Casinò di Saint-Vincent, i dubbi del Commissario sul nuovo piano concordatario

Scrive Ivano Pagliero, analizzando le ricadute del Covid, sulla casa da gioco: “Solo un piano, che preveda un periodo temporale più ampio" può "garantire ai creditori un maggiore e migliore soddisfacimento". Caveri e Grosjaques: "No ad allarmismi, ma prudenza". Aggravi: "La cura al casinò funziona, così si deve andare avanti".
Il Casinò de la Vallée
Economia

“Questo concordato ha, secondo lo scrivente, una primaria criticità: la compatibilità del piano industriale (e concordatario) con il Covid 19 e, di conseguenza, anche l’impatto pandemico sulla possibile durata del piano stesso”. E’ tranchant il giudizio del commissario giudiziale Ivano Pagliero. Nelle oltre 200 pagine della relazione al piano concordatario, presentato dalla casa da gioco di Saint-Vincent nell’ottobre scorso al Tribunale di Aosta, sono poche le certezze che vengono offerte ai creditori che il 9 marzo prossimo saranno chiamati ad esprimersi sulla procedura. A cominciare dalla durata “molto breve del piano”.

La casa da gioco è chiusa dal novembre scorso e ad oggi da Roma non arrivano segnali per la sua riapertura. Il Dpcm che ne conferma lo stop scadrà il prossimo 5 marzo, ma come ricorda anche il Commissario “siamo ormai abituati ad immaginare riaperture che paiono certe e che poi non si verificano (leggasi impianti di risalita delle piste da sci proprio in questi giorni)”.

Per questo secondo Pagliero “il momento storico attuale ispira a ritenere” che “solo un piano, che preveda un periodo temporale più ampio, possa garantire ai creditori un maggiore e migliore soddisfacimento; senza per questo impedire che, nel caso in cui la ripresa consenta flussi straordinari, gli stessi creditori possano essere pagati antecedentemente alle scadenze previste dal piano”.

Fra le poche, certezze di Pagliero c’è il giudizio sul passato. “L’operazione drastica di “tagli” ai costi operata in esecuzione del primo piano concordatario ha sicuramente dato notevoli risultati.” E ancora “la struttura più snella rende possibile la ripartenza dell’attività aziendale con maggiore serenità”. Il problema rimane, però, sul quando si potrà realizzare questa ripartenza.
“Il piano, proposto da CAVA, si articola su tre anni di cui uno, il 2021, assolutamente incerto e privo di ogni concreta aspettativa. Non solo: il piano concordatario redatto da CAVA, poiché depositato dalla ricorrente il 21.10.2020 e quindi prima della chiusura del 26.10.2020, si articola su flussi che prevedevano ricavi per tutti i mesi del 2020 e 2021”.

Nella relazione vengono presi in esame quattro diversi scenari con “approfonditi stress test” con l’obiettivo di verificare i flussi di cassa.
In tutte e quattro le ipotesi si prevede la ripresa dell’attività della casa da gioco a partire dal 1° luglio 2021. Nel primo scenario si ipotizzano costi fissi per ciascun mese di inattività pari a 625.000 euro (dichiarati dall’azienda ma secondo Pagliero senza fornire indicazioni precise), nel secondo costi per 1 milioni di euro, nel terzo costi fissi di 625.000 euro per ciascun mese di inattività e previsione del piano industriale del 2023 su base 2022 e nel quarto costi fissi di 1 milione di euro per ciascun mese e previsione del piano industriale del 2023 su base 2022.
Secondo quanto emerso due ipotesi su quattro (il secondo e quarto scenario) “contemplano addirittura, come detto, una carenza di liquidità a maggio/giugno 2021” mentre il terzo scenario “determina un minor soddisfacimento dei creditori chirografari nella misura del 63,91%” (la proposta del piano attuale è dell’80%).

I dubbi sollevati da Pagliero non aprono però le porte a possibili alternative al concordato. E’ infatti l’attestatore del piano, il commercialista Luca Poma, a segnalare come con il fallimento “gli organi della procedura potrebbero realizzare somme per il soddisfo del ceto creditorio chirografario forse nella misura del 10%” e in ogni caso “l’attivo fallimentare sarebbe realizzato con tempistiche allo stato difficilmente prevedibili, ma certamente non brevi”. Sull’altra procedura alternativa, l’amministrazione straordinaria (legge Prodi bis) il Commissario espone invece i dati raccolti dal ministero dello Sviluppo economico: durata media di almeno dieci anni, su 244 amministrazioni straordinarie solo tre realtà sono state risanate (peraltro facenti parte di un unico gruppo) e su 68.459 dipendenti hanno trovato una ricollocazione 30.052 persone.

“No ad allarmismi, sì alla prudenza”

Ad invitare alla prudenza, anche alla luce di una recente audizione in Commissione dell’Amministratore unico Filippo Rolando, sono l’Assessore alle Partecipate Luciano Caveri e i Presidente della Quarta Commissione consiliare Giulio Grosjacques.

“Sappiamo bene – segnalano i due esponenti politici – quanto sia delicata la situazione della Casa da gioco, anche per le ulteriori difficoltà dovute alla lunga chiusura”. Aosta e Saint-Vincent guardano con attenzione a Roma e al nuovo governo Draghi, da una parte per la riapertura dell’attività, con la mobilità interregionale, e dall’altra per la questione ristori. 

“La recente audizione conferma, come detto dall’amministratore unico Filippo Rolando, che un nuovo fondo COVID-19 allocato per sicurezza e un allungamento di un anno del tempo di rientro dai debiti ancora esistenti può essere elemento di rassicurazione in vista dell’assemblea dei creditori. Per cui ribadiamo come il dossier, che ci pare sia elemento considerato significativo da tutto il Consiglio Valle, sia seguito in modo costante nell’attesa delle decisioni che verranno assunte in sede giudiziaria per il salvataggio della società e per il suo rilancio”.

“La cura applicata al Casinò però funziona e così si deve andare avanti”

A chiedere nei giorni scorsi l’audizione in Commissione dell’Au Rolando e dell’Assessore Caveri era stato il consigliere della Lega VdA Stefano Aggravi, che da ex assessore al bilancio fu fra i principali artefici dell’opzione concordataria per la casa da gioco valdostana.

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