Tutto è praticamente chiuso, le strade delle città e dei comuni sono deserti, i valdostani sono rintanati in casa. Tra le mura domestiche sono alle prese con mille difficoltà legate alla gestione dei figli, ai timori per il futuro, per il lavoro, alle complicazioni che inevitabilmente si creano per l’assistenza dei familiari più anziani o dei malati.
Accanto a questi vi sono persone, quando non interi nuclei familiari, che rischiano di pagare un prezzo ancora più alto in questo momento di emergenza. Perché più esposti, più isolati, più dipendenti da aiuti già in condizioni di normalità. Sono i poveri, le persone che usufruiscono dei servizi attivati dal pubblico e dai privati per vivere, per affrontare le spese più elementari e di base come il cibo, i vestiti, il denaro per pagare le bollette e per scaldare casa. “In queste situazioni le persone fragili sono quelle che subiscono di più, in loro ora c’è preoccupazione sia per l’emergenza in corso, sia perché temono di essere abbandonati” ci spiega Andrea Gatto, direttore della Caritas diocesana.
Del resto le disposizioni presenti del Decreto approvato per arginare il contagio da Coronavirus, toccano anche i servizi per i poveri. Le diverse realtà in fretta e furia hanno dovuto riorganizzarsi da una parte per tutelare la salute dei volontari e degli utenti e dall’altra per non smantellare del tutto l’assistenza.
Tra queste c’è la mensa Caritas: i locali sono piccoli e a malincuore i responsabili hanno dovuto chiuderla sostituendola con la distribuzione di un pasto da asporto. Ne usufruiscono tra le 40 e 50 persone al giorno, in calo rispetto alla media di 70/80 di prima dell’emergenza. “Non ci piace come modalità, sia chiaro, ma è il compromesso possibile tenendo presente che i nostri volontari sono anche molto anziani” sottolinea ancora Andrea Gatto. Nel sacchetto i volontari mettono scatolame, pane, frutta. “Quest’ultima ci arriva dagli alberghi valdostani che hanno donato molte derrate, soprattutto di roba fresca” sottolinea Andrea Gatto.
Rimangono invece aperti i dormitori, quello di Via Stevenin e l’Abri Monsieur Vincent. “Sono servizi obbligati: ci dicono di rimanere a casa, ma un tetto per starci bisogna avercelo” spiega Andrea Gatto. “Per cui stiamo rivedendo i regolamenti per far stare il più possibile le persone in struttura anche di giorno”.
Anche il Magazzino della Caritas in regione Tsambarlet si è dovuto arrendere al Coronavirus, almeno per la parte più “commerciale” legata all’acquisto di abbigliamento, mobili e casalinghi. Il magazzino occupandosi, però, anche della distribuzione a persone in difficoltà di beni e vestiti rimane in allerta. “Se mi dovessero segnalare una persona che necessita di vestiti non avrei nessuna difficoltà ad andare e preparare un kit” sottolinea Diego Baiocco che al Magazzino Caritas ci lavora.
I volontari del magazzino sono tutti sospesi per cui l’appello rilanciato da Caritas è quello di non conferire al momento il vestiario nei cassonetti. “Dobbiamo ridurre le uscite dei nostri volontari, chiediamo alle persone, se possono, di tenere i sacchetti a casa per un po’”specifica Gatto.
Le segnalazioni di situazioni di emergenza sono inevitabilmente diminuite anche perché il Centro di Ascolto sempre della Caritas, che spesso le intercetta, è chiuso al pubblico. “I volontari sentono telefonicamente le persone che già erano seguite, per nuovi casi si riceve su appuntamento”.
Dal 13 marzo ha chiuso, temporaneamente, anche l’Emporio solidale Quotidiano di Via Avondo ad Aosta che sosteneva circa 250 famiglie valdostane in difficoltà economica. Quotidiamo per la sua operatività si basa sull’impegno di una ventina di volontari sia per il rifornimento di prodotti, che per tenere aperto il punto di distribuzione e per assistere gli utenti nella spesa. Con l’esplosione dell’emergenze e le nuove disposizioni sono venute meno le condizioni di sicurezza per entrambi, i volontari e gli utenti e così la serranda dell’emporio si è dovuta abbassare.