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Elisa resuscita Saint-Vincent

il concerto è iniziato alle 21.20 con un timido applauso per l’ingresso sul palco della band, seguito da un’ovazione per l’artista che negli anni è stata definita prima l’erede di Mina, poi l’Alanis Morrisette di Montefalcone e ancora la Bjork italiana.
Cultura

Dopo aver vinto festival, classifiche e dischi d’oro, ieri sera Elisa è riuscita nell’impresa più ardua della sua carriera: resuscitare il pubblico del Palais di Saint-Vincent. D’altronde la tappa valdostana del suo tour nei teatri per promuovere il disco “Diari Aperti”, uscito nell’ottobre del 2018, non era iniziata nel migliori dei modi. A causa di una serie di problemi tecnici, l’esibizione di Simone Zampieri, in arte The Leading Guy, che apriva la serata, è stata in parte compromessa, costringendo il generoso cantautore a scendere tra il pubblico per improvvisare una passeggiata chitarra e voce, senza amplificazione, prima di infilarsi mestamente nel backstage.

Luci spente, il concerto è iniziato alle 21.20 con un timido applauso per l’ingresso sul palco della band, seguito da un’ovazione per l’artista che negli anni è stata definita prima l’Alanis Morrisette di Montefalcone, poi la Bjork italiana e ancora l’erede di Mina, fino a trovare la sua dimensione nel suo essere semplicemente Elisa.

Voce, pianoforte e quartetto d’archi, l’apertura dello spettacolo è intima, delicata, quasi sussurrata, in virtù della scelta di dedicarla alla sua ultima fatica: e così scorrono perfetti, limpidi ma senza grandi sussulti, quattro brani estratti proprio da Diari Aperti – Come fosse adesso, Promettimi, Anche fragile, Tua per sempre – di fronte ad una platea letteralmente inchiodata alle poltrone. Ecco allora che per scuoterla Elisa estrae un filotto di pezzi da novanta – Eppure sentire, Heaven out of hell e Luce (Tramonti a Nord est) – che raggiunge l’obiettivo, scaldando un po’ gli animi degli spettatori in sala, prima di arrivare alla doppietta – L’amore per te, Quelli che restano – a precedere una (lunga) pausa necessaria per il cambio d’abiti, e di registro, della cantante.

Alle 22.15 lo spettacolo riprende con ben altra energia, chitarre e percussioni sugli scudi, grazie anche alla scelta di una seconda parte di scaletta più ricca di brani noti. E così scivolano via il singolone radiofonico Se piovesse il tuo nome, seguito da L’anima vola e da Stay. Vola finalmente anche la voce di Elisa, libera di vibrare di passione tra virtuosismi e giochi sonori. Il pubblico si scioglie, complice anche un divertente siparietto tra la cantante e una spettatrice dalla risata bizzarra, per riprendere sulle note di Rainbow, chiusa da un bel assolo del chitarrista-compagno di una vita Andrea Rigonat.

Il concerto finalmente decolla con la vena etnica e ambientalista di A prayer, per poi esplodere grazie al medley Broken/Labyrinth/Cure me/No hero: i più giovani scavalcano le sedie per fiondarsi sotto il palco, seguiti poco dopo da gran parte della platea. Il finale è travolgente grazie alla forza di Together e alla freschezza di Tutta un’altra storia, eseguita seduta a bordo palco, praticamente in mezzo alla gente, mentre nessuno può esimersi dal cantare con lei Gli ostacoli del cuore e A modo tuo, due tra i suoi brani più amati, scritti entrambi da Luciano Ligabue. Applausi, standing ovation e prima dell’inchino finale, sulle note di Could you be loved di Bob Marley, sparata a mille dagli altoparlanti come a decretare la fine dello show, c’è ancora il tempo per qualche scherzo e risata, per una serata forse non perfetta ma che in molti ricorderanno a lungo.

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