Immaginatevi di essere in una piccola località di montagna. Tutto è addobbato a Festa. Le luci del Natale, l’albero, i regali. Di giorno, sembra quasi vero che tutti possano essere più buoni. Poi, una notte, ti svegli di soprassalto, e i tuoi incubi ritornano ad essere la tua realtà quotidiana. Un fidanzato violento, l’alcol, una porta sfondata, e ti ritrovi con vecchie ferite di nuovo aperte. Impotente. L’Amore si trasforma in Paura. Ma stavolta, il coraggio di denunciare, lo trovi. E pensi: “Adesso è finita!” Invece, è un altro inizio di sofferenze e lotte, contro te stessa, contro la burocrazia e contro chi, con superficialità, non può capire cosa voglia dire non poter tornare a casa propria e avere il terrore delle ombre della sera, dietro alle luminarie natalizie.
Perché finché c’è luce e sei al lavoro ancora ancora te la cavi. Perché sei impegnato, ci sono i clienti, i colleghi, i turisti, ma poi? Quando i poliziotti smontano servizio e inizia la sera, queste persone si rendono conto di cosa sia veramente la paura di un’ombra? L’angoscia di attraversare la strada velocemente per arrivare alla macchina? La paura che ti fa nascondere in una stanza (e non di casa tua, dato che lì non puoi proprio neanche pensare di entrarci) e non aver voglia o forza nemmeno di uscire per mangiare? Lo sanno davvero cos’è il terrore?
Non è questa una denuncia contro le Forze dell’Ordine.
Siamo qui tutti a giudicare in poltrona e a gridare “Al Lupo! Al Lupo!”, ma la Responsabilità è di Tutti, nessuna e nessuno escluso.
Tuttavia, nonostante i solleciti ad ogni livello, alle denunce e le segnalazioni, una ragazza, di fatto, viene lasciata sola.
Sola, con gli incubi del sangue dappertutto, della casa devastata.
Sola, con i punti in testa e le ferite nell’anima.
Sola, a fare i conti con i propri sensi di colpa, per aver creduto in una relazione tossica per mesi e mesi. (E da tanti anche per questo giudicata e umiliata)
Sola, con la paura di non farcela ad affrontare le difficoltà del futuro.
Sola, dinnanzi ai poliziotti, che le hanno suggerito di lasciare la stazione, mentre a lui, essendo lavoratore subordinato, è concesso restare.
Sola, ad aspettare impotente che la burocrazia faccia il suo corso, con l’ansia che potrebbe risuccedere, e che potrebbe essere l’ultima volta.
Siamo qui a chiedere un intervento deciso e tempestivo delle Autorità, perché la situazione è grave, ma siamo ancora in tempo per evitare il peggio. Chiediamo aiuto, affinché si agisca al più presto.
La denuncia è del 23/12, e, dopo 4 giorni, non solo questo soggetto pericoloso è in libertà, ma continua a provocare lei e le persone che le sono accanto. A minacciarla. Sicuro che, come tutte le altre volte, rimarrà impunito. Non è un film; è la realtà. È frustrante per noi tutti ed è lacerante per lei.
È facile dire “Denuncialo!”. È l’ora di Esserci. Adesso.
Lettera firmata
3 risposte
Beh, un inizio potrebbe essere intanto non colpevolizzare le vittime! Un abitudine che ahimè è ancora troppo diffusa…
Si potrebbe ad esempio fornire un “servizio di accompagnamento” negli spostamenti per il periodo in cui la persona che causa tali sofferenze, anche psicologiche, si trova a piede libero, creare una rete di sostegno che non segua il semplice orario d’ufficio, perché purtroppo è risaputo ormai da tutti, anche dai persecutori, che fin troppo spesso arriva un momento in cui le vittime vengono lasciate sole e così loro hanno libero il loro spazio d’azione.
Si dovrebbe assolutamente rinforzare la divulgazione, non solo per i giovani, anzi soprattutto fra gli adulti, sulle varie forme di violenza nelle varie situazioni di vita per imparare a riconoscerla in modo da tutelarsi ed evitare dal lato opposto, di mettere in atto inconsapevolmente comportamenti lesivi; le ricadute che la violenza, di ogni genere, ha sulla vita di una persona, sono altamente debilitanti e purtroppo troppo spesso hanno risvolti anche sulle generazioni successive. La necessità è iniziare meglio dalla prevenzione!
Quindi per rispondere alla tua domanda: proposte in merito?
Smettere di fare tagli sulla salute mentale ed iniziare concretamente un investimento sulla sensibilizzazione a tutta la popolazione, soprattutto alle figure che ricoprono un ruolo di responsabilità nella società (polizia, insegnanti, medici…) sull’ imprescindibilità del rispetto del proprio benessere psicofisico; se ognuno di noi conoscesse l’importanza di questo concetto si ridurrebbero i rischi di incappare in manipolazioni malevoli.
Inoltre l’investimento nella salute mentale porterebbe maggiore sostegno anche nella fase successiva alla denuncia; momento di profonda solitudine ed emotività molto intensa di non semplice gestione per le persone che vivono situazioni tanto delicate.
Si riconoscerebbero anche più rapidamente i segnali dei comportamenti a rischio e questo concederebbe a un’eventuale vittima di allontanarsi più in fretta possibile e alle figure sopra menzionate un invio preventivo a chi di competenza (terapeuta, psichiatra…).
È chiaro che chi ci rappresenta ha la responsabilità di tutelare ognuno di noi; argomenti come questo richiedono competenze in vari ambiti (giuridici, sociali, psicologici…) ed è innegabile che la complessità che contraddistingue la portata di tale genere di problema non sia di semplice risoluzione. Non si può neanche negare però che l’umiltà di confrontarsi con figure più preparate per cercare di avvicinarsi il più possibile al raggiungimento di una soluzione, provare e riprovarci ancora, sarebbe indice di un rappresentante che tiene molto alla popolazione, disposto a qualunque cosa, anche ad ammettere i propri limiti, pur di avvicinarsi al VERO benessere dei cittadini.
Utopia?
Purtroppo la Valle d’Aosta ha soltanto circa 11.000 dipendenti pubblici, più o meno 1 ogni 10 abitanti. Pochi per poter seguire anche queste situazioni ?!
Ha un suggerimento concreto da proporre? Penso che molti di noi vorrebbero poter fare qualcosa, ma cosa?