmente, di intendere e volere.
L’esame è stato disposto oggi, venerdì 3 novembre, dal giudice Marco Tornatore, nell’udienza preliminare tenutasi in Tribunale ad Aosta per definire la posizione dell’aostano al quale la Procura contesta i reati di incendio doloso, tentata estorsione e danneggiamento.
L’esame è stato richiesto dalla difesa dell’indagato, rappresentata dall’avvocato Maria Rita Bagalà (che non ha voluto, lasciando l'aula, rilasciare dichiarazioni ai cronisti), nell’ottica di accertare se l’imputato potrà validamente accedere ad un rito alternativo, oppure dovrà essere affiancato da un curatore. L’accusa è rappresentata dal pubblico ministero Carlo Introvigne. La prossima udienza, in cui è in programma l’affidamento dell’incarico al professionista che si occuperà della perizia, è stata fissata per il 14 novembre prossimo.
Amato è in carcere dal 29 maggio scorso, diciassette giorni dopo i fatti. Ad arrestarlo, in esecuzione di una misura di custodia cautelare del Giudice per le Indagini Preliminari, i Carabinieri della compagnia di Châtillon/Saint-Vincent, che si erano occupati delle indagini assieme ai colleghi del Reparto operativo di Aosta. Nel frattempo, varie istanze di revoca della reclusione preventiva sono state rigettate e quindi l’uomo è rimasto in cella sino all’udienza di stamane.
La sera del 12 maggio, nel locale, situato all’interno del camping village “Lazy Bee”, stavano cenando un’ottantina di clienti. L’incendio era stato notato immediatamente e i Vigili del fuoco, accorsi in forze per spegnerlo, avevano nutrito da subito pochi dubbi sulla sua origine dolosa: non erano state trovate tracce di liquidi acceleranti, ma la pluralità dei punti di innesco aveva orientato in tale direzione.
Durante le indagini svolte dall’Arma, partite da un tratto della recinzione del parcheggio trovato tagliato (per facilitare una fuga al riparo da occhi indiscreti, in una vicina strada poderale) e che avevano visto anche l’utilizzo di immagini registrate da impianti di videosorveglianza della zona, era emerso che Amato sarebbe stato mosso dalla volontà di fare pressione sull’imprenditore Luigi Monteleone (socio, assieme ad altri, della gestione del locale), affinché non esigesse un credito vantato nei confronti di un suo familiare. La somma dovuta, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, si attestava sui 42mila euro.