Gli ex vertici Sav assolti dall’accusa di omicidio colposo per la morte di Barbara Daviero

Eugenio Bonini (74 anni, di Castellamonte) e Marcello Christillin (79, di Aosta) all’epoca dell’incidente sull’A5 costato la vita alla 40enne torinese, avvenuto il 27 gennaio 2014, erano amministratore delegato e direttore generale della società.
Tribunale di Aosta
Cronaca

Gli ex vertici della Società Autostrade Valdostane non hanno responsabilità nella morte della quarantenne torinese Barbara Daviero, che perse la vita sull’A5, non lontano dal casello di Verrès, il 27 gennaio 2014. Il giudice monocratico Marco Tornatore, al termine di un processo iniziato lo scorso febbraio e finito oggi, venerdì 13 luglio, ha assolto “perché il fatto non costituisce reato” Eugenio Bonini (74 anni, nato a Castellamonte) e Marcello Christillin (79 anni, di Aosta). Gli imputati, all’epoca dei fatti, erano rispettivamente amministratore delegato e direttore generale della concessionaria autostradale.

Il pm Luca Ceccanti contestava ai due il concorso in omicidio colposo, sulla base della ricostruzione del sinistro, di natura autonoma. La vittima, dirigente della compagnia di San Paolo e in attesa di un bambino, viaggiava in direzione di Aosta, a bordo di un Toyota Rav4, condotto dal marito Loris Aere (che ha scelto di patteggiare dinanzi al Gup, in un precedente processo). Il mezzo aveva sbandato e, uscendo di strada, il guard-rail, che riprendeva dopo un tratto d’interruzione, si era infilato nell’abitacolo come una lama, letteralmente tagliando il fuoristrada, finito poi nella scarpata a fianco della carreggiata.

Nella requisitoria, riprendendo anche le conclusioni di un consulente di parte sentito in una precedente udienza, il pm Ceccanti ha insistito sul fatto che “se ci fosse stato un guard-rail continuo, l’incidente non sarebbe avvenuto. Lo si poteva e si doveva mettere, perché quel tratto si presta all’uscita di strada”. Non solo non è stato fatto, ma si è creato “un problema in più” con il tipo di barriera scelto per quel punto.

Se il guard-rail che riprendeva avesse avuto “un terminale diverso, banalmente anche quello degradante”, secondo il pubblico ministero, non sarebbe “successo assolutamente niente niente”. “Non mi si venga a dire che il mezzo avrebbe preso il volo. Sicuramente non ci sarebbe stata l’intrusione” nell’abitacolo, ha chiuso il rappresentante dell’accusa, chiedendo al giudice un anno di reclusione per ognuno degli imputati.

Una visione a cui l’avvocato Alessandro Mazza del foro di Torino, difensore di Christillin, si è opposto sostenendo che “l’accusa è di non avere messo barriere adeguate”, ma nel capo d’imputazione, poco prima, si dice però che “le norme formalmente erano rispettate”. Sull’interruzione della barriera, il legale ha sottolineato di non credere “che quei 25 metri di guard-rail costassero molto”, ma “si è fatta una scelta”, perché “l’ottica del gestore autostradale non può essere su un solo punto, ma su tutta la rete”. Peraltro,  quello in cui è avvenuto il sinistro è uno dei tratti “meno pericolosi di tutta l’autostrada”. Oltretutto, “chi ha visto gare di Formula 1 ha mai notato dei terminali? No, la prima cosa è far sfogare la velocità”.

Quanto all’intrusione del guard-rail nell’abitacolo, per il difensore è vero che la “manina” del guard-rail ha “impattato sullo spigolo della vettura”, ma è accaduto perché “c’è stato un cambio di traiettoria del veicolo” e il terminale della barriera non era quindi “in senso contrario a quello di marcia”. In sintesi, secondo l’avvocato, “l’unica ricostruzione possibile è quella di un incidente totalmente anomalo”, in cui manca “totalmente la rimproverabilità” degli imputati.

Per parte sua, il legale di Bonini, l’avvocato Umberto Giardini del foro di Aosta, ha definito “anche fantasiosa” la ricostruzione del sinistro del pubblico ministero, tale da non trovare “riscontro nemmeno nelle consulenze dell’accusa”. Una tesi in cui si giunge “a una sorta di conclusione per cui l’autostrada sarebbe sempre responsabile”, ma “non ci sono certezze oggettive sulla velocità” tenuta dal mezzo e “la dinamica è estremamente difficile”. Insomma, stando al legale, un caso in cui “mi sembra che debba essere pronunciata formula assolutoria”. Il giudice Tornatore si è riservato, in sessanta giorni, il deposito delle motivazioni della sentenza.

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