“Un continuo dare e ricevere energia”. Per descrivere il lavoro di Marina Abramović, lavoro di cui fa parte come performer a Londra, Leonardo Sinopoli, artista aostano da anni impegnato in progetto internazionali, non usa mezzi termini, e come dargli torto quando si ha la fortuna di poter crescere e lavorare accanto a un mostro sacro dell’arte contemporanea come la serba?
Leonardo inizia il suo percorso artistico internazionale a Firenze, dove si trova per studi e dove ha l’occasione di entrare a contatto con i più grandi: “Vivevo a Firenze ormai già da 4 anni, mi ero trasferito a 16 anni con una borsa di studio per frequentare l’accademia di danza “Balletto di Toscana” diretta da Cristina Bozzolini, per poi entrare due anni dopo a fare parte dell’organico della compagnia “Nuovo Balletto di Toscana” per la stagione 2018/2019. Ed è proprio lì a Firenze, la città che mi ha cullato per 4 anni, che ho avuto l’opportunità di lavorare per la prima volta come performer nella retrospettiva di Marina Abramović, “The Cleaner” a Palazzo Strozzi. Ricordo quel periodo come un bel sogno ad occhi aperti: dal giorno della prima selezione a quando ho ricevuto la risposta positiva, dal primo incontro con Marina all’interno delle importanti mura di Palazzo Strozzi che avrebbero accolto la mostra per i 5 mesi successivi”.
Dall’ombra di Santa Maria Novella a quella del Big Ben, passando per Belgrado, i passi di danza (ed è riduttivo definirla tale!), di Leonardo, lo portano lontano, sempre alla ricerca delle performance più coinvolgenti e dei progetti più totalizzanti. Sinopoli va a Belgrado, per la retrospettiva della Abramović al MoCaB (museo di arte contemporanea di Belgrado) e da lì fino a Londra, appunto, per questa nuova mostra alla Royal Academy of Arts: “Per me è un onore lavorare a contatto con queste due grandi realtà che sono Marina Abramović e la Royal Academy of Arts. Marina è la prima artista donna a varcare gli spazi di questa istituzione nei suoi 255 anni di storia con una propria personale. Una mostra, curata da Andrea Tarsia, che ripercorre quelli che sono i 50 anni di carriera dell’artista serba; la mostra ripercorre la vita della Abramović tramite documentazione, installazioni, video, ma soprattutto tramite la re-performance. Il mio lavoro come performer è quello di ri-performare alcuni dei suoi lavori e in particolare Luminosity, Nude with skeleton e Imponderabilia”.
Sinopoli propone ogni giorno le performance dell’artista davanti a un pubblico diverso che diventa parte integrante dell’installazione e che contribuisce a creare arte. Per l’artista valdostano, il merito più grande di Marina Abramović è di “essere stata in grado di trasformare la sua arte nel corso dei decenni. Performances che diventano nostre; diventano di chi le performa e del pubblico che ne prende parte. Un pubblico diverso ogni giorno, agente attivo di quello che succede all’interno della mostra e in grado di ispirare e lasciarsi ispirare. E così io divento “Luminosity” o “Imponderabilia”, originariamente di Marina, e queste diventano mie in un continuo dare e ricevere energia”.
A chi si chiede come l’arte contemporanea, e in particolare quella dell’artista serba spesso destabilizzante, volutamente provocatoria e interrogativa per la maggior parte del pubblico, possa fare centro e assolvere a pieno il compito di arte per arte, le parole di Leonardo sulle performance da lui riproposte possono aiutare a chiudere il cerchio: “Marina ci offre un vero esempio di come l’arte possa essere un tramite per esplorare e condividere la propria evoluzione personale, ammiro la sua ineguagliabile capacità di saper trasformare il concetto di performance nel corso dei decenni”.
E, mentre il giovane aostano è impegnato su scene internazionali, non dimentica l’impegno personale, l’attivismo e la scena locale, fondamentali nel suo percorso fin qui: “Sono grato di come questa esperienza mi abbia reso più chiaro il tipo di persona che voglio diventare. La mia carriera va di pari passo con il mio attivismo e con la mia crescita personale; il 10 ottobre 2022 ha debuttato all’ Hôtel des États, grazie al Comune di Aosta e all’ Assessore alla cultura Samuele Tedesco, la mia prima personale “Chinmoku no Mori”, in collaborazione con Bianca Carlino e Alessandro Cimma. Questo è stato per me un evento davvero importante non solo perché si è trattato della mia prima mostra nella mia città natale, ma perché ho avuto l’ opportunità di esporre un mio personale linguaggio alla quale lavoro da anni, un linguaggio che, nel mio piccolo, prova ad abbattere i muri che separano le diverse istituzioni e che cerca di coinvolgere il pubblico in un’ esperienza totalizzante: questo credo sia il mio obiettivo al momento, lavorare con diverse discipline – antropologia, performance art, danza, fotografia e reportage per quanto riguarda la mostra “Chinmoku no mori” – in maniera interdisciplinare, dove queste diventano un fil rouge l’una dell’altra in grado di stimolare e offire al pubblico più strumenti possibili”.