Il furto di dieci monete bizantine – facenti parte della collezione “Pautasso” del Museo archeologico regionale, dov’erano state sottratte lo scorso 31 gennaio, durante il secondo giorno della Fiera di Sant’Orso – è costato al 51enne aostano denunciato per quel fatto dalla Squadra mobile della Questura una condanna ad un anno e quattro mesi di carcere, assieme a 300 euro di multa. Il processo, celebrato con rito abbreviato, si è concluso oggi, giovedì 10 maggio, al Tribunale di Aosta, dinanzi al giudice monocratico Marco Tornatore.
Chiedendo di affermare la responsabilità dell’imputato, il pubblico ministero Luca Ceccanti ha parlato di “responsabilità assolutamente evidente, sulla base degli elementi raccolti” dalla Polizia, ma anche dalle dichiarazioni rese dall’uomo rintracciato, che – interrogato dagli investigatori – “ha sostanzialmente ammesso, per quanto riconducendo il gesto ad una condizione di ludopatia”.
Il difensore dell’aostano, l’avvocato Davide Meloni, ha posto a sua volta l’accento sul disagio “certificato dal perito”, a seguito della consulenza tecnica d’ufficio affidata ad uno psichiatra, e di cui l’imputato soffrirebbe “almeno dal 2010, secondo il Sert”. A quel punto, il legale aveva invocato al giudice il riconoscimento della “ridotta capacità di intendere e di volere” del suo cliente, “per via di questi impulsi”, che lo inducono al gioco d’azzardo.
I poliziotti erano risaliti al 51enne, con precedenti specifici, comparando le immagini della videosorveglianza del museo con le banche dati delle forze dell’ordine. Il furto era avvenuto in una delle sale espositive della struttura di piazza Roncas, ad Aosta. L'autore, per fuggire, si era mescolato alla bolgia cittadina della fiera. Da subito, in Questura, avevano escluso trattarsi di un gesto su commissione, o premeditato. “Il ladro si trovava lì, ha visto delle condizioni favorevoli ed ha forzato la teca”, erano state le parole del Capo della Squadra mobile, il commissario capo Eleonora Cognigni.
Nel sentenziare, il giudice Tornatore ha disposto la restituzione alla Regione delle monete (sequestrate dal momento del loro recupero, un giorno e mezzo dopo il furto), nonché la distruzione dell’assegno con cui un numismatico canavesano le aveva pagate all’imputato del processo, che gliele aveva piazzate poco prima dell’intervento degli agenti. Erano state comprate “a peso”, riconoscendo quindi al venditore il controvalore dell’oro in cui sono fabbricate. Dalle parti dei 5mila euro. Ora, però, torneranno nella loro teca.