Fontina, irregolarità sanitarie e frode in commercio: assolti tre allevatori

Disposta inoltre la restituzione di 500 forme sequestrate a Giulio Aurelio Jacquemod, imputato assieme ai figli Tania e Patrick, contitolari dell'azienda a La Thuile.
Concorso Fontina d'Alpeggio 2014
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L'allevatore Giulio Aurelio Jacquemod (70 anni, di La Thuile), imputato assieme ai figli Tania (27) e Patrick (30), è stato assolto oggi, venerdì 29 giugno, dalle accuse, mosse a vario titolo, di frode nell'esercizio del commercio, violazione della disciplina igienica della produzione degli alimenti e falso ideologico. Il verdetto del giudice monocratico Marco Tornatore è stato pronunciato "perché il fatto non sussiste".

Il magistrato ha altresì stabilito che vengano restituite ai tre le 500 forme di formaggio destinate alla filiera Dop, sequestrate dal Corpo Forestale della Valle d'Aosta nell'operazione che ha portato i contitolari dell'azienda agricola dell'alta valle a processo (scattata nell'agosto 2017). Il pm Sara Pezzetto, nella sua requisitoria, aveva chiesto condanne per tutti gli imputati, sollecitando 9 mesi di reclusione per Aurelio Giulio, 6 mesi per Patrick e 2 mesi per Tania Jacquemod.

Il sequestro delle forme era stato effettuato dopo quaranta giorni di indagini, con sopralluoghi negli alpeggi della famiglia, acquisizioni documentali, esami testimoniali e acquisizione di perizie. L'accusa contestava che i formaggi fossero prodotti in casere sconosciute all’Usl della Valle d’Aosta, privi di registrazione o riconoscimento e non idonei da un punto di vista igienico-sanitario.

Nell'analizzare in aula le singole imputazioni, l'avvocato Jacques Fosson, difensore con il collega Massimiliano Sciulli, ha puntato sulla scarsa pertinenza di alcune di esse ("l'assenza di porte nei locali non dice nulla rispetto alla possibile contaminazione delle forme"), per poi sottolineare che la supposta identificazione erronea di alcune forme non era altro che la conseguenza di un errore nella numerazione sequenziale dei formaggi (derivante da "problemi amministrativi"), tale peraltro da non inficiare la "tracciabilità del prodotto'.

Nell'invocare l'assoluzione, il legale si è quindi soffermato sul fatto che le 500 forme sequestrate corrispondano a "40/50mila euro di fatturato", cifra importante per un'azienda a conduzione familiare". Insistendo sull'istanza di dissequestro, ha affermato che "le  forme sono ancora commercializzabili, ma più tempo passa, più diventa difficile farlo". Per effetto della sentenza potranno ora tornare in possesso dell'azienda.

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