Con l’arrivo della primavera sta iniziando anche la prima fase della stagione vitivinicola. Dopo il 2024, un anno disastroso per la produzione enologica valdostana, facciamo il punto sulle difficoltà della vite e sui motivi alla base di questi problemi. Ne parliamo con Patrick Ronzani, il responsabile dell’unità di ricerca di Viticoltura-Enologia dell’Institut Agricole Régional. Secondo l’esperto, i motivi sono indirettamente collegati al cambiamento climatico. Le temperature, la frequenza e l’intensità delle precipitazioni sono cambiate e questo favorisce la rapida diffusione di malattie della vite a cui i viticoltori non sono preparati.

“Nelle due annate 2022 e 2023, praticamente non ci sono state precipitazioni durante tutto l’arco fenologico della vite – spiega Ronzani -. C’è stato qualche temporale, ma poco o nulla. Questo ha comportato meno problemi fitosanitari, ma tanta siccità. Anche la disponibilità d’acqua è stata critica in certi momenti. Nel 2023, la qualità delle uve è stata ottima, ma c’è stata una difficoltà nella vendemmia: a causa del caldo tutte le uve sono maturate insieme, creando un affollamento nelle cantine. Sono state due annate ottime per la qualità della produzione, ma difficili da gestire”.
“Il 2024 è stato l’opposto. In alta e bassa Valle pioveva molto di più rispetto al centro, per via delle correnti d’aria calda che incontrano l’aria fredda delle montagne. Questo ha creato più temporali, più nuvole e più millimetri d’acqua, ma soprattutto ha favorito la diffusione di malattie della vite anche nelle zone in cui precedentemente non c’erano le condizioni climatiche, nel nostro caso il centro Valle”.
“In questa zona abbiamo sempre avuto poche malattie grazie al suo clima: poca pioggia, tanto vento e temperature estive alte in grado di bruciare il fungo. Comunque noi, per la prevenzione, facciamo solo 4-6 trattamenti all’anno, in bassa Valle forse 7-8. Ma fuori Valle ne fanno anche fino a 15. In questa fase della crescita della pianta, in Piemonte sono già al quinto trattamento, mentre qui siamo ancora al secondo”.
La peronospora e l’oidio
Il problema principale sono la peronospora e l’oidio, malattie fungine molto pericolose per la vite. Le condizioni perfette per la diffusione della peronospora sono umidità elevata e forti piogge che rimbalzando sul terreno lanciano le spore del fungo sulle foglie della vite. L’altra malattia è l’oidio, un fungo che si diffonde grazie all’aiuto del vento e in condizioni di temperature moderate e umidità relativa non troppo alta. Per entrambe le malattie il trattamento più efficace è la prevenzione.
La peronospora, tecnicamente non è un fungo, ma un oomicete arrivato in Europa dall’America nell’Ottocento. Una volta penetrata nella pianta, si sviluppa all’interno dei tessuti e quando compaiono i sintomi è spesso troppo tardi. Le foglie mostrano macchie gialle, e sui grappoli si può avere l’imbrunimento e la deformazione degli acini, con il grappolo che spesso assume la tipica forma ad uncino. L’infezione può portare alla perdita parziale o totale della produzione.

Anche l’oidio colpisce foglie, germogli e frutti in accrescimento. Le zone attaccate si decolorano e possono disseccarsi. Negli acini dell’uva, provoca spaccature che compromettono lo sviluppo e favoriscono l’ingresso di altri patogeni facendo marcire la produzione.
Le infezioni toccano anche il centro Valle
In centro Valle, dove piove meno – mediamente 500/600 mm all’anno – i viticoltori sono meno abituati alla peronospora. Ma nel 2024 si sono verificate condizioni ideali: maggio e giugno piovosi, poco vento, temperature moderate e vegetazione rigogliosa difficile da gestire. È stata la combinazione perfetta per l’esplosione della peronospora. Inoltre, la pioggia continua rendeva più difficile il lavoro di manutenzione e i sopralluoghi alle viti.
“Pioveva continuamente, non si riusciva a lavorare nei vigneti – spiega ancora l’esperto -. In quelle condizioni bisogna correre per decidere quali operazioni colturali fare. E chi ha sbagliato tempi o trattamenti si è trovato in difficoltà. Le piogge non erano torrenziali, ma persistenti e senza vento: questo è ancora peggio per l’umidità e la diffusione delle spore”.
“Per facilitare la prevenzione usiamo delle stazioni meteo che rilevano dati come temperatura, umidità, pioggia, vento, bagnatura fogliare. In base a questi dati, un software elabora il rischio di infezione. Questo aiuta molto a pianificare i trattamenti, anche se ogni vigneto va controllato direttamente: serve l’occhio del viticoltore”.
Per i prossimi anni
In futuro, la viticoltura dovrà adattarsi: il cambiamento climatico è evidente. Bisogna prepararsi, imparare a leggere le condizioni meteo, fare buona gestione agronomica. Servono conoscenza e aggiornamenti continui. La Regione, il Consorzio vini e l’Institut Agricole stanno lavorando per supportare i viticoltori. Il clima incerto renderà sempre più difficile fare previsioni, ma chi è preparato sarà più pronto ad affrontare le sfide.
Una risposta
Cambia il clima e come conseguenza sempre e solo aumento dei trattamenti.
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