Riflessione del direttivo Arcigay dopo le dichiarazioni del Direttore di Avvenire

Il direttivo Arcigay risponde ad alcune affermazioni rilasciate dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ospite dell’incontro “Chiesa e contemporaneità. Tra realtà e rappresentazione mediatica” tenutosi venerdì scorso nel salone vescovile.
I lettori di Aostasera, Società

Gentile redazione, lo scorso venerdì, 7 giugno, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ospite dell’incontro “Chiesa e contemporaneità. Tra realtà e rappresentazione mediatica” tenutosi nel salone vescovile, ha rilasciato alcune dichiarazioni sulle quali vogliamo proporre una riflessione.

“Il matrimonio non è uno strumento che serve per normare la dignità degli affetti. Il matrimonio serve per tutelare il prodotto naturale dell’unione tra un uomo e una donna, ovvero i figli”.
Di che secolo parliamo?
Un tempo le nozze servivano davvero esclusivamente per legittimare una filiazione, e quindi per garantire la successione economica. Era l’epoca dei matrimoni combinati, e dei figli cadetti spediti in seminario o in convento (nostalgia?) per non suddividere tra troppi eredi i beni di famiglia. Erano matrimoni funzionali alla riproduzione, inscritti in un progetto in cui l’amore, come lo concepiamo oggi, non era contemplato, ma semmai era un fortunato accidente che poteva talvolta capitare all’interno di un contratto tra famiglie, a loro volta costituite con gli stessi presupposti. Forse è questo il modello di matrimonio proposto dal direttore di Avvenire, ma non è il nostro, lo riteniamo svilente. Pensiamo al matrimonio come a un patto di solidarietà reciproca tra pari, un vincolo affettivo solidissimo, un progetto di vita comune tra due persone che si amano, che richiede una tutela da parte dello stato, perché i diritti e i doveri siano garantiti. Mercificare i sentimenti, piegandoli alla logica riproduttiva, ci appare riduttivo e indegno.
Se fosse vero che il matrimonio serve solo nella prospettiva di procreare, allora le coppie sposate e senza figli per scelta o per impossibilità dovrebbero rinunciare a questi diritti “inutili”: mantenimento in caso di separazione, possibilità di costituire un’impresa familiare, reversibilità della pensione, diritto di assistere il partner morente in ospedale, diritto a partecipare alle decisioni che riguardano il partner in procinto di morire, possibilità di ereditare beni e immobili evitando la tassazione riservata alle persone “del tutto estranee al defunto”, diritto a subentrare nell’affitto della casa comune in caso di morte del partner. In fondo, non essendo la loro unione giustificata dalla presenza di bambini in casa, non ne avrebbero bisogno. Si vede che la delicatezza dei sentimenti, la purezza dell’amore bastano a sancire un’unione, chi ha bisogno d’altro? Forse chi non si sposa non muore, non eredita, non si ammala, non si separa, ma vive un’eterna e felice primavera dei sensi. Auguri!

“Tra due donne, o tra due uomini, questo prodotto (i figli) non c’è, a meno che non si ricorra alla fecondazione in laboratorio, alla mercificazione degli apparati riproduttivi, all’affitto dell’utero, all’acquisto del seme”.
Tralasciando il fatto che il seme viene donato, e non venduto al supermercato, dove ci sono amore e accudimento non c’è mercificazione. La fecondazione in vitro non è una compravendita dei bambini, esattamente come non lo è l’adozione. Su questo non potremo mai avere visioni concordanti.
Su una cosa però dovremmo essere tutti d’accordo: i figli devono essere tutelati. Lasciamo stare la storia delle api e dei fiori, e pensiamo ai bambini già nati, quelle migliaia di minori che crescono, in Italia, senza sufficienti tutele, in quanto sono stati riconosciuti da un solo genitore, quello biologico, perché l’altro è dello stesso sesso del primo. Due persone sognano un bambino, si preparano a riceverlo, lo mettono al mondo, lo accudiscono, ma solo una delle due per la legge è un genitore, e se morisse il bambino potrebbe essere mandato in un istituto per minori. Questi bambini ricevono lo stesso amore degli altri (trent’anni di ricerche internazionali mostrano che nulla li distingue, nello sviluppo psicofisico, sessuale e materiale, dai loro compagni con un padre e una madre) ma non sono come gli altri, secondo le leggi dello Stato. Stato che, tra l’altro, non coincide con la chiesa, neppure in Italia. Questi bambini sono cittadini a metà. Sono anche queste le famiglie da tutelare. La chiesa non ha mai speso una parola per loro.

