Assomigliano a un soufflé che si sgonfia o ai libri di una libreria che, in mancanza di un sostegno, iniziano a scivolare l’uno sull’altro. Sono degli spostamenti del terreno quasi impercettibili ma capaci di raggiungere i 200 metri di profondità e di provocare, con il passare del tempo, dei danni alle strade, alle condotte forzate e agli edifici, mettendone a rischio l’abitabilità. Con dei carotaggi in tre “siti pilota” a Valtournenche e a Saint-Rhémy-en-Bosses, il governo regionale vuole approfondire e monitorare l’evoluzione delle deformazioni gravitative profonde di versante che riguardano il 15% del territorio valdostano.
Per capire l’origine e la storia di questi fenomeni bisogna fare un passo indietro a circa 12.000 anni fa, quando i ghiacciai occupavano le vallate alpine. Questi “scavavano le vallate in profondità, comprimendo i versanti rocciosi che facevano loro da sponda – spiega il geologo Davide Bertolo, dirigente della struttura Attività geologiche dell’assessorato regionale alle Opere pubbliche, al Territorio e all’Ambiente -. Quando poi si sono ritirati, i versanti già composti da roccia particolarmente debole si sono visti mancare il loro sostegno, cominciando lentamente a crollare”.
Pur avendo alle spalle decine di migliaia di anni, i primi studi valdostani sulle deformazioni gravitative di versante risalgono agli anni Novanta. “Sono spostamenti molto lenti, di neanche 2 centimetri l’anno, molto estesi e profondi anche 200 metri – afferma il geologo -. Non producono effetti immediatamente percepibili o situazioni di pericolo istantaneo ma nel lungo termine. Gli edifici e le infrastrutture che risalgono agli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, costruiti quando questi fenomeni non erano ancora noti e che adesso si trovano ad avere più o meno cinquant’anni, cominciano ad avere delle crepe e dei problemi dovuti a questi movimenti, come gli ascensori che non scorrono più nelle canne o i tubi che si rompono, situazioni anche al limite dell’abitabilità. Questo vale per le abitazioni ma anche per le strade e per le condotte forzate. Ciò comporta delle manutenzioni sempre più frequenti soprattutto per le opere che hanno già una certa età e il problema riguarda proprio il tipo di manutenzione da eseguire perché un conto è avere a che fare con un frana profonda 10 metri un altro con una profonda 200 metri”.
L’obiettivo dei carotaggi finanziati dalla Regione è di analizzare dei campioni di roccia per avere dei dati e monitorare il fenomeno. “Abbiamo individuato tre siti pilota, ovvero la zona di Cielo Alto a Breuil-Cervinia, il capoluogo di Valtournenche e Saint-Rhémy-en-Bosses dove c’è la strada che porta al tunnel del Gran San Bernardo – spiega Bertolo -. In questi siti abbiamo condotto un’indagine geofisica, una sorta di ecografia, per individuare dove prelevare i campioni di roccia. Nel 2025 faremo la gara per l’aggiudicazione dei carotaggi e poi procederemo con il primo a Breuil-Cervinia”. Con una trivella saranno effettuati dei fori, uno per ogni sito individuato, profondi fino a 250 metri. I campioni di roccia estratti saranno analizzati sul posto e nei fori saranno installati dei sensori per monitorare gli spostamenti in profondità nel tempo, da remoto. I costi ammontano a 400.000 euro per i due carotaggi a Valtournenche e a 220.000 euro per quello di Saint-Rhémy-en-Bosses.
“Siamo la prima regione in Italia a partire con un’attività così organica che prevede sia lo studio sia il monitoraggio del fenomeno per validarlo e poi mettere in campo degli studi su altri siti. In passato sono già state fatte delle indagini, ma molto puntali e localizzate”, afferma il geologo. Che aggiunge: “Questi dati sono funzionali a capire come investire le risorse per poter mitigare l’impatto di questi fenomeni sulle infrastrutture anche se non c’è un pericolo immediato. I dati raccolti confluiranno in una modellazione digitale in 3D che ci consentirà di vedere com’è fatto dentro il versante”.
Quanto alle attese, “a Breuil-Cervinia la situazione è più conosciuta e ci aspettiamo di trovare nei primi 100-150 metri del materiale detritico e poi della roccia sana – afferma il geologo -. A Saint-Rhémy-en-Bosses invece questo fenomeno non è mai stato studiato dal punto di vista scientifico quindi sarà una scoperta”. Quel che è certo è che “si tratta di due casi diversi“. Mentre a Valtournenche la situazione è simile a “dei libri che in mancanza di un sostegno scivolano l’uno sull’altro perché con il ritiro dei ghiacciai è venuto a mancare il sostegno che teneva insieme i detriti”, a Saint-Rhémy-en-Bosses l’immagine è quella del “soufflé che si sgonfia” per via della corrosione delle rocce – gesso soprattutto e quindi più fragile – dovuta all’acqua e al vento.