La civiltà di una società si vede dal ruolo assegnato al suo sistema scolastico

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata da alcuni genitori all'Assessore regionale all'Istruzione Chantal Certan.
I lettori di AostaSera
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Alla c.a. dell’Assessore all’Istruzione, Università, Ricerca e Politiche giovanili, dott.sa Chantal Certan.

Gentilissima,

Siamo genitori di un bambino di sei anni che stava frequentando l’ultimo anno della scuola dell’infanzia. Purtroppo il suo anno scolastico è stato bruscamente interrotto e non sarà ripreso, con tutte le implicazioni del caso, e questo ci ha spinto a una serie di riflessioni che vorremmo condividere con lei, sperando di portare un contributo costruttivo ad un dibattito generale sul tema.

Nonostante l’incertezza attuale, ci aspettiamo che le scuole riaprano a settembre.

Nel periodo di chiusura forzata, che comunque abbiamo giudicato indispensabile, si è via via discusso di programmazioni e regolamentazioni per le riaperture delle attività produttive, turistiche e sportive, che sono gradualmente riprese a partire dal 4 maggio. In quei giorni siamo rimasti veramente basiti di quanto poco, per non dire nulla, si sia parlato pubblicamente della scuola, di una sua possibile riorganizzazione o riapertura, al punto che il tema sembrava pressoché ignorato dalle stesse istituzioni che se ne sarebbero dovute occupare. Nel frattempo, l’argomento ha fatto timide apparizioni mediatiche, imponendo alle istituzioni di dare risposte più concrete che tuttavia, ad oggi, sembrano ridotte alle modalità del Concorso Straordinario per i docenti, mentre un periodo di pausa forzata avrebbe forse potuto essere occasione per affrontarlo da un punto di vista più generale, per risollevare le sorti di questa scuola che da anni viene definita anacronistica ed in difficoltà, con strutture edilizie spesso inadeguate (del resto la normativa di settore, salvo alcune linee guida del MIUR del 2013, è ferma al 1975, con quello che ne consegue).

Fin dall’inizio di marzo la Ministra deputata ha tranquillizzato gli studenti sui voti agli scrutini finali e illustrato le modalità dell’Esame di Maturità. Ci sembra paradossale che l’istruzione tutta sia stata ridotta ad una mera discussione sui voti, come se questi fossero l’unico aspetto importante e di interesse nel percorso scolastico di milioni di bambini e ragazzi. Le sembra possibile che di tredici anni di scuola dell’obbligo si dia importanza alla sola Maturità, certamente un esame di passaggio fondamentale della vita di ognuno, come se non fosse altrettanto importante la storia di cui quell’esame costituisce la fine?

All’improvvisa chiusura delle scuole, inoltre, abbiamo avuto l’impressione che le singole istituzioni scolastiche siano state lasciate ad occuparsi degli studenti come meglio potevano: hanno dovuto inventare da un giorno all’altro una didattica a distanza senza esserne pronte e senza un disegno chiaro proveniente dal Ministero, con artigianalità, con forti differenze tra singoli docenti e, soprattutto, sfruttando canali social esistenti senza una piattaforma unificata per tutte le scuole. Nella nostra esperienza personale abbiamo la fortuna di essere seguiti con dedizione e assiduità da insegnanti di una scuola che giudichiamo eccellente (la Scuola dell’infanzia Prati Nuovi di Pont-Saint-Martin), ma abbiamo purtroppo raccolto molti esempi di bambini e ragazzi i cui insegnanti si sono limitati alla sola assegnazione di compiti a casa, soprattutto alla scuola primaria.

All’inizio del mese di maggio, è stato proposto dalla Sovrintendenza agli Studi un questionario on-line, sospeso e riavviato con modalità di accesso differenti nell’arco di pochi giorni. I giornali che ne hanno poi riportato i risultati, hanno titolato che la famiglie valdostane promuovono la didattica a distanza: per come le domande erano formulate l’esito non avrebbe potuto essere diverso. Altre domande vertevano sulle rinunce che si sarebbe disposti ad affrontare per permettere il ritorno in aula dei propri figli e, per quanto capiamo che queste possano essere utilizzate per stabilire una lista di servizi prioritari, è certo che quello prospettato è uno scenario al ribasso rispetto al passato, senza idee o proposte alternative per il futuro.

Non è possibile affermare, come abbiamo letto e sentito da diverse parti, che l’emergenza sanitaria abbia finalmente introdotto la tecnologia all’interno della scuola italiana, tanto più se questa è ridotta al solo utilizzo da parte dei più giovani di strumenti informatici concepiti per essere di così facile fruizione da essere comprensibili a tutti. Un’introduzione vera della tecnologia dovrebbe supportare e potenziare le capacità comunicative e didattiche degli insegnanti, senza tuttavia sostituirsi alla loro presenza fisica, e arricchire l’esperienza degli studenti, come metodo contemporaneo di accesso alla conoscenza e alla sua trasmissione.

