Secondo l’accusa, tra il dicembre 2014 e l’ottobre 2015, periodo in cui viveva ad Aosta, si era resa responsabile del raggiro, in tre episodi, di alcuni cittadini extracomunitari, assicurando loro la risoluzione di problematiche amministrative dietro il pagamento di somme di denaro. Il giudice monocratico Marco Tornatore ha però rilevato, nel sentenziare al termine dell’udienza di oggi, venerdì 9 febbraio, che le querele dei presunti ingannati sono arrivate tardivamente rispetto ai fatti, in due casi, e non dalla persona titolata a denunciare, nel terzo. Ha così stabilito, per la 36enne Federica Ieromazzo, nata a Salerno, il “non doversi procedere” per l’imputazione di truffa.
Dalla ricostruzione dei fatti operata dalla Polizia, che si era occupata delle indagini, erano scaturite inoltre, a carico della donna, le ipotesi “satellite” di reato (così definite perché ritenute dagli inquirenti implicite nella dinamica dell’accaduto) di millantato credito, esercizio abusivo di una professione e di falsità materiale commessa dal privato. Il giudice Tornatore l’ha condannata, per la prima, ad un anno e due mesi, assieme a 400 euro di multa, mentre ha pronunciato verdetto di assoluzione “perché il fatto non sussiste” per le altre due.
Per la Procura, rappresentata in udienza dal pubblico ministero Carlo Introvigne, Ieromazzo – attualmente detenuta a Salerno per accuse simili, relative ad un altro procedimento, seguito dalla Guardia di finanza – spacciandosi per avvocato, senza però esserlo, avrebbe richiesto soldi per far ottenere posti di lavoro a due extracomunitari, grazie ai quali sarebbero riusciti a conseguire un permesso di soggiorno (consegnando, in un caso, ad una parente di uno dei due, una lettera apparentemente proveniente dal Ministero dell’Interno, mirata ad attestare un’assunzione), nonché per procurare una falsa residenza in Aosta ad un tunisino, millantando amicizia con un addetto ai controlli demografici (da quest’ultimo aspetto, la contestazione riconosciuta fondata dalla sentenza).
Il pm Introvigne, nella discussione al termine del dibattimento, aveva chiesto una condanna a complessivi 8 anni e 4 mesi, oltre a 3mila euro di multa, definendola “pena significativa”, in ragione di “episodi molto gravi”. Nella sua requisitoria, il rappresentante dell’accusa ha insistito sull'aggravante derivante dalla “minorata difesa” degli extracomunitari, vista la loro condizione di persone “ai limiti dell’indigenza”, elemento che avrebbe superato l’eventuale tardività delle querele rendendo i fatti procedibili d’ufficio. Ha quindi sottolineato che dell’imputata, i protagonisti degli episodi avevano “paura” e che le numerose vicende in cui è coinvolta, a base di presunti raggiri, sono salite, in più occasioni, alla ribalta delle cronache, non solo locali.
Al riguardo, il difensore della donna, l’avvocato Riccardo Magarelli del foro di Torino, ha sostenuto perentoriamente: “Non si possono fare processi e condannare persone per il fatto che abbiano avuto eco mediatica, né si può chiedere un certo tipo di pena per eco mediatica”. “Non dico”, ha affermato, che l’imputata “sia una santa”, ma le accuse “vanno accertate fatto per fatto”. Sull’ipotesi di “minorata difesa” degli extracomunitari al centro degli episodi, il legale è stato netto: “oggi sono persone offese, ma fino alla querela erano potenzialmente indagabili. Minorata difesa in un soggetto pronto a pagare per avere un certificato che è gratuito? Non esiste. Nemmeno negli altri casi”.