Così il caos ci salverà dall’estinzione: parola di genetista

Un folto pubblico ha assistito alla conferenza “Il benevolo disordine della vita”, ad Aosta. L’ospite, il professor Marcello Buiatti, ha spiegato come la variabilità genetica e culturale siano la chiave della sopravvivenza delle specie.
Conferenza Il Benevolo disordine della vita
Cultura

Il benevolo disordine della vita” non è una scusa per non passare l’aspirapolvere, ma la spiegazione del perché siamo qui, oggi, tre miliardi di anni dopo la nascita delle prime fragili molecole biologiche. Lo sostiene il professor Marcello Buiatti, professore ordinario di Genetica Università di Firenze e socio fondatore di Slow Food, ospite della conferenza di ieri sera, organizzata dalla cooperativa Lo Pan Nër e dalla presidenza del consiglio regionale. “La variabilità in tutte le sue forme e la cooperazione a tutti i livelli rappresentano il segreto della sopravvivenza” ha affermato, sostenendo la tesi con numerosi esempi.

Ogni mutazione dell’ambiente, infatti, mette in crisi lo status quo, e richiede uno sforzo adattativo da parte delle specie. Per vivere occorre cambiare continuamente, e farlo in armonia con tutto l’ecosistema. Tra i cambiamenti possibili, ci sono quelli genetici, prodotti dall’evoluzione delle generazioni, e quelli individuali, adattamenti che avvengono nell’arco di una sola vita. Anche la cultura, prodotto umano per eccellenza, è un motore di cambiamento, in quanto da millenni ci consente di invertire il consueto processo di adattamento all’ambiente, mutando il mondo che ci circonda per venire incontro alle nostre esigenze. L’obiettivo è sempre lo stesso: la sopravvivenza.
Per questo motivo la soppressione della diversità, che sia culturale o biologica, rappresenta un grande rischio.

“Se scompare una popolazione in grado di adattarsi a particolari condizioni ambientali – ha spiegato Buiatti – tutta l’umanità perde una competenza e un sapere unici. In caso di necessità, se l’ambiente richiede proprio quel tipo di informazioni, la specie umana non può più accedervi. Anche le lingue, portatrici di cultura, rappresentano una ricchezza incommensurabile. Purtroppo il loro numero è in costante diminuzione”.

Del tutto analogamente la diversità biologica è un fattore indispensabile per la sopravvivenza della vita sul pianeta. Se si creasse, in laboratorio, la pianta di mais perfetta, produttiva e resistente, e se si coltivasse solo quella, rischieremmo di dovere dire addio alle pannocchie. Se un fungo o un batterio prendesse di mira proprio quella specie l’intera produzione di mais sarebbe condannata. L’esistenza di molteplici varietà di mais, ognuna con le sue caratteristiche e le sue forme di resistenza agli attacchi, rappresenta un’assicurazione contro l’estinzione.
Però la variabilità, la confusione, la contaminazione, la casualità delle mutazioni spontanee, il disordine della vita, in una parola, da soli non bastano. Occorre anche una stretta collaborazione tra tutti gli organismi esistenti. E’ quanto avviene, ad esempio, all’interno di noi. Dal livello macroscopico passiamo al livello microscopico.

“Ogni essere umano  – ha raccontato con gusto il professor Buiatti – possiede circa un kg di batteri, dentro e fuori di sé. Questa formicolante fauna invisibile ci consente letteralmente di sopravvivere. Il nostro metabolismo infatti dipende strettamente dalla collaborazione esistente tra migliaia di specie di microorganismi. Ognuno fa la sua parte, e tutti insieme rendono possibile la nostra esistenza. Anche noi esseri umani siamo parte di un grande corpo, di un grande sistema di relazioni tra forme di vita e ambiente. Dobbiamo favorire la diversità e collaborare per non condannare il pianeta”.

Quindi bando agli ambienti sterilizzati – escluse le sale operatorie – e al conformismo, all’omologazione e alla standardizzazione. Il disordine ci salverà.

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