Ventun giorni di isolamento domiciliare. E’ la misura notificata questa mattina alle 9 a Quart al medico valdostano, rientrato ieri dalla Sierra Leone dopo aver lavorato per un mese in un ospedale di Emergency.
L’uomo, atterrato nel pomeriggio di ieri a Malpensa su un volo di linea proveniente da Casablanca, è arrivato in Valle d’Aosta nella notte in treno. Il sanitario ha fatto sapere di stare bene e ha espresso il desiderio di vedere rispettata la sua privacy.
La misura dell’isolamento è prevista da una procedura di prevenzione contro la diffusione del virus Ebola definita dall’Azienda Usl della Valle d’Aosta. In particolare l’operatore, ha spiegato ieri Massimo Veglio, è stato classificato come contatto a rischio “intermedio”: si tratta quindi di persona sana e non contagiosa per la quale il protocollo prevede la quarantena domiciliare disposta, su segnalazione della struttura sanitaria di Igiene e Sanità Pubblica, con ordinanza del Sindaco del comune di residenza. Durante i 21 giorni di isolamento è previsto un continuo monitoraggio.
Sul clamore mediatico scatenatosi si è scagliata ieri Cecilia Strada. "Parlare di allarme, di messa in quarantena, non serve a niente e a nessuno" ha detto la Presidente di Emergency "La verità è che questa persona sta bene, non ha alcun problema, ha seguito tutte le procedure e i protocolli del Ministero della Sanità italiano, che peraltro sono uguali a quelle dell’Oms e di tutti gli altri".
Secondo la presidente di Emergency parlare di allarme "non aiuta queste persone che stanno tornando da lavori molto difficili ed è grazie a queste persone che si fermerà ebola in Africa e che ebola non arriverà in Europa".
I medici che operano nei Paesi a rischio "meritano forse di essere trattati con maggior rispetto – prosegue Cecilia Strada – senza essere considerati come degli untori e i cittadini italiani non si meritano il panico seminato nelle loro comunità".