Ormai l’anno scolastico volge al termine, è arrivata anche l’apertura del 18 maggio, con una serie di regolamenti precisi e puntuali per lo svolgimento di miriadi di attività, ma regole chiare sulla riapertura della scuola non ce ne sono state (il documento prodotto dalla task force ministeriale potrebbe essere un tardivo punto di partenza, ma la strada è ancora lunga). Paradossalmente, si è ripetuto alla nausea che i bambini e i ragazzi non avrebbero potuto tornare in classe perché non avrebbero saputo rispettare le –inesistenti- regole di distanziamento sociale: scarsissima fiducia nei giovani da parte di noi adulti! Questa non è nient’altro che l’ammissione della nostra incapacità di vivere civilmente facendoci tramite di un trasferimento di valori che è alla base della formazione delle nuove generazioni.

Non possiamo sapere se l’apertura della scuola contemporaneamente alle altre attività avrebbe potuto essere una scelta percorribile, anche se esempi di altri Paesi sembrano dare conferme in questo senso, ma è evidente che le graduali riprese a partire dal mese di maggio hanno creato ulteriori difficoltà nell’assistenza domestica di bambini e ragazzi impegnati nella didattica a distanza, se i loro genitori sono dovuti tornare sul posto di lavoro. La disponibilità o meno di connessioni e dispositivi adeguati, così come di lavori sufficientemente flessibili e remunerati, ha già creato disparità nelle famiglie che non hanno potuto o saputo integrare di propria iniziativa i contenuti che la didattica a distanza per sua natura non è in grado di trasmettere. Per non parlare delle difficili scelte che si sono trovati ad affrontare le persone che, per poter seguire i figli, sono state costrette a rinunciare in parte o del tutto al proprio lavoro, o che non potendo rinunciare ad una fonte di reddito sono state necessariamente obbligate a trascurare i ragazzi a casa, oppure a delegarne la cura ai nonni, che tuttavia fanno parte di una categoria a rischio che, è stato costantemente ribadito, andrebbe protetta il più possibile distanziandola dai giovani.

Alle rimostranze di alcuni genitori, presentate in forma singola o collettiva, è stato risposto che la soluzione logistica, nel breve periodo, sarà la possibilità data dallo Stato di attivare i centri estivi. Ci chiediamo su quali basi si possa ritenere che delle attività organizzate da privati garantiscano una fruizione sicura di spazi collettivi, mentre lo Stato contemporaneamente abdica ad un suo servizio essenziale, ed ad un diritto sancito dalla Costituzione, nascondendosi dietro all’impossibilità di garantire un livello di sicurezza adeguato all’interno delle proprie strutture.

Tutto ciò è forse solo il sintomo più evidente di un problema ben più profondo, e cioè la scarsa attenzione riservata (non solo durante la gestione di questa pandemia) al valore educativo e sociale che la scuola, con i suoi ritmi e i suoi spazi ha, nelle diverse fasce di età, per la vita dei più giovani. Come è evidente, crediamo molto nella scuola, particolarmente in quella pubblica, e immaginiamo quanto possa essere stato difficile trovarsi a gestirla in un momento come questo, ma troviamo onestamente disarmante che un tema così importante non sia stato trattato in maniera seria e strutturale, ma fornendo solo delle soluzioni temporanee, e lasciando più interrogativi che risposte.

Per concludere, ci sarebbe molto piaciuto sentire le istituzioni, in particolare quelle legate al mondo della scuola, presenti al fianco delle famiglie e dei giovani, ovvero le persone che saranno gli adulti e i cittadini di domani.
Ci aspettiamo, soprattutto in una Regione piccola e dotata di Autonomia come la nostra, che l’ormai prossima pausa estiva produca finalmente soluzioni concrete a lungo termine che, pur prendendo in conto diversi scenari epidemiologici, considerino sotto tutti gli aspetti l’importanza che gli anni passati a scuola hanno nella vita di ognuno.
La civiltà di una società si vede indubbiamente dal ruolo centrale che essa assegna al suo sistema scolastico.

La ringraziamo per l’attenzione che ci ha dedicato, un cordiale saluto.

Lettera firmata

0 risposte

  1. Appunto ,ci siamo illusi di appartenere a una società civile , invece siamo molto vicini al terzo mondo, dove l’istruzione è cosa per pochi eletti.

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