Un “appello” rivolto ai “decisori politici e tecnici” per “mettere in campo tutte le azioni possibili affinché si approntino percorsi per la gestione/controllo del lupo al pari delle altre specie selvatiche, ora che anche l’Ue – e il nostro Parlamento, a breve – con il suo declassamento ha decretato l’uscita dal perimetro delle specie a rischio e che l’Ispra ha addirittura dato parere favorevole all’abbattimento di un certo contingente”. È quanto scrive Santo Diano, presidente dell’Enalcaccia della Valle d’Aosta, associazione che promuove promuove e coordina attività legate alla caccia, pesca sportiva e tiro, in una lettera inviata agli organi di informazione.
“Alcune regioni si sono già mosse in tal senso, anche in Valle, a quanto si sa, si stanno facendo passi in questa prospettiva, ma occorre non perdere più tempo“, prosegue Diano. Che parte da una premessa: “L’attività venatoria in Valle d’Aosta in questi anni è scorsa con sempre maggior coscienza del ruolo che rivestiamo nella compagine sociale, con investimenti in campo formativo, con l’impegno che il nostro mondo, ciascun anno, dedica alla propria passione in periodo non venatorio e che si concretizza con il mettere a disposizione della pratica venatoria diverse giornate per il monitoraggio delle
popolazioni di vari selvatici cacciabili e non”.
Questa attività di monitoraggio, detta censimento, “muove annualmente circa 1.000 persone in periodo primaverile/estivo, e vede la presenza di osservatori in campo per più di 10.000 ore, mal contate, che non è solamente necessaria per svolgere l’attività
venatoria, ma è di supporto all’Ente Regione per conoscere le entità dei selvatici che popolano la nostra Regione, le loro fluttuazioni e le loro eventuali criticità, altrimenti difficilmente conoscibili e gestibili, svolgendo, quindi, anche un’attività estremamente utile per la collettività intera”.

Per l’Enalcaccia della Valle d’Aosta, “l’analisi di questa tabella porta a rilevare, almeno per capriolo e cervo, il 2019 come l’anno dell’inversione di tendenza nella crescita della popolazione, con una decisa accelerazione al ribasso negli ultimi due anni tant’è che, per il capriolo in diverse aree, già nelle passate stagioni venatorie, è stato sospeso il prelievo perché la soglia di presenza non superava i 3 capi ogni 100 ettari, soglia ritenuta, dall’Ispra, di pericolo per la sopravvivenza della specie“.
Non solo. “Nelle ultime due annate venatorie, l’incidenza dei prelievi pro-capite si è drasticamente ridotta e i dati ci dicono che se nel 2023 i cacciatori che non hanno avuto la possibilità di prelevare un secondo capo erano 328, il 26 % dei praticanti, mentre nell’anno tale numero è raddoppiato passando a 629 non assegnatari di un secondo capo, pari al 55 % dei praticanti 2024, ed addirittura 36 appassionati non hanno avuto alcuna possibilità“.
I primi dati dei censimenti del 2025, anche se non ancora definitivi, “non fanno altro che confermare questo trend al ribasso e, anzi, sembra siano destinate ad aumentare le zone dove non si raggiungerà la soglia di 3 capi ogni 100 ettari”, scrive l’Enalcaccia, sottolineando che “se il dato della consistenza del capriolo nel 2024, pari a 2.952 capi, venisse calato sulla superficie vocata della Valle d’Aosta, pari ad ettari 82.593,17, avremmo un’incidenza di 3,5 capi ogni 100 ettari, avvicinandosi pericolosamente alla soglia di sopravvivenza”.
Considerazioni contenute anche nel Piano faunistico venatorio regionale, all’esame del Consiglio Valle, e che riguardano anche il cervo. “Anche in questo caso negli anni 2022/2024 il calo si è accentuato fino a raggiungere nel 2024 il numero di 1.461 capi, facendoci ripiombare ad almeno dieci anni fa” e “i primi dati dei censimenti 2025, non promettono nulla di migliore e, anzi, confermano un drastico calo di presenze in una delle zone dove la loro affermazione era consolidata, parlo delle giurisdizioni forestali di Etroubles e Valpelline”.
Stessa sorte per il cinghiale. “Se l’esame dei report degli abbattimenti sembrerebbe dire di una stabilità – prosegue il presidente dell’associazione venatoria -, un esame più dettagliato fa emergere che, specialmente in queste ultime stagioni, soprattutto nei settori dell’Alta e Media Valle, la tendenza al calo è particolarmente accentuata. Tale stato viene confermato anche dai tecnici che hanno redatto la bozza del Piano faunistico venatorio regionale, i cui dati, però, si fermano al 2021″.
Di questo “possibile depauperamento della risorsa selvatico” è “parte attiva la ricomparsa del lupo – si legge nella lettera -. Nella nostra Regione, seppur i primi avvistamenti si sono avuti negli anni 2004/2006, solo nel 2017 si sono messe in campo una serie di ricerche sistematiche coordinandole con altri progetti a livello nazionale e, quindi, solo dopo quell’anno si è potuto monitorare e confermare l’affermazione del
lupo anche in Valle d’Aosta, che comunque è in crescita numerica“.
