Disagio infantile e adolescenziale: un convegno sul ruolo della famiglia

Organizzato in occasione del 25° anniversario della Di.A.Psi. Valle d’Aosta, l'incontro ha affrontato il ruolo della famiglia nel disagio psichico in età giovanile, con attenzione a prevenzione e ascolto. Presentato il libro di testimonianze “Insieme si può”, che racconta la forza della rete tra pazienti, famiglie, operatori e volontari.
DI.A.PSI
Società

Il rapporto tra genitore e figlio è un incontro, che a volte funziona, a volte no” – ha detto Anna Maria Beoni, direttrice del Dipartimento di Salute Mentale dell’Usl della Valle d’Aosta, durante il convengo “La famiglia che cammina sulle uova: prevenzione e sostegno nel disagio giovanile”, tenutosi ieri pomeriggio alla sala Maria Ida Viglino di Aosta.

Organizzato in occasione dei 25 anni dell’associazione Di.A.Psi. (Difesa Ammalati Psichici) Valle d’Aosta, l’evento ha offerto un approfondimento sui disagi infantili e adolescenziali di oggi, sul ruolo delle famiglie e sui disturbi del neurosviluppo, riaffermando il ruolo dell’associazione – come ha evidenziato il presidente del Consiglio Valle Alberto Bertin – “nella difesa dei diritti e nella lotta contro lo stigma e l’emarginazione che colpiscono chi soffre di disagio psichico“.

Un appuntamento che ha intercettato “uno dei problemi maggiori della comunità”, come ha sottolineato l’assessore alla sanità Carlo Marzi, ovvero la “difficoltà di occuparsi di salute mentale a 360 gradi, interfacciandosi con malati, famiglie e professionisti”. L’evento ha inoltre accolto la presentazione del volume “Insieme si può”, una raccolta di testimonianze che racconta la forza della rete tra pazienti, famiglie, operatori e volontari della Di.A.Psi.

Da sinistra, Anna Maria Beoni, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale USL Valle d’Aosta, Odetta Bonin, Presidente Di.A.Psi Valle D’Aosta, Carlo Marzi, Assessore alla Sanità e Alberto Bertin, Presidente del Consiglio

I segnali del disagio e la sosta nella fatica 

Perché oggi le famiglie camminano sulle uova?” – si è chiesto lo psicologo e psicoterapeuta Paolo Calvarese. “Oggi la famiglia è altamente in difficoltà: si fa fatica a capire cosa è normale e cosa frequente, i riferimenti del passato non bastano più e mancano gli strumenti per leggere le situazioni che vivono i figli”, ha detto.

I principali segnali del disagio in età evolutiva si riferiscono a cambiamenti di comportamento, difficoltà scolastiche, alterazioni del sonno, disordini del comportamento alimentare, difficoltà nelle relazioni sociali, agiti autolesionistici, sviluppo di dipendenze, vissuti depressivi e difficoltà di concentrazione e attenzione.

“Oggi la dipendenza riguarda soprattutto l’utilizzo di Internet a 360 gradi, che arriva fino a 8-9 ore al giorno. Il mondo virtuale non va demonizzato, ma gestito con consapevolezza: dobbiamo lavorare sull’educazione all’utilizzo del mezzo,” ha spiegato.

Riguardo alla scuola, ha sottolineato come le difficoltà di concentrazione siano spesso legate all’aspettativa che l’apprendimento debba sempre intrattenere, seguendo le logiche del web: “Assistiamo a una richiesta costante alla scuola di essere accattivante per l’allievo, perché altrimenti si annoia. La vita, però, è anche stare con la fatica e il dolore dell’apprendimento“, ha aggiunto ancora.

La ricerca dentro di sé

Calavese ha poi sottolineato l’importanza di esplorare il mondo interiore dei propri figli: “Cerchiamo sempre cause esterne identificabili. I genitori non si fermano tanto a guardare dentro, ma agiscono. Un esempio di azione frequente è l’imminente cambio di scuola in caso di difficoltà scolastiche”.

Il disagio giovanile richiede uno sguardo più profondo, attento e meno reattivo. In questo gioca un ruolo centrale anche l’ansia scolastica, un problema sempre più diffuso che riguarda tanto i ragazzi quanto i loro genitori.

