A Meena Paudel e Nomfundo Caroline Pilisani il premio “La Donna dell’anno” 2011

Sono state la loro sofferenza, la solidarietà e la fedeltà ai propri ideali dimostrati negli anni a mettere in difficoltà la giuria della XIV edizione del riconoscimento internazionale, che quindi ha deciso di assegnare il premio ex-aequo.
Cultura, Società

Meena Paudel e Nomfundo Caroline Pilisani. Due piccole grandi donne che grazie a un costante impegno quotidiano contro la violenza e i pregiudizi, superando innumerevoli difficoltà, hanno saputo distinguersi per la capacità di mettersi al servizio degli altri nei loro paesi di origine, il Nepal e il Sudafrica.

E’ stata la loro sofferenza, la solidarietà e la fedeltà ai propri ideali dimostrati negli anni, a mettere in difficoltà la giuria della XIV edizione de “La Donna dell’anno”, che non se l’è sentita di assegnare a una sola delle due i 35 mila euro messi in palio dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta.

Il primo premio, che sarà impiegato dalle vincitrici per continuare le rispettive attività, è stato quindi equamente diviso (17500 euro a testa), per un ex-aequo che accontenta un po’ tutti, anche la terza finalista. Già, perché alla fine l’italiana Fiammetta Cappellini porterà ad Haiti, dove è capo missione dell’Associazione italiana volontari internazionali e dove coordina tutti i progetti Unicef, quasi la stessa cifra. Ai 5 mila euro del terzo posto infatti si sommano i 10 mila assegnati con il Premio popolarità, risultato di una votazione via internet.

Le motivazioni
“Le tre finaliste erano in egual modo eccezionali e meritevoli di vincere il premio – ha spiegato il Presidente della Giuria, Luigino Vallet – e alla fine abbiamo deciso di assegnarlo ex-aequo riconoscendo le condizioni sociali di estrema difficoltà e disagio in cui hanno operato le due donne straniere, considerando che entrambe sono riuscite a costruire un’organizzazione capace di aiutare un alto numero di persone, in particolare donne e bambini”.

“Sono esperienze tra loro molto diverse – ha continuato il presidente del Consiglio, Alberto Cerise – fatte di sacrifici e molta forza fisica e psicologica. Sono storie di grande coraggio, di donne che ogni giorno difendono dei diritti che molti, purtroppo, calpestano. Rappresentano, come ormai il Premio mette in evidenza da anni, quella parte della società sana e capace di reagire ai soprusi, alle violenze, all’indifferenza.”

Le due vincitrici
Meena Paudel, nepalese, è nata con gravi malformazioni alla colonna vertebrale in un villaggio sperduto ai piedi dell’Himalaya. Per la sua condizione è stata invisa in tutto il villaggio e abbandonata dalla madre. Trasferitasi a Kathmandu è entrata a far parte del NDWA (Nepal Disabled Women Association), un centro di accoglienza per donne con disabilità fisica e mentale, con problemi di integrazione sociale e vittime di violenze e stupri. Decide di impegnare tutte le sue energie nel sostenere le donne disabili, divenendo Program manager della CBM, una ONG che combatte la cecità e le disabilità fisiche e mentali nel Sud del mondo.

Caroline Nomfundo Pilisani, sudafricana di origine nera, è diventata preside di una scuola primaria in anni in cui le persone di colore erano escluse da incarichi pubblici e fortemente discriminate. Oggi è punto di riferimento di tutta la comunità di Philippi, un sobborgo alla periferia di Cape Town e dal 2007 è responsabile di una Casa del Sorriso in cui sostiene le ragazze vittime di violenze e abusi da parte dei propri mariti e compagni, ma anche quelle sieropositive o malate di Aids.

Il premio Soroptimist International Club Valle d’Aosta
Durante la cerimonia, che si è svolta questa sera al Teatro Giacosa di Aosta, è stato assegnato anche un riconoscimento, messo in palio dal Soroptimist International Club Valle d’Aosta, a une delle otto "pre-finaliste", suor Azezet Habtezghi. La missionaria comboniana nata in Eritrea è stata premiata per il suo impegno in Palestina, “dove ha affrontato la tragedia del Sinai, luogo in cui si concentrano folle infinite di disperati, abbandonati dai loro paesi d’origine, fuggiti dalla violenza e dalla carestia”.

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