Cade l’autoriciclaggio, coppia condannata per reati fiscali

A Josefina Bienvenida Herrera Nunez (53 anni) e al suo convivente Antonino Tripodi (55) il gup Paladino ha inflitto due anni di reclusione ciascuno per indebita sottrazione al pagamento di imposte. Assoluzione per le altre accuse.
L'Avvocato Mavilla con Antonino Tripodi e Josefina Bienvenida Nunez Herrera,
Cronaca

Per il gup Davide Paladino, la parrucchiera di 53 anni Josefina Bienvenida Herrera Nunez, e il suo convivente, Antonino Tripodi, di 55, sono colpevoli di indebita sottrazione al pagamento di imposte. Al termine dell’udienza di oggi, martedì 8 gennaio, li ha condannati a 2 anni di reclusione ciascuno. Pronunciata invece assoluzione per la coppia, “perché il fatto non sussiste”, per le imputazioni di autoriciclaggio e di associazione a delinquere.

Il pm Luca Ceccanti aveva chiesto al giudice l’affermazione della responsabilità penale per tutte le accuse, invocando una pena di sei anni di carcere a testa. Le indagini erano state condotte dalla Guardia di finanza, che in un controllo di routine ad un salone di cui la donna è titolare aveva rilevato come l’attività proseguisse, malgrado le 129 cartelle esattoriali ricevute, per 230mila euro di imposte non versate dal 2000 al 2016. Proprio per quella cifra, il Gup ha stabilito oggi la conversione in confisca del sequestro scattato nei confronti degli imputati durante le indagini.

Secondo gli inquirenti, era stato Tripodi a mettere a “disposizione i propri conti correnti per pagare fornitori e dipendenti, riscuotere i corrispettivi e quindi far ‘andare avanti’ il salone”. In particolare, per i militari, i due attraverso “svariate ricariche di carte di credito” e “spedendo denaro tramite dei ‘Money Transfer’” avevano inviato circa 150mila euro nella Repubblica Dominicana, terra di origine dell’imputata, soldi “di fatto sottratti ad onorare i debiti tributari pendenti in Italia”.

Nella tesi della Procura, che lo scorso 16 gennaio aveva anche ottenuto l’arresto della coppia, quei soldi finiti oltreoceano erano stati usati per investire, tra l’altro, in un attico, una villa con piscina e due saloni di bellezza. Un’impostazione accusatoria fortemente avversata dai legali della coppia, Massimo Balì e Federico Mavilla, sostenendo –nelle rispettive arringhe- l’assenza dell’indicazione certa, quanto all’accusa di autoriciclaggio, “dell’attività imprenditoriale svolta” con i denari presumibilmente sottratti al fisco.

Inoltre, per l’imputazione di associazione a delinquere, i due avvocati avevano contestato la mancata indicazione “della terza persona” che avrebbe partecipato al sodalizio criminale. Il terzo argomento difensivo era poi legato al mancato rinvenimento della “fraudolenza nei trasferimenti all’estero”, per cui gli imputati sono stati però condannati.

Nel ritenere quella odierna una “sentenza equilibrata” e attendendo di leggerne le motivazioni (il cui deposito è stato fissato dal giudice entro 60 giorni), i legali lasciano intravedere un tema d’appello su questo aspetto, perché “parliamo di operazioni attuate con modalità legittime, tracciabili, non di nascosto”. Stessa possibilità che avrà la Procura, anche – eventualmente – rispetto ai capi d’accusa per cui è scattata l’assoluzione.

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