“L’ansia può essere utile, ma quando prende il sopravvento è capace di sequestrare il cervello”, ha spiegato lo psicoterapeuta, che ha invitato a riflettere anche sulle aspettative adulte con tre frasi simboliche: “Io sono anche come tu mi guardi”, “Io non sono la tua matriosca”, “Insegnami a pensare, non dirmi cosa pensare”.

Parole che ricordano che educare non significa semplificare o orientare a ogni costo, ma sostenere a crescere anche nella complessità.

Da sinistra, Odetta Bonin, presidente dell’associazione Di.A.Psi. Valle d’Aosta, Anna Maria Beoni, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale USL Valle d’Aosta, Paolo Calavese, psicologo e psicoterapeuta, Roberto Keller, neuropsichiatra infantile

Autismo, ADHD e disagio evolutivo: la famiglia come primo osservatorio

Durante il suo intervento, il neuropsichiatra infantile Roberto Keller ha evidenziato come negli ultimi anni si sia registrato un abbassamento dell’età nell’insorgenza dei disturbi psichici tra i più giovani, con un aumento significativo dei disturbi del neurosviluppo.

L’autismo colpisce un bambino su trentasei, l’ADHD riguarda circa il 5-6% della popolazione giovanile, senza dimenticare i disturbi specifici dell’apprendimento”. Fondamentale in questo percorso, il ruolo delle famiglie: “Famiglie che osservano, si informano e sostengono. Ma che spesso hanno paura del confronto clinico, del giudizio, delle parole”, ha detto.

Per questo, la diagnosi deve avvenire in un luogo accogliente e autentico, dove l’ansia e i timori delle persone vengono accolti con attenzione. “La neurodiversità è la condizione che valorizza l’unicità di ogni persona umana – ha proseguito Keller -. Nel mondo, ci sono modi di essere più comuni, chiamati ‘neurotipici’; e meno comuni, chiamati ‘neurodivergenti’.  La neurodivergenza autistica è un modo particolare di pensare e interagire. La disabilità nasce quando la società non accoglie questa diversità, creando una tensione tra individuo e contesto sociale”.

Keller ha poi descritto le difficoltà della persona autistica e di come un riconoscimento e intervento precoce possano migliorare il comportamento: i bambini autistici preferiscono mondi ripetitivi per gestire l’ansia, vivono isolati, senza dare fastidio.

“Il problema è proprio questo: nessuno se ne occupa“, ha detto. La solitudine e la mancanza di consapevolezza di sé rendono i bambini con autismo vulnerabili al bullismo e questo può scatenare disturbi più gravi. Per adattarsi alle aspettative sociali, soprattutto le bambine nascondono i propri comportamenti con il “masking”, che tuttavia comporta un enorme sforzo emotivo e cognitivo, compromettendo identità e autostima e portando spesso a ansia, depressione e diagnosi tardiva o errata.

Di nuovo, fondamentale è la famiglia: osservare, informarsi e chiedere aiuto senza paura.

“Insieme si può”: un libro-testimonianza di cura e speranza

Al termine del convengo è stata presentata la pubblicazione “Insieme si può”, nata per il 25° anniversario della Di.A.Psi. e sostenuta dall’ANA (Associazione Nazionale Alpini). “Il libro vuole offrire un messaggio forte: non bisogna perdere la speranza, nemmeno nei momenti più bui.” – ha detto Odetta Bonin, presidente dell’associazione.

“Questo libro dà voce sia a chi ha fatto un percorso di cura ed è riuscito a costruirsi un nuovo equilibrio di vita, sia a chi ogni giorno sostiene: famiglie, volontari, educatori, responsabili di struttura e amministrazioni locali, come Sarre, Aymavilles e Grassan. Questo libro ci ricorda che attorno alla fragilità c’è sempre una rete”, ha concluso.

Una risposta

  1. La famiglia e’ la cosa più importante , e’ attraverso di essa che arriva il primo insegnamento e il primo contatto e inserimento nella società. I ragazzi devono svilupparsi in armonia in ambienti sani.

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