Giornata Internazionale della Montagna, le sfide del dopo-pandemia

Alla tavola rotonda hanno partecipato Mariano Allocco, Piero Ballauri, Eloise Barbieri, Nicolas Evrard, Alberto Faustini e Don Paolo Papone.
Giornata della montagna 2020
Società

Oggi, 11 dicembre, si celebra la Giornata Internazionale della Montagna, istituita dalle Nazioni Unite in occasione dell’Anno mondiale delle montagne nel 2002. Non è un caso, come ha illustrato l’assessore Luciano Caveri nel corso della tavola rotonda trasmessa in streaming, che si parli di “montagne” al plurale.

“La pandemia ha colpito particolarmente il territorio alpino”, ha detto Caveri in apertura, “ed ha mostrato un divario tra montagna e pianura anche dal punto di vista politico. In Stati come la Svizzera, ad esempio, le misure prese sono commisurate alla realtà dei cantoni e dei comuni”. Il tema della tavola rotonda era “La montagna dopo la pandemia”, e Caveri ha chiuso sperando in maggiore solidarietà tra le popolazioni alpine.

Tavola rotonda giornata internazionale della montagna
Tavola rotonda giornata internazionale della montagna

Mariano Allocco, intellettuale occitano della Valmaira, vede la necessità di “un cambio di paradigma nel rapporto tra montagna e piano” che passa per tre elementi: “la difesa dell’impianto organizzativo dei piccoli comuni alpini, l’aggiornamento della legge quadro del 1994 e una revisione della strategia delle aree interne”. Della pluralità della montagna ha parlato anche Alberto Faustini, Direttore responsabile dei quotidiani Alto Adige e L’Adige di Trento: “C’è la montagna di chi la vive, di chi la frequenta abitualmente, del turista, di chi fa business, di chi quei luoghi li protegge, di chi ci sta tornando anche grazie allo smartwork: una montagna da vivere, non da fotografare per 12 secondi per fare un selfie, dove si riscopre la solidarietà”.

“Il Covid è stata una cartina di tornasole che ha messo in evidenza alcune contraddizioni”, ha detto Eloise Barbieri, filmaker e alpinista, “tra cui il ritardo tecnologico, che invece potrebbe dare sviluppo e ripopolamento alla montagna”. Piero Ballauri gestisce un agriturismo a Saint-Pierre, ed ha notato come le regioni di montagna dipendano dai turisti: “Col primo lockdown eravamo più attenti alle realtà locali, ma appena è finito l’isolamento è tornato tutto come prima”.

La differenza che Don Paolo Papone, parroco di Valtournenche, ha visto tra il primo ed il secondo lockdown ha un carattere psicologico legato alla possibilità di movimento: “Nel primo molta gente era al limite, mentre ora vedo più serenità perché si può camminare. I sentieri sono qualcosa di prezioso, bisogna ritrovare il valore del turismo di prossimità”. Nicolas Evrard, Sindaco di Servoz, Haute-Savoie, punta sull’autonomia della montagna ed una riscoperta dell’ingegneria dei paesi di montagna: “La montagna non deve più essere periferia, ma il centro dello sviluppo. È necessaria una cooperazione di prossimità, ritrovare le nostre radici comuni tra Savoia, Valais e Valle d’Aosta”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA e da Googlepolitica sulla riservatezza e Termini di servizio fare domanda a.

Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

Vuoi rimanere aggiornato sulle ultime novità di Aosta Sera? Iscriviti alla nostra newsletter.

Articoli Correlati

Fai già parte
della community di Aostasera?

oppure scopri come farne parte