“La società sta camminando su un crinale molto pericoloso.”
Quali sono gli effetti dell’introdurre matrimonio e adozioni anche per i gay? Basta guardare cosa succede nei paesi dove tutto questo è realtà. Si è parlato tanto, recentemente, della Francia, che è passata dal pacs al matrimonio, ma menzioniamo tutti gli altri paesi dove i gay e le lesbiche si possono sposare: In Europa Paesi Bassi, Belgio, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Regno Unito, contando le unioni civili e i riconoscimenti aggiungiamo Austria, Andorra, Croazia, Finlandia, Germania, Irlanda, Liechtenstein, Cecoslovacchia, Slovenia, Svizzera. Fuori dall’Europa possiamo contare su Cambogia, Argentina, Brasile, Uruguay, Canada, regione di Città del Messico, Taiwan, Sudafrica e alcuni stati Usa per il matrimonio, e per quanto riguarda unioni civili e istituzioni varie, su Colombia, Ecuador, Isole Falkland, Guyana Francese, Nuova Caledonia, Nuova Zelanda, Polinesia francese, Nuova Zelanda, Australia.
Adozioni: Regno Unito, Spagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Paesi Bassi, Islanda e Francia. Germania, Finlandia e Groenlandia pur non consentendo l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso riconoscono a chi è in convivenza registrata con una persona di sesso uguale l’adozione dei figli naturali e adottivi del partner. In Irlanda i single, sia omosessuali che eterosessuali, possono richiedere l’adozione. Nel mondo si può adottare in Sud Africa, Argentina, Brasile, Uruguay, Israele (solo le donne), Canada, Aruba e Antille olandesi, Australia, Nuova Zelanda, in dieci stati Usa (e in quasi tutti gli altri a livello individuale).
Il paventato crollo della civiltà che dovrebbe seguire l’introduzione di queste norme non si è ancora verificato, i matrimoni eterosessuali non hanno perso un etto del loro peso sociale, e pare che nessuno sia stato discriminato in quando eterosessuale, o sia stato costretto ad adottare comportamenti omosessuali.
Generalmente dove esiste un riconoscimento legale si registra un calo delle violenze di matrice omofobica. Forse per qualcuno questo è un problema?

“Lo stato etico non è quello che vogliamo imporre noi, è quello che pretende di inculcarci valori innaturali, come l’abolizione della differenza tra maschio e femmina a favore del concetto di gender, un genere mutevole e a scelta, oggi sono uomo, domani cambio idea”.
L’omosessualità è naturale, sebbene minoritaria. Basterebbe considerare quante specie animali adottano da sempre comportamenti omosessuali, senza che la prosecuzione della specie ne abbia mai sofferto. La cancellazione della differenza tra maschio e femmina non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale, un omosessuale è un uomo attratto da un uomo, un’omosessuale una donna attratta da una donna. Chi per secoli ha creato artificialmente eunuchi cantanti per la maggior gloria di Dio dovrebbe familiarizzare meglio con un concetto come quello di gender, che non propone modelli alternativi in nome di un’ideologia, ma è semplicemente descrittivo della realtà e di un mondo dove le differenze esistono per natura, e hanno un nome e una propria voce, che merita di essere ascoltata.

Il direttivo di Arcigay Articolo 3 Valle d’Aosta
 

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