Stefano Mancuso: “Pensiamo di essere il meglio, ma in natura conta chi sopravvive”

Salone Viglino ieri gremito per la conferenza tenuta da Stefano Mancuso, neuroscienziato e divulgatore di fama internazionale, da più di trent'anni studia l'intelligenza delle piante.
Stefano Mancuso
Ambiente

“Noi pensiamo che l’intelligenza sia prodotta dal cervello come l’urina è prodotta dai reni. Per questo siamo convinti che solo gli animali (uomo compreso) – che rappresentano lo 0,3% degli esseri viventi del pianeta – sono intelligenti perché hanno il cervello. Ma vi sembra possibile che la vita sulla Terra sia composta per il 99,7% da macchine stupide e automatiche che non sono capaci di risolvere i problemi?”. Ospite ieri sera ad Aosta per la Giornata mondiale della biodiversità, Stefano Mancuso, neuroscienziato e divulgatore di fama internazionale, da più di trent’anni studia l’intelligenza delle piante.

“L’intelligenza è la capacità di risolvere dei problemi – spiega alla numerosa platea presente alla conferenza nella sala Maria Ida Viglino del Palazzo regionale -. È un parametro della vita, anzi la vita è intelligente perché è impossibile immaginare una specie vivente che non debba risolvere dei problemi”. E l’intelligenza delle piante? “È molto particolare perché è comunitaria – aggiunge Stefano Mancuso -. Ha come fine ultimo non il benessere del singolo ma la sopravvivenza della specie”.  Ma lo scienziato, che è professore universitario e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale che ha sede a Firenze, Kitakyushu, Bonn e Parigi, non ha voluto soffermarsi troppo sul suo “cavallo di battaglia” ma sulle “convinzioni sbagliate”, per ribaltarle, per guardare oltre.

Il punto di partenza sono le prime foto a colori della Terra scattate dallo spazio. “Era la vigilia di Natale del 1968” e “per la prima volta abbiamo visto il nostro pianeta da fuori – spiega -. Pensavamo fosse un luogo immenso e interminabile ma in realtà è un’isoletta che naviga nell’universo, piccola e fragile”. Prima di allora, “l’uomo era convinto che la sua influenza e il suo consumo di risorse sarebbero stati irrilevanti perché il pianeta era grandissimo”. Allo stesso modo, “noi pensiamo ci sia tanta vita sulla Terra, pensiamo sia la normalità, ma in realtà è rara e concentrata nella criosfera in uno spazio massimo di 20 chilometri. Proprio per la sua rarità dovremmo prendercene particolarmente cura. Lo facciamo?”.

La risposta sta nei “numeri” della biodiversità. Secondo un rapporto elaborato dall’università di Cambridge, gli animali rappresentano lo 0,3% della vita del pianeta e la loro presenza si è dimezzata negli ultimi cinquant’anni.  Le piante sono l’87%  (di cui “noi conosciamo solo il 20%”), i funghi l’1,2% ( il quadruplo degli animali) e la restante parte sono microrganismi. È la quota vegetale a definire lo stato di salute della vita sulla Terra. “Dodici mila anni fa, prima dell’invenzione dell’agricoltura, c’erano 6.000 miliardi di alberi – dice Mancuso -. Oggi ce n’è la metà esatta e di questi, 2.000 miliardi li abbiamo tagliati negli ultimi due secoli“, quando in realtà “dipendiamo da loro”.

Eppure “noi uomini siamo certi di essere l’apice dell’evoluzione, quanto di meglio esista su questo pianeta – prosegue lo scienziato -. Si è mai visto un armadillo scrivere la Divina Commedia? Dipingere la Cappella Sistina? Produrre la teoria della relatività? Pensiamo di essere i migliori perché siamo in grado di fare tutte queste cose ma è l’idea di meglio ad essere sbagliata. In natura non esiste il meglio, siamo noi che l’abbiamo inventato”. Infatti, “se dovessimo metterci in gara con tutte le altre specie viventi, l’obiettivo in base al quale si decreta il migliore è la sopravvivenza“. Un concetto che “noi abbiamo persa di vista”.

La vita media di una specie è di 5 milioni di anni, mentre l’homo sapiens ha 300 mila anni: “Se fossimo come le altre specie – e non migliori – a noi toccherebbero ancora 4,7 milioni di anni di vita. Mi viene da ridere se penso a cosa abbiamo combinato negli ultimi cinquant’anni” con il nostro cervello. Che per Stefano Mancuso, “è un vantaggio evolutivo” in mano ad una specie troppo giovane. “Se date a un bambino di cinque anni un martello e un accendino inizierà a distruggervi e bruciarvi la casa ed è quello che stiamo facendo noi con il cervello: distruggiamo e bruciamo ciò che ci sta intorno. Le piante non lo farebbero mai”. Da “inguaribile ottimista”, il neuroscienziato è Solo se diventiamo adulti in fretta potremo utilizzarlo per costruirne altre case”.  Al contrario, “se ci estingueremo anche solo fra 100 mila o un milione di anni saremmo la specie più stupida che ha vissuto su questo pianeta”. E la Cappella Sistina? Chi la visiterà più?

2 risposte

  1. Beh, è il normale andamento delle cose.
    Noi sfrutteremo il pianeta inseguendo chissà cosa fino a ridurlo in cenere.
    Lo renderemo inabitabile (per noi).
    Altri asseri viventi, più meritevoli, abiteranno la terra.
    Pensare che estinti noi finisce la vita è semplice presunzione.
    E… Colui che ci ha creati a Sua immagine e somiglianza non verrà a salvarci.

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