Maltrattamenti, Corte d’Appello scagiona interamente 67enne

L’uomo, residente in alta valle, era stato arrestato il 17 agosto 2018. Al Tribunale di Aosta, buona parte delle accuse era caduta e la condanna riguardava solo episodi degli ultimi due anni. Oggi, a Torino, l’assoluzione anche da quell’ipotesi di reato.
Palazzo di giustizia di Torino
Cronaca

Le accuse mosse dalla Procura erano pesanti (maltrattamenti contro i familiari andati avanti dal 1998 al 2018, anche con violenze sessuali nei confronti della moglie e della figlia minorenne) ed avevano condotto al suo arresto, il 17 agosto dell’anno scorso. Poi, per il 67enne dell’alta valle finito in cella era arrivato il processo di primo grado, al termine del quale buona parte delle imputazioni era caduta e la condanna (a due anni e sei mesi di reclusione) si limitava all’aver maltrattato la consorte e la prole negli ultimi due anni. Oggi, mercoledì 18 settembre, la Corte d’Appello di Torino lo ha scagionato completamente, assolvendolo anche per quel reato.

L’avvocatessa Valeria Fadda del foro di Aosta, che ha curato la difesa dell’imputato con la collega Giuseppina Mauri di Torino, ribadisce di “aver sempre creduto nell’innocenza del proprio assistito”, non potendo che “essere soddisfatta e felice del risultato ottenuto”. L’impugnazione della sentenza aostana, risalente al 13 febbraio di quest’anno, era stata annunciata dalle legali a pochi minuti dalla sua lettura in aula, ritenendo “le persone offese inattendibili” anche per gli episodi su cui era giunto il pronunciamento di colpevolezza.

I giudici di secondo grado hanno inoltre decretato, accogliendo la richiesta della difesa, l’assoluzione anche per l’ipotesi di violenza sessuale sulla figlia (reato che al Tribunale di Aosta era stato dichiarato prescritto, con “non doversi procedere”). Il processo nel capoluogo regionale si era svolto a porte chiuse, andando avanti per più udienze, dedicate in particolare ad ascoltare diversi testimoni. L’imputato lo aveva vissuto per buona parte in carcere, ottenendo gli arresti domiciliari (ai quali è rimasto sino ad oggi) nel dicembre 2018.

Le indagini avevano preso il via da una segnalazione de Servizi sociali e se n’erano occupati i Carabinieri, coordinati dal pm Carlo Introvigne (che in aula aveva chiesto quattro anni di carcere). In Corte d’Appello, ove il giudizio si è risolto nell’udienza di oggi, il rappresentante della Procura generale ha invocato la conferma del verdetto di primo grado. Quindi, le arringhe delle due avvocatesse e la sentenza, che allontana (il ricorso in Cassazione è ancora possibile, ma solo su aspetti di legittimità, non di merito) il 67enne dal vortice di pugni, calci, schiaffi ed abusi quasi quotidiani con cui ha dovuto fare i conti per tredici mesi, quattro dei quali passati in carcere a Vercelli.

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