Secondo una ricerca condotta in Val di Susa, “un lupo adulto, del peso medio di 32 kg,
necessita di 2,6 kg di carne al giorno, corrispondente ad un consumo annuo di 20 cervi/100 Km2, 57-60 caprioli/100 Km2 e 5-11 camosci/100 Km2 oltre al consumo estivo degli Ungulati domestici (24,0-28,0 % di biomassa)”. Una dato che, per l’Enalcaccia, “impressiona e dovrebbe far riflettere i tecnici (almeno quelli senza pregiudizi), sulle conseguenze che alla biodiversità arrecherebbe un incontrollato aumento degli effettivi di lupo”.
Un’altra questione – “finora non affrontata con la dovuta attenzione” – riguarda l’ibridazione, ritenuta da alcuni tecnici specializzati “un grave danno per la biodiversità oltre che un pericolo per la stessa specie”. Per Diano, “il forte pericolo che corriamo è che la mancata gestione del lupo, al pari di qualsiasi altro selvatico, vada ad intaccare pesantemente il resto dei selvatici e per ora ne vediamo le conseguenze su cinghiali, caprioli e cervi ma quando queste risorse scarseggeranno, temo che anche gli altri ungulati presenti nel nostro territorio ne faranno le spese”.
A questo proposito, “non è possibile pensare, come qualche estremista ipotizza, una gestione tipo Parco dello Yellowstone, il nostro territorio è ben antropizzato e parte considerevole di esso è dedicato all’attività degli allevamenti zootecnici che producono circa 70 milioni di euro annui di ricchezza, ed anch’essi hanno bisogno di tutele e il cui duro lavoro crea le condizioni ottimali per la conservazione della biodiversità”. Così come “l’ambiente venatorio non pensa assolutamente che si debba aprire ‘la caccia’ al lupo, ma i dati che abbiamo davanti e che sono confermati in atti pubblici redatti dai tecnici regionali, impongono una seria ed urgente riflessione sulla gestione ‘anche’ del lupo“.
In Valle d’Aosta “abbiamo esempi di un intervento abbastanza incisivo quando è stato il momento di intervenire sulla specie cervo a causa dei danni alla forestazione e alla sicurezza pubblica. Ecco, chiediamo che si intervenga sulla gestione del lupo alla stessa stregua del cervo – conclude la lettera -. Gestione, che secondo la parte più avveduta di molti tecnici, è già urgente mettere in campo da subito pena un depauperamento della biodiversità ed in considerazione che non si rinvengono lavori tecnici che ci indicano quali sono i limiti che ciascun selvatico può permettersi per non arrecare danni al patrimonio della tanto necessaria biodiversità”.
9 risposte
Ma si infatti.. Questa pratica detta ” sport” che uccide esseri viventi solo per il gusto di farlo a me sembra ormai si possa fare da parte e lasciare che natura si regoli da sola che lo fa meglio e per sopravvivenza non per divertimento. Vogliamo parlare di cani liberi che vanno a cacciare o ibridati con lupi che attaccano qualsiasi cosa. Ci sono fatti più Seri dove metter mano.. Bisognerebbe incominciare a selezionare l’essere umano
Se volete gestirlo ok, ma non fate come i cacciatori francesiperò!! Hanno provato a mettere in pratica la gestione del lupo in zona Savoia ben prima che venisse declassificata la sua protezione: ha dovuto bloccare tutto il DIpatimento e obbligarli a fare un corso di formazione perché con i loro “abbattimenti selettivi” hanno fatto raddoppiare il numero delle predazioni. La causa? Abbattevano le coppia alfa dei branchi, con le conseguenze di avere tali branchi totalmente fuori controllo. Controllo e gestione del lupo ok, ma con intelligenza e formazione dei cacciatori!! I colpi di testa possono fare molto male a tutti.
Solo i predatori all’apice della catena alimentare possono mantenere l’equilibrio in natura. Se i cinghiali sono stato un problema, tutto deriva dalla gestione venatoria deleteria. Ora sono in calo gli ungulati, è un bene. Raggiunto l’equilibrio anche il lupo calerà. Per fortuna anche i cacciatori negli ultimi decenni sono in calo e scompariranno anche loro.
I dati che sono stati pubblicati sono il frutto di anni di una gestione venatoria disastrosa!
Sarebbe opportuno informare i lettori che la “caccia di selezione” praticata in Valled’Aosta, prevede l’abbattimento anche delle femmine con i piccoli dell’anno, questo metodo di prelievo, oltre che essere molto discutibile sul piano etico, non considera che l’inverno successivo esercita una selezione naturale maggiore proprio sui giovani. Così anno dopo anno sono stati decimati i capi che avrebbero potuto e dovuto mantenere stabile le popolazioni di ungulati.
Quando cervi e caprioli saranno saranno stati tutti sbranati e divorati, i lupi per forza di cose rivolgeranno la loro fame verso il bestiame d’allevamento, e perché no, verso qualche malcapitato escursionista.
Lupi vegani purtroppo non ce ne sono, e la panza la devono riempire con qualcosa.
Vorrei proprio testare l’assenza totale di cacciatori in Valle d’Aosta per 10 anni. Poi facciamo una bella tabellina (come quella sopra) tutti insieme, cacciatori e animalisti, allo stesso tavolo.
Ma coi i 130.000 € di sovvenzione al comitato caccia per il 2025 da parte della Regione non potete andare a comprarvi il cinghiale alla CIDAC?
Si scrive gestire, si legge ammazzare
Aboliamo la caccia così i lupi hanno da mangiare