Stop all’asta per la villetta di Cogne, Taormina: “I coniugi Franzoni hanno iniziato a pagare”

In un programma televisivo, l’avvocato Carlo Taormina, che aveva chiesto il pignoramento della casa in cui nel 2002 era stato ucciso il piccolo Samuele Lorenzi, ha spiegato la sospensione della vendita.
L'avvocato Taormina (secondo da sx) negli studi di Telelombardia (foto da Facebook).
Cronaca

Doveva tenersi alle 9 di oggi, venerdì 19 febbraio, ma al Tribunale di Aosta non c’è stata nessuna asta per la villetta a Montroz di Cogne, proprietà di Annamaria Franzoni nella quale il 30 gennaio 2002 venne ucciso il figlio della donna e del marito Stefano Lorenzi, Samuele. Il perché lo ha spiegato l’avvocato Carlo Taormina, che ne aveva chiesto il pignoramento a fronte di onorari professionali non riconosciuti.

“L’asta stava andando avanti, ma è stata fermata perché i coniugi Franzoni hanno iniziato a pagare” ha detto il legale, durante la puntata di ieri sera della trasmissione “Iceberg Lombardia”, in onda su Telelombardia, di cui è tra gli opinionisti. “Non ci siamo messi d’accordo con un piano di rientro, ma sulla parola. – ha spiegato l’avvocato, primo difensore di Franzoni nella causa per l’omicidio del figlio, in cui venne condannata a sedici anni di carcere – Ci ho già pagato le tasse sulla cifra che è già arrivata”.

“Una quota è arrivata e siamo già d’accordo, grosso modo, – ha detto l’avvocato Taormina al conduttore del programma Marco Oliva – su quando arriverà la prossima, gli ho dato tempo fino a giugno. Ma non faccio il persecutore”. La sospensione dell’asta, decretata lo scorso 4 febbraio dal giudice Paolo De Paola, durerà appunto fino al 30 giugno ed è scattata a seguito del fatto che Taormina, quale creditore, non ha presentato opposizione alla richiesta dei Franzoni di fermare temporaneamente la vendita.

L’azione di esecuzione immobiliare era stata avviata da Taormina, assistito in questa vicenda dal figlio Giorgio, a seguito di una sentenza civile del Tribunale di Bologna, che aveva condannato Franzoni a riconoscergli 275mila euro. Nell’atto di pignoramento – opzione percorsa dal legale perché la donna, stabilitasi dopo la scarcerazione sull’appennino emiliano con la famiglia, non avrebbe presentato altri beni aggredibili – la somma era lievitata fino ad oltre 450mila euro. La base d’asta definita per la villetta era di 835.300 euro.

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